venerdì 17 settembre 2021
Molti giovani hanno riscoperto il lavoro nei campi. Sostenibilità e tecnologia possono creare nuova occupazione
Sempre più giovani tornano a lavorare nei campi

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Crescono le ore lavorate in agricoltura: +17,4%. Un segnale che il settore non si è mai fermato, neanche durante le fasi più acute della pandemia, per garantire le forniture alimentari alla popolazione. È quanto emerge dall'analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al mercato del lavoro nel secondo trimestre del 2021, che conferma la dinamicità del comparto in grado di offrire opportunità sia per fare una esperienza di lavoro come dipendenti che per esprimere creatività imprenditoriale. Un impegno che riguarda oltre un milione di lavoratori che nell'anno del Covid non hanno mai smesso di lavorare. Una domanda di lavoro sostenuta con l'avvicinarsi dell'autunno per l'entrata a pieno regime della raccolta di mele, pere e della vendemmia, mentre sta per avvicinarsi quella delle olive.

Anche per l’Osservatorio del mondo agricolo di Enpaia-Censis l’agricoltura è stata riscoperta dalle nuove generazioni. Per nove giovani su dieci sostenibilità ambientale e lotta al riscaldamento globale sono le priorità nell’agenda italiana del futuro prossimo e l’agricoltura, in particolare, è il settore che prima e meglio degli altri ha interpretato queste urgenze. Per il 60% della GenZ (composta dai 15-24enni), infatti, gli agricoltori hanno operato per rendere la filiera del cibo sostenibile, il 48% per i Millennial. Agricoltura sostenibile per i giovani significa anche concrete opportunità lavorative, con l’88,7% convinto che sia possibile creare occupazione di qualità, con valori che arrivano all’89,5% tra i giovanissimi della GenZ. Per il 51,7% dei giovani il settore agricolo si rilancerà prima degli altri nel post Covid-19 e per l’82% - è l’l’85% nella GenZ – questa ripresa sarà decisiva in altri ambiti oggi in difficoltà, come il turismo e la filiera del food. Le nuove generazioni, insomma, riscoprono l’agricoltura e non è un caso se tra le imprese agricole nate nell’ultimo decennio l’11,3% abbia un titolare giovane, pronto a scommettere sull’innovazione tecnologica e la digitalizzazione dei sistemi di produzione. Oggi il 60,2% dei giovani è convinto che il percorso verso lo sviluppo nel dopo pandemia sarà lungo e difficile, perché “il colpo subito è stato duro e ci ritroveremo con i soliti problemi aggravati”. Ad esserne più sicuri sono i Millennial (63,8%), scottati in prima persona dalla crisi del 2008. Pur abituati a vivere e lavorare in un ambiente ostico, i giovani mostrano tuttavia un’inattesa tenacia nel voler stare in partita e l’89,8% ritiene che per questa fase lo stato d’animo appropriato sia essere orientato allo sforzo per realizzare i propri progetti e raggiungere i propri obiettivi. Non sorprende, allora, che quasi il 91,7% dei giovani italiani sia favorevole a dare aiuti alle imprese agricole che scelgono di investire nelle tante forme di sostenibilità ambientale, coerenti con nuovi stili di vita più digital e aperti a un’economia di tipo circolare. L’agricoltura praticata dai giovani in questi anni è ad alta intensità di tecnologie e le aziende hanno saputo valorizzare le opportunità dell’Ict. Diventa una necessità, pertanto, puntare sull’innovazione tecnologica per aiutare il mondo rurale nel suo sviluppo.

Secondo Roberto Diacetti, direttore generale della Fondazione Enpaia, «lo scenario macroeconomico di medio periodo delinea una fase di crescita sostenuta caratterizzata dall'innovazione tecnologica e dalla transizione energetica. In questo contesto, gli investitori istituzionali italiani e in particolare le casse di previdenza possono giocare un ruolo strategico nel supportare la ripresa attraverso investimenti nelle infrastrutture e nell’economia reale, e noi in particolare nel comparto agricolo».

Per i giovani, quindi, la sostenibilità resta il criterio regolatore per eccellenza di economia e società. Pensando al post Covid-19, infatti, emerge che il 62,8% farà più attenzione a ridurre gli sprechi, con quote analoghe tra GenZ (60,7%) e Millennial (63,5%); il 46,4% farà la raccolta differenziata per i rifiuti, mentre il 32,2% acquisterà prodotti locali, a km zero, per limitare l’inquinamento; il 32,1%, poi, eviterà acquisti di prodotti in plastica (è il 43,8% tra la GenZ e il 27,9% tra i Millennial). Sono alte le quote di giovani che invece non hanno fiducia in istituzioni di vario tipo: è così per partiti politici (78% GenZ, 75% Millennial, ed è l’81% nel totale popolazione), amministrazioni locali (62% GenZ, 61% Millennial ed è il 64% nella popolazione), Pubblica amministrazione (61% GenZ, 61% Millennial ed è il 68% sul totale della popolazione), Ue (48% GenZ, 56% Millennial ed è il 61% sul totale della popolazione) e media (50% GenZ, 54% Millennial ed è il 60% sul totale della popolazione). Il lavoro è la grande incertezza per i giovani italiani: il 43,3% di chi un lavoro ce l’ha teme di perderlo, con un grado di incertezza superiore addirittura a quella legata ai rischi sulla salute (il 34,5%). Infine, la grande maggioranza di GenZ (82%) e Millennial (81%) ritiene che la competizione sui mercati debba contemperarsi con una buona protezione sociale.

«Oggi il nostro compito principale è attrarre giovani in agricoltura. Purtroppo soltanto l'8% dei nostri imprenditori agricoli ha meno di 40 anni e la media europea è dell'11% quindi è un problema generalizzato – spiega il ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli -. Perché il settore agricolo è conservativo da un lato e percepito come molto faticoso dall'altro». Anche per questo «il governo italiano sta cercando ha cercato e cercherà, attraverso le risorse del Pnrr, di stimolare investimenti in innovazione e di tutela dell'ambiente perché se guardiamo le cinque progettualità direttamente gestite dal Mipaaf – sottolinea il ministro - vediamo la meccanizzazione, 500 milioni di ero per la sostituzione delle attrezzature agricole (struttura 4.0 di gestione agricola); il tema dell'acqua: oggi captiamo l'11% dell'acqua piovana, ci sono 880 milioni per realizzazione di bacini irrigui; poi 1,2 miliardi per i contratti di filiera per aumentare capacità di reddito degli agricoltori e quindi rendere più socialmente sostenibile il lavoro garantendo contratti di gestione del mondo del lavoro in maniera più sana è accettabile, per superare il caporalato; l'agrisolare, per la sostituzione di coperture di stalle, magazzini e capannoni del settore primario con un miliardo e mezzo di dotazione, con impianti fotovoltaici; la gestione e la logistica, 500 milioni per migliorare il modo in cui i prodotti agroalimentari si spostano nel nostro territorio anche da punto di vista di minor impatto sull'ambiente».

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