Un giovane inoccupato - Archivio
Il tema della sostenibilità è sempre più centrale nel dibattito pubblico e si presenta come uno dei punti di attenzione principali non solo dell’economia, ma di tutta la società del futuro. Per l’Italia, la sostenibilità nella sua accezione più ampia è una medaglia a due facce: se dal punto di vista ambientale il Paese risulta un’eccellenza globale, è invece molto indietro sul fronte della sostenibilità sociale, che causa gravi danni, anche economici, al Paese.
Aviva Assicurazioni ha diffuso alcuni dati della nuova edizione del Gai, studio realizzato da Ambrosetti - The European House che misura l’attrattività di un Paese attraverso una molteplicità di indicatori e che verrà presentato a settembre a Cernobbio. Secondo questa indagine, con una maggiore inclusione di donne e giovani nel mondo del lavoro, l’Italia vedrebbe crescere i suoi consumi di 47 miliardi di euro ogni anno. Nello specifico, con un tasso di occupazione femminile in linea con Francia, Germania e Spagna, i consumi del Paese crescerebbero di 36 miliardi di euro, per arrivare a 42 miliardi se le donne fossero anche pagate quanto gli uomini. A questi bisognerebbe aggiunge altri cinque miliardi di euro nel caso in cui i Neet (giovani che non studiano e non lavorano) fossero inclusi nel mercato del lavoro.
La pandemia ha ulteriormente aggravato una situazione che pesa sul nostro Paese da anni: nel 2020, il numero di occupati nella popolazione femminile è sceso in maniera nettamente più drastica ( -2,7%) rispetto a quella maschile, e il numero di inattivi è salito del +3,7%. Non va meglio per i giovani under 34, il cui numero di partecipanti alla forza lavoro del Paese è sceso di un ulteriore 8%.
La posizione del Paese nelle classifiche del Gai sulla sostenibilità sociale è allarmante. L’Italia è infatti al 31esimo posto per proporzione di seggi parlamentari occupati da donne, preceduta, fra i vari, da Emirati Arabi, Messico e Sudafrica; la situazione peggiora se osserviamo la classifica della proporzione di donne adulte con almeno un titolo di studio secondario, dove scendiamo al 59esimo posto, preceduti da Uzbekistan e Kazakistan. Ma il dato più allarmante resta la partecipazione alla forza lavoro della popolazione femminile, dove l’Italia occupa il 123esimo posto, sui 144 analizzati dal Gai.
Anche le parole del presidente del Consiglio Mario Draghi sono state molto chiare in merito: la lotta al divario di genere deve essere una priorità perché «immorale e ingiusta» oltre che miope. Il premier ha poi aggiunto che l’Italia investirà oltre sette miliardi per contrastare queste disuguaglianze. Ma, come per molti grandi problemi della società contemporanea, l’intervento pubblico da solo non è sufficiente: è necessaria una stretta collaborazione con il settore privato, che in Italia rappresenta l’85% della forza lavoro totale con 21,6 milioni di impiegati.
«Essere sostenibili, oggi, non significa solo rispettare l’ambiente. Si affermano sempre di più i concetti di sostenibilità sociale e inclusione, quali fattori determinanti per raggiungere il successo e gli obiettivi economici. – commenta Arianna Destro, Chief Customer Officer e membro del Management Commitee di Aviva Assicurazioni –. Per risolvere il problema della scarsa sostenibilità sociale è fondamentale rafforzare la collaborazione fra pubblico e privato. Creare una maggiore inclusione nel mondo del lavoro e adottare politiche che supportino le donne, i giovani e le famiglie sono condizioni necessarie per rendere il Paese più attrattivo nel suo complesso e allo stesso tempo permettere alle aziende di rimanere competitive sul mercato globale. Noi di Aviva siamo fermamente convinti che mettere in campo politiche e iniziative di questo tipo sia strategico per ogni azienda, sia con l’obiettivo di motivare maggiormente i collaboratori, migliorando la loro soddisfazione complessiva, sia per rendere ogni business solido e resiliente».