La pandemia costringe a ripensare i luoghi di lavoro - Archivio
L’emergenza sanitaria ha prodotto pesanti conseguenze a livello sociale, economico e lavorativo che hanno spinto le aziende a reagire alla situazione di incertezza con azioni rapide, non pianificate, facendo spesso evolvere il proprio modello di business e investendo in soluzioni tecnologiche per favorire nuove pratiche collaborative.Per comprendere come un’azienda possa essere in grado di cambiare, di prosperare oltre l’incertezza e le sfide, imparando dal momento attuale, Asterys – società internazionale di sviluppo organizzativo – nella fase 2 del Covid-19 ha svolto, in collaborazione con Dynata, il progetto di ricerca Organizzazione 2020: rischio involuzione, con interviste a un campione di 560 tra executive, people manager e contributori individuali di aziende da 200 a +50mila dipendenti, in Italia e nei maggiori Paesi europei.
L’indagine attuale fa seguito a quella condotta nel 2017 da Asterys che aveva l’obiettivo di comprendere come era possibile aiutare le grandi imprese (dai 1.000 dipendenti in su) a stare in forma da un punto di vista strutturale e culturale, non solo per sopravvivere ma per crescere nei successivi dieci anni.
Ampliando il target e includendo anche le aziende con meno di 1.000 dipendenti, lo scopo dell’indagine 2020 era fare il punto della situazione, dopo 8 mesi dall’inizio della pandemia, su struttura, cultura organizzativa, processi e pratiche manageriali che renderanno vincenti le aziende nei prossimi anni, verificando anche l’ipotesi di modelli alternativi.
Nello sviluppo dell’indagine, Asterys ha esaminato alcuni aspetti che gli stati d’animo delle persone, creati dall’emergenza Covid-19, hanno modificato tra cui: la condivisione delle informazioni, la struttura dell'azienda del futuro, la misurazione delle prestazioni, la presa di decisioni, la fonte delle decisioni, il ‘luogo’ di lavoro.
Analizzando i dati rispetto a come l’azienda dovrebbe essere strutturata e operare per avere successo nel prossimo futuro, emergono alcuni temi chiave che esprimono da una parte una spinta verso l’agilità organizzativa e dall’altra una pericolosa involuzione verso pratiche tipiche di organizzazioni gerarchiche tradizionali, che negli ultimi anni si sono dimostrate chiaramente incompatibili con le esigenze del mondo del business di oggi e di domani.
«Nella situazione globale di incertezza in cui ci troviamo le persone sono portate ad adottare due diversi comportamenti: paura, impotenza e vittimizzazione o autorealizzazione e impegno - spiega Giovanna D’Alessio, partner di Asterys -. Sebbene la ricerca rafforzi alcuni degli aspetti delle imprese più agili, in questo momento di crisi rileviamo una leggera preferenza verso alcune pratiche tipiche delle aziende centralizzate, in cui i dipendenti si aspettano che sia il vertice a dettare direttive e strategie, delegando a loro l’assunzione del rischio. Per le aziende che vogliono però mantenere una certa dinamicità e flessibilità questo è un elemento da gestire per mantenere l’accountability ed evitare l’avversione al rischio dei dipendenti, per permettere all’impresa di innovare e crescere. Questa tendenza emersa dall’indagine, se protratta nel tempo, può portare a una vera e propria involuzione e al ritorno di pratiche che appartengono a un vecchio e ormai obsoleto modello di organizzazione».
I dati emersi dallo studio evidenziano come le persone intervistate siano consapevoli di quali devono essere le pratiche da adottare per diventare un’azienda di successo nel futuro, e confermano l’uso di modalità organizzative che mettono in risalto una tipologia di impresa non gerarchica. Non a caso, infatti, quasi i due terzi dei rispondenti (65%) dichiarano che le decisioni saranno decentralizzate e prese a livello di team o a livello individuale. In questo ambito il 25% dei partecipanti ritiene che nel futuro le aziende di successo adotteranno un processo decisionale basato sull’assenso in cui la decisione viene ratificata automaticamente a meno che non ci siano obiezioni valide.
Se da una parte l’emergenza Covid ha dato una forte accelerazione al lavoro agile, nonostante le difficoltà iniziali riscontrate durante il blocco, oggi è possibile affermare che la percezione del luogo di lavoro dell’azienda di successo si sia radicalmente modificata, tanto che solo il 28% del campione ritiene che l’ufficio continuerà ad essere l’ambiente di lavoro principale con un regolare orario di entrata e uscita; per il 72%, invece, è un punto di incontro dove recarsi per lavorare in modo collaborativo su progetti o nelle rare occasioni in cui è necessario incontrarsi in presenza.
«Con l’introduzione dello smart working, che in Italia sarebbe più corretto chiamare ‘lavoro da remoto’, le persone possono perdere la visione sistemica della propria azienda poiché spesso non hanno a disposizione tecnologie e metodologie in grado di supportare una vera collaborazione virtuale tra team. Un problema questo che non è da imputare al solo momento che viviamo, ma che affonda le sue radici nell’incapacità di molte aziende di comprendere che forma dovrebbe avere la propria organizzazione per far sì che all’interno si possa favorire un diverso modo di lavorare delle persone, che sia più efficace e in grado di garantire un livello di performance maggiore, per poter essere competitiva domani», afferma Stefano Petti, partner di Asterys.
Il confronto dei risultati dell’indagine 2020 di Asterys con quelli del 2017 rileva, tuttavia, una serie di preferenze che potrebbero spingere le aziende a imboccare un percorso involutivo, contraddistinto dal ritorno a vecchi schemi gerarchici, dalla ricerca di processi strutturati e di autorità centralizzata al vertice, da maggior focus interno e dalla rinuncia a prendere decisioni da parte dei lavoratori.
In un momento di grande preoccupazione sul futuro come quello che stiamo vivendo, è inevitabile che le persone sperimentino paura e si aspettino maggiori direttive dai vertici aziendali, insieme a chiari piani di emergenza, con il rischio di delegare le decisioni verso l’alto. Così, chi ritiene che in un’organizzazione di successo i team avranno la responsabilità di delineare le loro strategie e i loro obiettivi in modo autonomo scende dal 51% del 2017 al 28% del 2020; e coloro che ritengono che le persone saranno auto-dirette e sarà loro riconosciuta piena autonomia scende dal 47% del 2017 al 33% del 2020.
Non c’è, però, solo l’aspettativa di essere guidati dall’alto, bensì anche la ricerca di processi strutturati per la gestione del proprio lavoro: tra i rispondenti, la percentuale di chi ritiene che l’ambiente di lavoro dell’azienda di successo del futuro sarà semplificato con sistemi dinamici e procedure snelle passa dal 57% del 2017 al 45% del 2020 e quella di chi avverte la necessità di centralizzare le decisioni al vertice della propria impresa arriva al 35% rispetto al 27% del 2017.
Uno degli aspetti che risente maggiormente di questo periodo di pandemia è la collaborazione tra le diverse divisioni dell’azienda. È ormai ampiamente condivisa l’idea che la collaborazione faciliti lo scambio di informazioni, migliori le performance e accresca la capacità d’innovazione di un’impresa, ma i risultati del 2020 post Covid-19 mostrano un’inversione di tendenza rispetto alla precedente indagine. Mentre nel 2017 i tre quarti (74%) del campione italiano riteneva vincente una forte collaborazione tra tutti i team, nel 2020 la scelta di questa opzione è diminuita di 20 punti percentuali passando al 53%, anche se rimane la scelta privilegiata. Oggi il 47% dei rispondenti ritiene più efficace creare una forte collaborazione all’interno del proprio team invece che fra tutti i team in azienda, rispetto al 27% del 2017.
All’interno delle dinamiche sopra descritte che limitano la crescita, la prosperità dell’azienda del futuro e lo sviluppo del benessere dei dipendenti, è necessario sottolineare l’importanza che assume il ruolo del top management. Dalla ricerca emerge che è proprio il senior management a essere più pronto, rispetto ai people manager e ai contributori, a cogliere l’importanza di sviluppare una maggiore agilità organizzativa, possedendo una visione più sistemica dell’azienda e rendendosi conto che è necessario per le organizzazioni moderne essere più veloci, flessibili e innovative. I leader mostrano, infatti, risultati più alti rispetto alle altre categorie di intervistati su aspetti legati al modello organizzativo dell’azienda che per il 42% della categoria dovrà essere strutturata come un network di team senza capi, che operano in base a principi condivisi e nei quali tutti i membri rispondono del loro operato a tutto il team, avere un ambiente di lavoro semplificato con sistemi dinamici e procedure snelle (65% dei rispondenti) e naturalmente promuovere una forte collaborazione tra tutti i team (65%).
Questo “rischio involuzione” potrebbe così rendere i programmi di cambiamento organizzativo più complessi e più difficili da implementare, e potrebbe richiedere l’inclusione di attività che aiutino le persone a superare la paura e l’incertezza, soprattutto in un momento storico in cui il mondo sta viaggiando verso l’autorità distribuita, strutture piatte, visione sistemica e rivolta verso l’esterno.
«La centralizzazione delle decisioni e delle strategie unita all’adozione di processi rigidi in un mondo ad alto tasso di complessità e ad alta velocità di cambiamento fa rischiare alle aziende di perdere competitività, di non essere velocemente responsive verso le esigenze dei clienti, e di reagire troppo lentamente nelle fasi di crisi. In tutto il mondo, un numero sempre crescente di aziende inizia ad adottare strutture e processi semplificati e lean e punta sull’autorità distribuita per migliorare la propria agilità organizzativa. Un esempio lampante è la crescita del numero di aziende che sta adottando AEquacy, la struttura organizzativa senza gerarchia e centrata sull’uomo che abbiamo introdotto due anni fa», conclude Petti.