Con il lavoro agile è mancato il contatto personale con i colleghi - Cegos
Anche se un po’ forzoso, il ricorso allo smart working, o meglio al lavoro da casa, in questi mesi ha cambiato in maniera così sostanziale le modalità lavorative, da desiderare di non tornare indietro su alcune prassi adottate. È quanto emerge dalla Instant Survey Lockdown - Abitudini e comportamenti acquisiti durante Covid-19 realizzata da Cegos Italia, parte del Gruppo Cegos e tra i principali player nel Learning & Development. Condotta durante il mese di maggio, ha coinvolto 250 rispondenti per capire l’impatto di questo periodo sulle vite e sul lavoro delle persone. Tra i comportamenti che non si vorrebbero abbandonare una volta ritornati alla “vita normale”, la vicinanza ai propri familiari, unita ad una maggior attenzione alle relazioni amicali - ovvero il fattore umano - sono considerati imprescindibili dal 41% dei rispondenti. Al contempo il 22% degli intervistati ha mostrato un interesse più marcato per il digitale, tanto da volerlo utilizzare in futuro non solo per motivi professionali, ma anche per fini personali. A riprova della centralità dell’uomo, in sei casi su dieci, stando lontani dall’ufficio, si è sentita maggiormente la mancanza della socializzazione quotidiana con i colleghi (31%) insieme alla facilità di confronto che si ha dialogando di persona (29%). Per un quinto degli intervistati, inoltre, azzerandosi i confini tra ufficio e abitazione, il lavoro da casa ha comportato la perdita degli spazi personali.
«Il fattore umano, la sua presenza o mancanza, è ciò che ha inciso maggiormente e dal quale non si potrà prescindere in un nuovo equilibrio vita-lavoro da ritrovare e impostare - spiega Emanuele Castellani, ceo di Cegos Italy & Cegos Apac -. I comportamenti delle persone, però, fanno sempre la differenza e in questo caso realmente eccezionale come la pandemia, la reazione è risultata piuttosto pronta e all’insegna di grande responsabilità, aspetti da valorizzare e su cui far leva anche per il futuro».
Il lavoro da remoto ha, infatti, messo alla prova sia responsabili che collaboratori, entrambi al vaglio dell'indagine. Per più della metà degli intervistati i capi si sono dimostrati all’altezza della situazione: il 32% ha notato una maggiore fiducia in loro e il 24% ha apprezzato la vicinanza emotiva dimostrata in questo momento complesso. Solamente il 13% del campione ha segnalato la tendenza a un controllo ossessivo dei compiti svolti.
Anche ai collaboratori sono stati attributi molti meriti: oltre il 25% ha saputo mantenere il focus su obiettivi e risultati, dimostrando perdipiù un buon livello di autonomia, creatività e slancio, disponibilità al confronto con i colleghi e i propri superiori e inclinazione a rispettare indicazioni, tempi e processi di lavoro (tutte voci al 16%).
Agilità e adattabilità (38%), in particolare, sono risultate le soft skill più utili nel periodo di lockdown, a seguire, un’organizzazione efficiente del lavoro (16%) e la remote collaboration (12%).
Considerando, infine, i fattori determinanti per lo smart working, preponderante risulta essere la strumentazione adeguata e un ambiente domestico adattato allo svolgimento del lavoro (43%). Per più di un quinto dei rispondenti fondamentale è, invece, strutturare il proprio lavoro secondo obiettivi precisi e mirati, mentre per il 18% incide un rapporto con il proprio capo o collaboratore basato sulla fiducia.
«Le soft skill sono state determinanti per la business continuity e lo saranno ancora di più a supporto delle sfide di business che attendono le organizzazioni - prosegue Castellani -. Consapevoli di questo e dell’importanza di potenziarle, anche noi attraverso nuove modalità abbiamo cercato di contribuire a fornire conoscenze e strumenti utili e continueremo a investire anche nei prossimi mesi nello sviluppo delle migliori soluzioni formative per sostenere performance e competitività di singoli e aziende in una nuova realtà trasformata».