Cresce l'imprenditoria straniera in Italia, una realtà sempre più dinamica, diversificata e promettente, che però incontra ancora molti ostacoli: dagli appesantimenti fiscali e burocratici alla difficoltà di accesso al credito. Lo sottolinea il Rapporto Immigrazione e imprenditoria 2015, realizzato dal Centro studi e ricerche Idos, in partenariato con Cna (Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa) e MoneyGram.Il Rapporto sottolinea che in totale nel 2014 sono 6.041.187 le imprese operanti in Italia, in diminuzione di quasi 21mila unità. Ma a fronte di una diminuzione di 48mila unità delle aziende gestite da nati in Italia aumentano di quasi 28mila quelle a guida immigrata (+5,6%). Inoltre, all'inizio del 2015, superano il mezzo milione le imprese gestite da cittadini nati all'estero: 524.674 aziende (l'8,7% del totale), quasi sempre a esclusiva partecipazione immigrata (94,1%). Tra di esse, le imprese individuali sono 421.004: una ogni otto tra tutte le imprese individuali del Paese. Secondo il dossier di Idos l'insieme di queste imprese contribuisce alla creazione del 6,5% del valore aggiunto nazionale (oltre 94 miliardi di euro), una quota destinata ad aumentare con l'aumento delle forme societarie più strutturate e aperte alla compartecipazione degli autoctoni (nel 2014 sono 57mila le società di capitale, aumentate del 14,5% in un anno). Sono ancora poche, invece, le start up innovative a prevalenza straniera (95, il 2,2% del totale a giugno 2015), e ciò - secondo lo studio - "denota il cammino da fare sul versante dell'innovazione".Rispetto ai settori di attività, il settore terziario da solo incide per il 56,9%, mentre è residuale l'impegno in agricoltura (2,7%), un ambito che richiede notevoli investimenti iniziali. Nel comparto del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese le 27mila attività guidate da immigrati influiscono per il 15,4% sul totale, più di quanto avvenga nelle costruzioni (14,8%) e nel commercio (12,1%), che pure rappresentano importanti comparti di attività (188mila imprese, il 35,8% del totale per il commercio e 128mila,il 24,3% del totale per l'edilizia).Quanto alla diffusione territoriale, nel Settentrione si concentra oltre la metà delle imprese a conduzione immigrata (30,1% al Nord Ovest e 21,1% al Nord Est). Seguono le regioni centrali (26,7%) e il Meridione (22,3%), dove l'incidenza sul totale delle imprese locali è quasi dimezzata rispetto al Centro-Nord (5,8% contro il 10,1%). La Lombardia (100mila aziende, 19%) e il Lazio (67mila, 12,8%) primeggiano in graduatoria, come anche le province di Roma (57mila, 10,9%) e di Milano (45mila, 8,6%).Secondo il rapporto, i gruppi nazionali protagonisti nel panorama dell'imprenditoria immigrata in Italia sono pochi e si dividono secondo i settori. I più attivi sono i marocchini (15,2%), cinesi e romeni (11,2%), che si segnalano rispettivamente nel commercio, nella manifattura e nell'edilizia. Sul totale le sei collettività più numerose coprono da sole oltre la metà dei responsabili di impreseindividuali nati all'estero (55,4%). Nel 2014 sono 30,5 milioni i lavoratori autonomi e gli imprenditori attivi nell'Ue a 28 (un settimo dell'occupazione totale), di questi il 15% si concentra in Italia che si rivela il primo Paese per questo tipo di lavoratori. In particolare, gli imprenditori immigrati sono circa due milioni: ma i ritmi di aumento più vistosi nell'ultimo decennio si sono registrati nel Regno Unito (+139%) e in Italia (+76%). Il dossier Idos sottolinea, infine, che la realtà imprenditoriale promossa dagli immigrati "sarà maggiormente dinamica, diversificata e promettente qualora saranno superati gli ostacoli che ne frenano il consolidamento e la crescita". In particolare, è necessario semplificare la burocrazia, agevolare l'accesso al credito e alleggerire la pressione fiscale.