giovedì 10 marzo 2016
Nel 2015 ci sono 186mila occupati in più (+0,8%) e il tasso arriva al 56,3% (+0,6 punti). Un'azienda su due del settore manifatturiero ha assunto grazie agli incentivi. Il Jobs act ha contribuito meno all'aumento dell'occupazione.
Dopo sette anni scende la disoccupazione
COMMENTA E CONDIVIDI
Aumenta l'occupazione e, per la prima volta dopo sette anni, cala la disoccupazione: è la fotografia scattata dall'Istat sul mercato del lavoro in Italia nel 2015. Il miglioramento, sottolinea l'Istituto di statistica, "è dovuto in particolare al Mezzogiorno e agli uomini, oltre al persistere delle permanenze nell'occupazione degli ultracinquantenni".In particolare l'occupazione cresce per il secondo anno consecutivo a ritmi più sostenuti rispetto al 2014: nel 2015 ci sono 186mila occupati in più (+0,8%) e il tasso arriva al56,3% (+0,6 punti). L'incremento del lavoro alle dipendenze (+207mila unità, +1,2%) riguarda soprattutto gli uomini enella metà dei casi il tempo indeterminato, il cui aumento è concentrato nell'ultimo trimestre e dovuto agli over 50enni. Da cinque anni prosegue, invece, la diminuzione del numero di lavoratori indipendenti (-22mila, -0,4%) dovuta nel 2015 ai collaboratori, in calo dal secondo trimestre. Dopo sei anni di calo, torna a crescere il lavoro a tempo pieno (+110mila, +0,6%) quasi soltanto tra gli uomini (+104 mila, +0,9%); continua, a ritmi meno sostenuti, la crescita del tempo parziale, ininterrotta dal 2010 e concentrata tra le donne.Prosegue con minore intensità l'aumento del part time involontario (+2,2%), mentre si rafforza la crescita di quello volontario (+2,7%).Di contro dopo sette anni di aumento ininterrotto, nel 2015 la stima dei disoccupati diminuisce in misura significativa (-203 mila, -6,3%), soprattutto nella seconda metà dell'anno.A questo corrisponde un calo del tasso di disoccupazione di 0,8 punti (dal 12,7% del 2014 all'11,9 del 2015). Si riduce il numero di chi cerca lavoro da almeno 12 mesi, la cui incidenza passa dal 60,7 al 58,1%. Nonostante l'aumento dell'ultimo trimestre, nel 2015 il numero di inattivi diminuisce per il secondo anno consecutivo (-84mila, -0,6%), ma soltanto tra gli uomini (-110mila, -2,1%) a fronte dell'aumento tra le donne (+26mila, +0,3%). Il calo riguarda la componente più distantedal mercato del lavoro (-182mila, -1,7%) mentre crescono le forze di lavoro potenziali (+98mila, +2,8%). Per il primo anno dal 2004, inizio della serie storica, diminuisce il numero degli scoraggiati (-42mila, -2,1%), la cui flessione è iniziata nel secondo trimestre.Si amplia però il gap di genere: l'aumento dell'occupazione maschile (+139mila, +1,1%), più che doppio rispetto a quello delle donne (+47mila, +0,5%), si riflette nella dinamica dei tassi di occupazione (+0,8 punti rispetto a +0,3 punti). Al maggiore calo del tasso di disoccupazione delle donne si associa l'aumento del tasso di inattività, diminuito invece per gli uomini. Si riducono i divari territoriali, con la crescita dell'occupazione più accentuata nel Mezzogiorno (+94mila, +1,6%) in confronto al Centro (+40 mila, +0,8%) e al Nord (+52mila, +0,4%), a cui si accompagna il maggior aumento del tasso di occupazione e la diminuzione più forte di quello di disoccupazione.Le imprese, comunque, promuovono gli sgravi legati alle assunzioni a tempo indeterminato: un'azienda su due del settore manifatturiero ha assunto, nel 2015, proprio grazie agli incentivi. Il Jobs act ha contribuito meno all'aumento dell'occupazione. È quanto emerge dai dati Istat contenuti nella nota mensile sull'andamento dell'economia.Alle imprese è stato chiesto, di indicare il ruolo esercitato dai fattori normativi e fiscali sulla decisione di aumentare lo stock occupazionale (nel periodo da gennaio a novembre del 2015). Per ciascuno di questi fattori, le imprese sono state chiamate a indicare il grado di importanza ("nessuna", "poca", "abbastanza" e "molta" ), relativo alla decisione di ricorrere a nuovo personale esterno.Per la metà delle imprese manifatturiere che hanno dichiarato un aumento dell'occupazione tra gennaio e novembre 2015, gli esoneri contributivi hanno costituito un elemento rilevante. Anche il nuovo contratto a tutele crescenti sembra aver esercitato un ruolo positivo, seppure con minore intensità (nel periodo oggetto di indagine): tra le imprese della manifattura che hanno fatto ricorso a nuovo personale, esso è stato giudicato molto o abbastanza importante ai fini dell'assunzione dal 35% delle imprese, soprattutto nel settore dei mezzi di trasporto.L'importanza delle agevolazioni Irap, per i datori di lavoro che assumono a tempo indeterminato, appare meno determinante rispetto ai provvedimenti precedenti.0
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: