Il primo viaggio europeo del presidente cinese Xi Jinping non prevede una tappa in Italia. Lunedì Xi è arrivato all’Aja, in Olanda, per il vertice sul nucleare, mercoledì si è spostato in Francia, oggi visiterà la Germania, quindi passerà da Bruxelles e sabato tornerà in Cina. Questo però non significa che a Pechino l’Italia non interessi. La Banca del Popolo, cioè la banca centrale cinese, venerdì scorso ha comprato azioni dell’Eni e dell’Enel fino a superare – di pochi centesimi – il 2%, cioè la soglia che fa scattare l’obbligo di comunicazione alla Consob. Le quote della Banca centrale cinese in Eni ed Enel (rispettivamente un 2,1 e un 2,07%) valgono complessivamente 2,1 miliardi di euro. Di solito i cinesi preferiscono tenere una presenza discreta, rimanendo fuori dai radar del mercato. Scegliere di superare quella soglia sensibile potrebbe essere una mossa voluta per "fare capolino" a Piazza Affari. Un modo per mostrare che "anche la Cina c’è".Nelle ultime settimane erano stati soprattutto gli americani a fare scorta di azioni della Borsa Italiana. Il fondo BlackRock ha messo assieme quote superiori al 5% delle tre prime banche del paese (Intesa Sanpaolo, UniCredit, Monte dei Paschi) e ha preso partecipazioni pesanti in Telecom Italia, nella società di gestione del risparmio Azimut, nella società autostradale Atlantia. Invesco, un altro colosso degli investimenti a stelle e strisce, proprio ieri ha comunicato alla Consob che, anche in questo caso venerdì scorso, si è portato sopra il 5% del gruppo Rcs, editore del
Corriere della Sera. Anche Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, nella sua
lectio magistralis di Pavia, lo scorso martedì, aveva segnalato un ritorno di interesse degli investitori stranieri per Piazza Affari e anche per i titoli del nostro debito pubblico.Ci sono dinamiche diverse dietro questi movimenti. Sicuramente la Borsa Italiana è decisamente sotto-capitalizzata e quindi per i grandi fondi internazionali ha un po’ l’aria di un conveniente
discount di aziende che sono comunque di qualità. Nello stesso tempo i fondi americani possono approfittare dell’enorme quantità di denaro messa a loro disposizione dalla Federal Reserve attraverso una politica monetaria molto espansiva. A questo si aggiunge che con il ridimensionamento globale degli investimenti nei mercati emergenti, iniziato a gennaio, molto del denaro che era stato portato nelle nuove "tigri" dell’economia internazionale sta tornando verso le mature economie occidentali. Infine per l’Europa questo dovrebbe essere l’anno della ripresa, con effetti positivi anche per le aziende di paesi che, come il nostro, sembrano diretti verso una risalita davvero minima (+0,6% quest’anno, secondo le ultime stime del Fondo monetario internazionale).È chiaro che l’investimento di un’entità statale di una potenza mondiale non democratica è controverso. Il fatto che i cinesi abbiano puntato proprio su Eni ed Enel rende tutto ancora più complesso. La Banca del Popolo entra in aziende ad alto contenuto politico, dove il socio di riferimento il governo italiano, che attraverso il ministero dell’Economia e la Cassa depositi e prestiti ha il 30,2% dell’Eni e del 31,2% dell’Enel. Sono due gruppi considerati di interesse nazionale ed Eni, in particolare, lavora in un settore – quello dell’estrazione del gas e del petrolio – che è a metà tra l’attività imprenditoriale e la diplomazia. In più Pechino compra quote dei colossi dell’energia italiana precisamente nelle settimane in cui lo scontro in Crimea riporta la questione energetica in cima all’agenda internazionale, rendendo sempre più probabile un’alleanza, anti-occidentale e base di gas naturale, tra la Russia la Cina. Già i documenti portati alla luce da Wikileaks avevano fatto emergere tutta la preoccupazione con cui gli americani guardavano all’alleanza tra l’Eni e la russa Gazprom.C’è da chiedersi che faccia avrà fatto Barack Obama nello scoprire, proprio nel giorno della sua visita a Roma, che il regime cinese è il nuovo grande socio dei maggiori gruppi dell’energia italiana.