Con gli ultimi 4 decreti attuativi del Jobs act approvati ieri è terminato il processo di riforma del mercato del lavoro avviato dal governo Renzi. Ecco una panoramica delle principali novità.
L’assunzione: con questi contratti.Con il Jobs act sono cambiate in maniera significative le assunzioni e i contratti di lavoro. Dopo la semplificazione di quelli a termine operata lo scorso anno, l’ultima riforma ha riportato al centro il contratto a tempo indeterminato o meglio a "Tutele crescenti" rendendolo più appetibile per le imprese. Anzitutto attraverso una generosa decontribuzione, cioè uno sconto sui contributi sociali che il datore di lavoro deve pagare fino a 8.000 euro che dovrebbe essere confermato anche per il 2016. E poi con il cambio delle norme sul licenziamento. Cancellate invece le associazioni in partecipazione, il Job sharing e dal 2016 le collaborazioni a progetto. Con l’eccezione di quelle relative ad iscritti ad albi professionali, per consigli d’amministrazione, società sportive o regolate da contrattazione collettiva. L’apprendistato con alternanza scuola-lavoro potrà partire dai 15 anni. I contratti a termine non potranno eccedere il 20% del personale (esclusi gli over50).
Le mansioni possono cambiareLa vita professionale di un lavoratore potrebbe non essere più sempre lineare, con una progressione certa di carriera. In caso di crisi aziendale o di necessità di riorganizzare l’impresa, il datore di lavoro potrà infatti unilateralmente "ri-mansionare" il dipendente adibendolo a una diversa mansione che non dovrà più essere «equivalente», come prevedeva prima la legge, ma semplicemente «riconducibile» alla precedente. Il nuovo incarico potrà dunque essere anche un de-mansionamento di un livello contrattuale, ma sempre all’interno della stessa categoria di inquadramento (operaio, impiegato, quadro). Aspetto più importante: anche in caso di de-mansionamento lo stipendio deve restare il medesimo della precedente qualifica. Se il lavoratore è a part-time, il datore di lavoro può chiedere una prestazione supplementare ma di non più del 15% delle ore.
Nasce un figlio: più tempo a casaOra ci sono maggiori possibilità per conciliare famiglia e lavoro. Con il Jobs act, infatti, sono stati incrementati i periodi in cui è possibile godere dei congedi parentali. Oltre all’astensione obbligatoria, è previsto il congedo pagato al 30% fino ai 6 anni del bambino (prima era 3 anni) e quello non retribuito (se non in casi particolari) fino ai 12 anni (prima 8 anni). Sarà possibile godere di questi periodi di astensione anche frazionati ad ore. Tutti i trattamenti sono equiparati tra genitori naturali e adottivi. Alle lavoratrici autonome sarà pagata la maternità anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi. In caso di parti prematuri o di ricovero del neonato non si perdono i giorni di congedo. Sarà possibile in caso di grave malattia ottenere il part-time. Previsto un nuovo meccanismo, tramite un modulo datato, per contrastare il fenomeno delle dimissioni in bianco che penalizza particolarmente le donne.
Attenzione: l’azienda ti tiene d’occhioCambia anche la normativa riguardo ai controlli a distanza, finora completamente proibiti dallo Statuto dei lavoratori. In realtà anche adesso sarà vietato "spiare" i dipendenti attraverso telecamere o altri mezzi che possano violare la privacy del lavoratore. Telecamere potranno però essere installate per il controllo dei mezzi di produzione, se in accordo coi sindacati o con autorizzazione ministeriale. All’imprenditore sarà invece possibile controllare – anche senza preventivo accordo con i sindacati – i mezzi di produzione forniti ai lavoratori come personal computer, smartphone, tablet eccetera. Continuerà a non essere possibile per il datore di lavoro leggere la posta del dipendente, ma l’azienda potrà verificare se il lavoratore utilizza in maniera impropria lo strumento di lavoro. Le informazioni raccolte, poi, potranno essere utilizzate «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro», quindi potenzialmente anche a fini disciplinari. L’impresa dovrà consegnare al lavoratore un documento in cui precisa la politica aziendale al riguardo.
Basta cassa integrazione "a vita"In caso di difficoltà dell’impresa, non sarà più possibile finire in cassa integrazione per lunghissimi periodi, anche 6-7 anni, come avvenuto in passato, né ricorrervi per le aziende che cessano l’attività. La nuova Cig, infatti, sarà al massimo di 24 mesi in un periodo mobile di 5 anni. Se però prima di ricorrere alla cassa integrazione l’azienda utilizza i contratti di solidarietà, allora il periodo può essere elevato a 36 mesi. Scompare anche la "Cassa in deroga" che era finanziata solo dal fisco, ma la Cig ordinaria viene estesa pure alle aziende con più di 5 dipendenti. Le imprese artigiane e del commercio dovranno aderire a un fondo bilaterale. Cambia anche il costo per le aziende: quelle che vi ricorrono più frequentemente dovranno pagare un’aliquota maggiorata, quelle che la utilizzano meno godranno di uno sconto.
Licenziamento: reintegra solo in pochi casiLa tutela in caso di licenziamento illegittimo è l’aspetto maggiormente toccato dalla riforma. La reintegra prevista dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori avverrà solo in caso di licenziamenti discriminatori o nulli e nel caso di manifesta infondatezza di una contestazione disciplinare, senza però che il giudice possa valutare l’entità del fatto. Al posto della reintegra nel caso di licenziamento illegittimo ci sarà sempre un risarcimento crescente a seconda dell’anzianità da 4 a 24 mensilità (da 2 a 6 per le piccole imprese). È prevista una conciliazione facoltativa incentivata: l’impresa offre una somma esente da imposizione fiscale e contributiva da 2 a 18 mensilità. Modificati pure i licenziamenti collettivi: non è più prevista la reintegra, ma solo un risarcimento, quando il datore non rispetta le procedure sui criteri di scelta del personale da licenziare. La nuova disciplina sui licenziamenti si applica anche ai sindacati e ai partiti politici.Nuovo sussidio per tutti i disoccupatiPer chi perde il lavoro è previsto un nuovo assegno universale di disoccupazione che avrà una durata di due anni al termine dei quali sarà possibile avere una proroga al sostegno. La Naspi (Nuova assicurazione sociale per l’impiego) riguarderà tutti i lavoratori dipendenti che abbiano perso l’impiego e che hanno cumulato almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni di lavoro ed almeno 18 giornate effettive di lavoro negli ultimi 12 mesi. L’ammontare dell’indennità è commisurato alla retribuzione e non può eccedere i 1.300 euro. Dopo i primi 4 mesi di pagamento, la Naspi viene ridotta del 3% al mese e la durata prevista è di un numero di settimane pari alla metà di quelle contributive degli ultimi 4 anni di lavoro. Il nuovo sistema sarà meno favorevole, rispetto a quello attuale, per i lavoratori stagionali perché per chi lavora ad esempio 6 mesi ne prevede solo 3 di sussidio. Per quest’anno, però si procederà con una copertura più ampia.
Sei senza lavoro? Cerco di ricollocartiLa parte più innovativa, ma anche la più difficile da realizzare, è quella che riguarda le politiche attive e il tentativo di farsi carico di chi un lavoro lo perde o non l’ha mai avuto. Nasce per questo il contratto di ricollocamento. Prevede che il lavoratore divenuto disoccupato sia preso in carico da un ufficio del lavoro che ne traccia il profilo di occupabilità. Dopo la firma di un patto di attivazione, al quale è condizionato la corresponsione dei sussidi di disoccupazione, al lavoratore viene assegnato un voucher, grazie al quale potrà usufruire di servizi di formazione e ricollocazione appunto in un altro posto di lavoro. Sarà sempre il lavoratore a scegliere se avvalersi dei servizi per l’impiego pubblici o delle agenzie per il lavoro private accreditate, ai quali verrà corrisposto il compenso del "buono" solo a risultato ottenuto. Per coordinare le politiche attive viene creata un’Agenzia nazionale. Contro gli abusi, invece, vengono accorpati in un’unica Agenzia ispettiva i servizi di ministero, Inail e Inps.