È stata presentata a Milano la ricerca condotta dall’Associazione Direttori Risorse Umane (Gidp) e Bernoni Grant Thornton (Bgt), in merito al parere e alla percezione che i direttori Hr hanno dello
smart working.In molte aziende è già una realtà ma, per la maggior parte, rimane un’utopia. Eppure i dati tracciano una panoramica tutta favorevole nei confronti di una soluzione che viene percepita come ottimale da più punti di vista. La ricerca di Gidp e Bgt è stata condotta tramite interviste su 73 capi del personale di importanti aziende nazionali e multinazionali, per cercare di evidenziare quali siano soprattutto i benefici derivanti dallo
smart working, sia dal punto di vista personale del lavoratore, che da quello del contesto che lo circonda.Innanzitutto, il primo dato che emerge, è che il 78,08% dei direttori Hr ha affrontato tale tematica all’interno dell’azienda, ma un comunque alto 21,92% non ne ha mai nemmeno parlato. Un dato piuttosto alto se pensiamo che il lavoro agile è percepito come positivo. Ciò fa riflettere sul fatto che spesso gli Hr non sono supportati in questo dai vertici aziendali, che non concepiscono ancora una visione del lavoro così moderna."In questi ultimi mesi sono stati sempre più numerosi i direttori Hr che si sono rivolti a me e all’associazione per esprimere non solo l’interesse, ma la necessità di partecipare a convegni e iniziative di approfondimento sul tema dello
smart working - afferma
Paolo Citterio, presidente nazionale Gidp/Hrda – Associazione Direttori Risorse Umane -. Ciò rappresenta già di per sé un segnale evidente che lo
smart working non è percepito dai direttori Hr come una moda o un qualcosa di imposto solo dalla società o dal lavoratore, ma come una vera e propria necessità per l’azienda stessa che crede a un aumento della
performance dei dipendenti (94,53%). Ne consegue pertanto la necessità di una regolamentazione normativa (87,67%)"."I benefici dello
smart working sono molteplici – ha dichiarato
Stefano Salvadeo, partner di Bernoni Grant Thornton – e abbracciano sia la sfera lavorativa e privata del lavoratore, che la società nel suo insieme come l’organizzazione del lavoro. Il risparmio energetico nel breve a mio parere, è uno degli aspetti più interessanti di questa soluzione. Noi di Bernoni Grant Thornton premiamo con il Good Energy Award, ormai dal 2009, tutte quelle aziende che riescono, attraverso più soluzioni, a ridurre l’impatto ambientale. Lo
smart working farà anche questo".Un dato che vince su tutti è quello che concerne il miglioramento della sfera privata del lavoratore. Alla domanda: “Ritiene che la soluzione del lavoro da casa abbia benefici sull’aspetto di conciliazione del rapporto lavoro/famiglia”? Ha risposto SI il 100%.Per quanto riguarda gli altri benefici dello
smart working, alla domanda “Ritiene che la soluzione del lavoro da casa abbia benefici su quale aspetto?”Non solo, è interessante vedere come il 94,52% dei capi del personale crede che, grazie allo
smart working, possa verificarsi un aumento delle performance e della soddisfazione del dipendente che, per il 90,41%, potrà lavorare per obiettivi e non più per mansioni.Oltre al lavoratore, saranno anche altri gli aspetti su cui il lavoro da casa andrà a impattare: ad esempio sulla futura progettazione degli edifici sia residenziali che del terziario (si per il 78,08%), il patrimonio immobiliare e le nostre città muteranno per il 67,12% degli intervistati. Fondamentale il ruolo della banda larga per il 98,63%; inoltre lo
smart working potrà giocare anche a favore dell’appetibilità delle nostre aziende per le multinazionali (72,6%).Quello che però ancora manca è una regolamentazione normativa precisa (la ritiene necessaria l’87,67%) che possa salvaguardare il lavoro dei dipendenti ma anche l’azienda che decide di adottare tale soluzione. Manca ancora una buona formazione già a partire dalla scuola e dall’università (per l’82,19% degli intervistati non sono ancora pronte) eppure proprio lo
smart working porterebbe alla nascita di nuove figure professionali e opportunità (per il 67,12%).Lo
smart working non è percepito come una moda, ma come una vera e propria necessità per l’87,67% dei responsabili delle risorse umane interpellati.