venerdì 1 gennaio 2021
Sono circa 124mila gli addetti alla panificazione in Italia. Crescono le donne. Il percorso ideale sarebbe la scuola-bottega, quindi l’istituto professionale affiancato al laboratorio/stage
Un panettiere all'opera

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Sono circa 124mila gli addetti alla panificazione in Italia (media di 4,8 dipendenti per ogni azienda di panificazione, in totale le imprese in Italia sono circa 26mila). Guadagnano tra i 1.100 e i 1.200 euro al mese più possibili benefit (per esempio per lavoro notturno o straordinari). Negli ultimi anni poi si sta assistendo a un’evoluzione che vede protagoniste le donne: complessivamente, tra addette alla vendita e alla produzione, secondo la Federazione Italiana Panificatori, queste rappresentano ben il 65% del totale. In Lombardia, secondo i dati dell’Ente bilaterale lombardo che mensilmente monitora il comparto, la percentuale è ancora più alta, arrivando addirittura al 70%. Quante opportunità di inserimento per un giovane che vuole diventare panificatore? «Naturalmente, le opportunità si calcolano in relazione alla capacità di inserimento del settore: in un anno c’è un ricambio di circa un 8-10% del totale della forza lavoro – spiega Roberto Capello, presidente Federazione Italiana Panificatori -. Sono richieste caratteristiche particolari: precisione, attenzione (in particolare nella gestione dell’impasto, che è a tutti gli effetti un essere vivente), pazienza, ma anche umiltà. Se un giovane possiede queste caratteristiche, trova sicuramente un lavoro nella panificazione, perché è nell’interesse del panificatore tenersi strette persone con queste doti. Il mercato della panificazione poi va visto in maniera ampia, va allargato l’orizzonte: i panifici infatti non vivono di solo pane, ci sono anche i panettoni, i lievitati, i cracker, gli snack, le gallette e il mercato della farina, come evidenziato dall’ultima ricerca Italmopa, è in continuo aumento. Sta a noi panificatori presidiare l’intero mercato, creando delle professionalità polifunzionali e multiruolo che possano lavorare non solo in panificio, ma anche nelle industrie della farina, nei mulini, e così via. Non si tratta solo di un’opportunità, ma anche di sopravvivenza: queste figure multiruolo non sono state toccate dalla cassa integrazione, tanto per fare un esempio».

La soluzione migliore per cominciare a mettere le “mani in pasta” è il percorso scuola-bottega, quindi l’istituto professionale affiancato al laboratorio/stage. Nella grande maggioranza dei casi si tratta di uno scivolo per l’ingresso nel mondo del lavoro. In tutte le scuole c’è una vicinanza con il mondo imprenditoriale di riferimento e le aziende sono interessate a persone formate. Anche l’apprendistato professionalizzante è una strada efficace per cogliere la tecnica e capire il sentiment nei laboratori di panificazione. La parte pratica e operativa è fondamentale per capire tempi di lievitazione, tecniche, ma anche gli errori e i momenti di tensione che possono esserci durante la giornata lavorativa.

La stessa tecnologia ha alleggerito le mansioni più pesanti e ha facilitato la gestione della pasta: per esempio, esistono delle camere climatizzate automatiche che consentono di svolgere di giorno delle attività che prima venivano svolte di notte. In questo modo, al mattino si trovano le forme lievitate e pronte da infornare senza dover lavorare di notte. Questa evoluzione tecnologica favorisce sicuramente la qualità di vita del panificatore, anche dal punto di vista della salute: mentre una volta la pasta veniva impastata a mano, oggi molte attività vengono svolte da macchinari, come le impastatrici, o macchine che arrotondano le palline di pasta. E, come rilevato anche dall’Inail, mentre una volta il tunnel carpale era molto diffuso tra i panificatori, oggi si è molto ridotto. Inoltre, la tecnologia ha reso le materie prime più regolari: le farine normalmente sono molto influenzate dalle condizioni pedoclimatiche, ma adesso vengono rese molto più stabili e regolari anche grazie al progresso tecnologico. Così lo standard di qualità offerto al cliente cresce.

Ma come ci si innamora della professione di panificatore? «Negli ultimi anni – continua Capello - un grande aiuto è giunto dai social: il settore fino a qualche tempo fa non era sotto i riflettori e non era considerato molto attrattivo, soprattutto dai giovani. Fare il pane richiede tanti sacrifici in termini di orario: si lavora di notte e di giorno bisogna riposarsi. Ma da qualche anno i social hanno portato l’attenzione sul mondo della panificazione, come è accaduto in precedenza con il mondo degli chef e dell’alta cucina. Uno degli elementi che affascina di più della panificazione è sicuramente legato al fatto di potersi misurare con la pasticceria artigianale: un esempio su tutti, il panettone. I social ora parlano anche di tecniche di panificazione, di lievito madre, e fanno capire alle persone che la qualità dei prodotti è importante: non è più come una volta, quando il pane era “solo” pane, un alimento per sfamarsi. Ora la fame non c’è più, il pane è un prodotto che deve essere fatto bene. Nel 2020, questa esigenza si è fatta ancora più preponderante. In primavera, infatti, con il primo lockdown, tutti sono diventati panificatori in casa propria, tanto da far sparire il lievito nei supermercati. E questo, a mio avviso, è stato positivo: la gente si è riavvicinata al pane, si è informata, e ora che lo sa fare pretende un prodotto di qualità. Per i panificatori ciò ha significato un rinnovato impegno, uno stimolo in più per pensare a prodotti nuovi, più ricchi».

E, a proposito di social e di canali online, il digitale come canale di vendita risulta essere una delle novità con cui si misurano i panificatori in tempo di pandemia, come emerge dall’Osservatorio prenatalizio del Sigep (il Salone Internazionale di Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè di Italian Exhibition Group in edizione “expandend”, fisica e digitale, alla Fiera di Rimini dal 15 al 17 marzo 2021 e, come digital agenda, anche il 18 e 19 marzo).

In Italia non esiste una vera e propria figura professionale di panificatore o un attestato di qualifica professionale, chiunque potrebbe aprire un laboratorio una volta ottenuti i permessi comunali, anche se chiaramente ci sarebbe bisogno di una formazione adeguata prima di aprire un forno. In Francia, per esempio, si diventa panificatori al termine di una formazione, è una professione riconosciuta giuridicamente.

Per diventare panificatore ci sono tante scuole, tra queste spiccano sicuramente Alma-Scuola internazionale di cucina italiana (https://www.alma.scuolacucina.it/), con sede a Parma (per iscrizioni: https://www.alma.scuolacucina.it/chi-vuole-iscriversi/, Tel. 0521525211) e Cast Alimenti (https://www.castalimenti.it/), con sede a Brescia (per informazioni: Tel. 0302350076, 3311184673, info@castalimenti.it). Entrambe propongono sia corsi per professionisti affermati sia corsi base per panificatori. In Puglia poi c’è Eccelsa, Istituto di alta formazione del gusto alimentare (https://www.istitutoeccelsa.it/), con sede ad Alberobello (per informazioni: 0802461249, 3939509117, info@istitutoeccelsa.it). E poi ci sono gli Istituti professionali, le ex scuole alberghiere, che da 6-7 anni lavorano molto di più sul filone panificazione. Prima si facevano classi quasi esclusivamente di sala, cucina e pasticceria, ora si impara anche a fare il pane, e anche per questo negli ultimi anni c’è stato un forte incremento.

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