Indagine di Confimi Industria agli industriali associati - Archivio
Il mercato è fermo o quasi e a renderlo manifesto sono i risultati dell’indagine che Confimi Industria ha condotto nei giorni scorsi intervistando gli imprenditori associati. Situazione allarmante per un imprenditore su due: il 54% degli imprenditori infatti dalla fine del blocco ha registrato commesse decisamente inferiori per numero e valore rispetto a quelle dello scorso anno. Ma c’è di più: il 16% delle aziende del manifatturiero infatti non ha avuto nuovi ordinativi dopo la riapertura, mentre solo il 3% dichiara nuove commesse ma solo dal mercato estero. L’economia delle piccole e medie imprese nazionali non sembra vedere ancora la luce in fondo al tunnel: solo il 19% degli industriali infatti registra uno scostamento lieve rispetto al 2019, mentre uno sparuto segno “più” riguarda solo l’8% delle imprese. Il Centro studi della Confederazione del manifatturiero privato italiano evidenzia come, proprio a causa di un mercato per lo più fermo, il 68% delle aziende effettuerà in agosto la consueta chiusura estiva degli stabilimenti. A tenere tirate su le serrande sarà solo il 15% che, si legge nello studio, “spera in una ripresa”. Preoccupante invece il restante 17% che terrà aperte le fabbriche per presidiare il mercato in cerca di opportunità.
E le previsioni per l’autunno non sembrano lasciare molte speranze: secondo il centro studi di Confimi Industria infatti le imprese chiuderanno l’anno con una perdita media del fatturato del 25% (25,3%). Inevitabile, anche a causa del blocco dei licenziamenti, il ricorso all’utilizzo degli ammortizzatori sociali: a farne uso è il 66% del campione d’indagine e riguardano in media il 60% dei dipendenti. Tre i settori con la maggiore incidenza di utilizzo: metalmeccanica, legno-arredo e tessile. Nonostante l’ampio utilizzo degli ammortizzatori sociali, tanto che un imprenditore su cinque ne richiede l’estensione fino a fine anno, il 40% degli industriali intervistati ritiene che gli ammortizzatori sociali siano solo un’azione di tampone e chiede piuttosto che il governo intervenga con politiche concrete per la riduzione del costo del lavoro.
Prosegue inoltre il ricorso allo smart working per quasi un lavoratore su cinque: confermata infatti la difficoltà di conciliare il lavoro con la vita domestica essendo venute meno le abituali strutture per la gestione di bambini e anziani.
Sul versante credito invece, del 44% degli imprenditori che sono ricorsi alle misure varate dal governo sul tema della liquidità, poco più del 15% non ha ancora visto un solo euro mentre un altro 8% ha ricevuto i fondi richiesti ma diversi mesi dopo il completamento dell’iter burocratico.
Crisi di liquidità che in parte impatta anche sui pagamenti: l’83% degli industriali ha onorato le scadenza con i fornitori e solo il 17% è stato costretto a ridefinire nuove scadenze. Al contrario, se da una parte il 49% delle imprese si è vista pagare gli ordinativi dai propri clienti, dall’altra il 51% registra insoluti (14%) o richieste di un nuovo piano di scadenze.