Crescono le donne imprenditrici - Archivio
Secondo gli ultimi dati di LinkedIn, in Italia solo tre donne su dieci occupano una posizione elevata. La pandemia, però, ha dato un’accelerazione nell’imprenditoria femminile, registrando una crescita della percentuale di donne imprenditrici del 62% rispetto al 2020. Infatti, gli ultimi due anni hanno registrato un passo avanti nelle start up italiane, nelle quali cresce la leadership femminile, con particolare attenzione al settore dell’innovazione. Molte ricerche evidenziano come le start up a guida femminile siano più orientate a individuare i bisogni del mercato e a coglierne le opportunità. In particolar modo, secondo l’ultimo studio di Cariplo Factory Pow(H)er Generation, realizzato coinvolgendo oltre 110 start up italiane, emerge che il 74% sono state fondate da due o più socie. Più in generale, la leadership femminile italiana sta crescendo nell’ambito dell’innovazione, in settori quali circular economy (18%), education e edtech (6%), food & beverage (2%), delivery & logistics (2%), entertainment (4%), healthcare (20%), digital platform (26%), fintech (2%). «In Italia lavora solo una donna su due. La Banca d’Italia ha stimato che se l’occupazione femminile salisse al 60%, avremmo un aumento del Pil pari al 7% (una cifra vicina ai 130 miliardi di euro). Un Paese in cui il 51% della sua popolazione è escluso dalla partecipazione economica, sociale, educativa, è un Paese che non progredisce - spiega Francesca Dellisanti, sales executive di MobieTrain Italia -. Non è un caso che nell'ultimo report di Women20, l'engagement group per la parità di genere dei Paesi del G20, sia stata inserita l'educazione tra le aree più importanti per favorire l'empowerment delle donne nel mondo. Ed è tra gli obiettivi di MobieTrain: diffondere conoscenza, in modo agile e inclusivo a tutti i livelli». Ed è proprio l’Ed-Tech il settore in cui opera MobieTrain. L’azienda, che solo nel 2021 ha registrato una crescita del 250%, con oltre 100mila utenti e più di 70 aziende e organizzazioni, attraverso un approccio completamente mobile-first, ha infatti sviluppato una tecnologia che offre alle aziende e pmi la possibilità di costruire dei percorsi di micro-learning personalizzati per la formazione interna dei propri dipendenti. L’efficienza di questo approccio è tale che, secondo una ricerca condotta da MobieTrain su 100 aziende in Europa, consente ai suoi utenti di conservare le informazioni il 50% più a lungo e di sentirsi 4 volte più coinvolti rispetto ai metodi tradizionali. Per questo motivo molte aziende stanno scegliendo di utilizzare metodi alternativi di questo tipo, per coinvolgere maggiormente i propri dipendenti e per rendere la formazione aziendale più snella, efficace e divertente. «Mai come in questi anni ci è stato chiesto di ripensare i modelli di trasferimento e aggiornamento delle competenze per aiutare i dipendenti a svolgere in modo ottimale il proprio lavoro. Digital Transformation e pandemia, ci chiedono di progettare percorsi di formazione sempre più ibridi, capaci di incontrare le nuove esigenze delle persone - afferma Laura Fornaroli, Marketing Specialist di MobieTrain Italia -. Gamification, microlearning e mobile learning sono alcuni dei concetti chiave di cui sentiremo parlare sempre più spesso ed è proprio su queste metodologie che si basa l’approccio di MobieTrain: aiutare le aziende a rivoluzionare l’esperienza di apprendimento del personale in prima linea fornendo i giusti contenuti al momento giusto e sul dispositivo che preferiscono».
Il 55% delle lavoratrici ha subito molestie o discriminazioni
Un’allusione travestita da battuta. Un massaggio alle spalle non richiesto. Un apprezzamento estetico pretestuoso. Una promozione data a un altro collega durante la gravidanza. Battutine, discriminazioni, molestie, condizioni sfavorevoli di crescita professionale: è con questi termini che centinaia di donne hanno descritto la loro esperienza lavorativa all’interno della survey Lei (Lavoro, Equità, Inclusione), realizzata da Fondazione Libellula, che ha coinvolto oltre 4.300 lavoratrici e libere professioniste in tutta Italia con l’obiettivo di fotografare lo stato dell’equità di genere del mondo del lavoro italiano. I risultati restituiscono una situazione allarmante: più di una donna su due (55%) si dichiara vittima di una manifestazione diretta di molestia e discriminazione sul lavoro. Come se non bastasse questo dato a far capire quanto possa essere preoccupante il contesto lavorativo per le donne, il 22% ha dichiarato di aver avuto contatti fisici indesiderati e il 53% ha subito complimenti espliciti non graditi. I responsabili di queste azioni sono indicati essere i colleghi o le colleghe nel 55% dei casi, i capi sia uomini sia donne per il 19% e altri responsabili o superiori di ambo i sessi per il 6%. Le conseguenze si riflettono in una limitazione del proprio comportamento per paura che possa essere male interpretato o portare a conseguenze negative: il 58% delle donne intervistate non reagisce efficacemente di fronte ad una molestia, di queste il 38% non vuole passare come una persona troppo aggressiva o “quella che se la prende”, mentre l’11% non sa come fare. La ricerca mette in evidenza come lo stato dell’equità di genere nel mondo professionale sia ancora distante anche quando le donne ricoprono una posizione manageriale: in questa situazione, infatti, i loro comportamenti decisi e determinati vengono visti in un modo diverso rispetto a quelli maschili a volte anche rinunciando a mettersi in gioco per la loro crescita professionale. Il 62% dichiara di essere considerata aggressiva se si mostra ambiziosa o assertiva, tra queste, il 42% ricopre un ruolo di responsabilità dirigenziale. Sempre rispetto a carriera e potere, per gli uomini è più facile e veloce crescere e vedere riconosciuti i propri meriti. Arrivano di più e prima a posizioni di potere, ciò fa sì che in azienda la leadership diffusa sia prevalente al maschile. La carriera della donna è spesso interpretata alla luce di altri fattori rispetto al merito o alla competenza: il 71% sperimenta contesti in cui la leadership e i ruoli di responsabilità sono spesso prevalentemente ricoperti da uomini, il 79% vede crescere i colleghi uomini più velocemente, anche se con minore esperienza della propria o di altre donne. Questa difficoltà di progredire nel proprio percorso lavorativo peggiora in contesti in cui la genitorialità è percepita come condizione esclusivamente femminile. Le donne, così, non sono serene nel comunicare alla propria azienda di essere incinta (41%). Il 68% ha visto rallentare il proprio percorso di crescita, o quello di altre donne, a causa della maternità e il 65% che ha sentito allusioni e commenti rispetto alle conseguenze negative della maternità in azienda. A generare la discriminazione non è solo un rapporto sbilanciato di forza nel contesto lavorativo dato dai ruoli operativi degli uomini rispetto a quelli delle donne, ma anche l’appartenenza al genere. L’obiettivo di Fondazione Libellula è cambiare questo scenario, portando nei luoghi di lavoro progetti e attività come workshop o seminari dedicati a collaboratori e collaboratrici su stereotipi, empowerment, linguaggio e managerialità inclusiva, percorsi dedicati alla prevenzione al contrasto delle molestie, sportelli di ascolto psicologico attivi 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le aziende che ne fanno richiesta. Il raggio d’azione si estende anche fuori dalle organizzazioni attraverso attività di comunicazione, diffusione di campagne dedicate e contenuti online, e con progetti di cura per offrire un supporto concreto alle donne che hanno subito violenza, sostenendo spese di prima necessità, sostegno all’accudimento e alla crescita dei/delle figli/figlie, supporto alla formazione e all’inserimento lavorativo, sostegno al benessere psicologico.