L'uso dei contratti a tempo determinato si associa a una diminuzione della produttività e dei salari medi mentre l'investimento in formazione professionale e il ricorso ad accordi integrativi sui premi salariali ne favorisce l'incremento. È uno degli aspetti evidenziati nel corso della conferenza Cambiamento strutturale, imprese e lavoro organizzata dall'Inapp.
«L'iniziativa - ha affermato Stefano Sacchi, presidente dell'Inapp - è un'occasione per discutere sul complesso rapporto che lega le potenzialità competitive delle imprese e le prospettive di reddito e occupazione nel mercato del lavoro. L'attenzione è posta su alcuni fattori dell'economia italiana che condizionano in profondità la capacità di produrre e redistribuire ricchezza: le caratteristiche produttive e manageriali del tessuto imprenditoriale, la tecnologia e l'organizzazione industriale dei mercati, gli assetti istituzionali del mercato del lavoro e delle relazioni industriali».
In particolare, l'indagine Inapp ril (Rilevazione Imprese e Lavoro), riferita al periodo 2007-2014, ha evidenziato che il livello di istruzione degli imprenditori italiani è più basso della media europea e che la presenza di un imprenditore laureato riduce il ricorso a contratti a tempo determinato, mentre la conduzione familiare si associa a una diminuzione del ricorso ad accordi sui premi salariali. Inoltre, la forte complementarietà tra capitale umano, innovazione e performance produttiva da un lato, tipo di contratti, salari e produttività dall'altro rende le politiche rivolte singolarmente a ciascuno di questi aspetti meno efficaci di un approccio integrato.
L'indagine, riferita al periodo 2007-2014, ha evidenziato che la presenza di un imprenditore laureato riduce il ricorso a queste tipologie contrattuali
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