Studenti universitari impegnati in un esame
Secondo lo studio dell’Osservatorio Jobpricing, condotto quest’anno in partnership con Spring Professional, società di Adecco Group specializzata nel reclutamento e nella selezione di professional e quadri, la Ral (retribuzione annua lorda) dei laureati è superiore di 12mila euro rispetto ai colleghi con un titolo di studio inferiore (39.734 euro rispetto a 27.282 euro), un dato che aumenta a 13.400 euro se si conteggia anche la quota variabile percepita nel corso dell’anno. Quando a livello professionale iniziano a concretizzarsi opportunità di carriera, con la possibilità di ricoprire ruoli di responsabilità (verso i 35 anni), il divario retributivo tra laureati e non cresce sensibilmente, fino ad un delta che può arrivare al 70% alla fine del percorso lavorativo. Per quanto attiene la differenza di stipendio in relazione all’età, l’investimento negli studi permette di raddoppiare lo stipendio dal primo all’ultimo anno di lavoro (+120% per i master di secondo livello).
Le spese sostenute per le tasse e i materiali didattici, oltre al mancato introito derivante dal tempo dedicato agli studi, si ripagano – con un confronto con le retribuzioni di profili diplomati di pari età – dopo un arco temporale che varia dai 12 ai 20 anni, sulla base dell’ateneo frequentato. L’investimento che richiede tempi più contenuti per essere ripagato è dato dalle Università meneghine Politecnico, Bocconi e Cattolica, tallonate dal Politecnico torinese. Gli Atenei del Sud Italia richiedono invece percorsi più lunghi per rientrare dai costi sostenuti, pari a quasi 20 anni.
Per ogni inquadramento (operai, impiegati, quadri e dirigenti) le retribuzioni medie rilevate dall’Osservatorio Jobpricing sembrano non variare molto in funzione del titolo di studio. Dove sta allora il vantaggio di un superiore livello di istruzione, considerando anche i tempi per ammortizzare gli investimenti economici sostenuti? Conseguire un titolo universitario significa accedere con maggiore probabilità a ruoli apicali: almeno il 25% dei laureati diventa quadro e/o dirigente, mentre i diplomati accedono a queste posizioni solo in percentuale inferiore al 5%. Quasi un lavoratore su due in possesso di un dottorato di ricerca riveste un ruolo manageriale. Alla fine dell’anno, significa guadagnare in media 23mila euro (se quadro) o 73mila euro in più (se dirigente), rispetto ai 30.626 euro di Ral di un impiegato non laureato.
Frequentare un’Università privata è economicamente vantaggioso nel mondo del lavoro: le 84mila osservazioni considerate dall’Osservatorio Jobpricing per lo studio University Report mostrano che il ritorno è del 18% superiore a chi ha studiato in un ateneo statale e del 6% superiore ai laureati in un politecnico (la Ral media è di oltre 46mila euro, confronto a 38.874 euro e 43.236 euro degli altri due casi). Non solo la tipologia dell’Ateneo, ma anche la collocazione geografica impatta in busta paga: l’esodo dei giovani che dal Sud si iscrivono in un’università settentrionale è giustificato dalla prospettiva di un +12% in busta paga. Il 64% dei laureati al Sud si sposta inoltre al Centro o al Nord, in virtù di opportunità professionali e di carriera migliori.
Le retribuzioni di chi si affaccia al mondo del lavoro dopo essersi diplomato nelle tre eccellenze universitarie milanesi (Bocconi, Politecnico e Cattolica) sono considerevolmente superiori a quelle del resto dei laureati, garantendo stipendi medi del 16,5%, 9,7% e 7,8% più alti della media nazionale con pari titolo di studio. La Luiss, quarta nella graduatoria, è quella che durante il percorso professionale sembra tuttavia assicurare la maggiore crescita retributiva, quasi un raddoppio dai primi agli ultimi anni del percorso lavorativo, seguita dalle altre sopracitate, che comunque garantiscono un’escalation superiore al 90%. Le osservazioni condotte dall’Osservatorio mostrano altresì che il numero più elevato di profili dirigenziali e la maggiore accelerazione retributiva sono associati alle Università private.