Semplificare è un bene, anche per rendere più efficace il contrasto al lavoro irregolare. Persino depenalizzare un reato può essere utile, a patto che le sanzioni amministrative siano certe e tali da incutere timore. Ma quando semplificazione e depenalizzazione riducono la sanzione a poco più di un "buffetto" – si traducono cioè in una punizione "sopportabile", in un costo preventivabile per chi viola le norme – si rischia di vanificarne l’effetto deterrente. Lasciando così campo libero al proliferare dell’illegalità. È quel che sta accadendo con la somministrazione illecita di manodopera, una delle forme in cui si esplica il "caporalato". Una sorta di eterogenesi dei fini, una palese contraddizione rispetto alla volontà di reprimere il fenomeno del caporalato nei campi – anche rafforzando le pene previste – al centro del progetto di legge in discussione alla Camera.Da febbraio, infatti, la depenalizzazione sancita con il decreto 8/2016 prevede che anche la somministrazione di lavoro abusiva, l’utilizzazione, l’appalto e il distacco illeciti di manodopera da reati che erano diventino illeciti amministrativi. Per i quali è prevista una sanzione pari a 50 euro per lavoratore per giornata di lavoro. Si può discutere sul grado di deterrenza della sanzione rispetto al reato penale, ma ciò che in particolare rischia di vanificare tutto è la previsione di un tetto massimo per la multa a un livello relativamente basso. Il 9 agosto, infatti, la Direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro ha emanato una circolare per chiarire e ribadire due concetti: il primo che la depenalizzazione si applica retroattivamente «agli illeciti commessi antecedentemente all’entrata in vigore del medesimo decreto (8/2016)». Il secondo che «nell’ipotesi di somministrazione illecita per la quale era prevista una ammenda di euro 50 per ogni giornata di lavoro e per ciascun lavoratore, la sanzione amministrativa da irrogare nel verbale unico di accertamento sarà determinata all’esito di tale operazioni di calcolo. Qualora tale operazione dia luogo ad un importo superiore a euro 50.000, lo stesso sarà ricondotto a tale cifra». In sostanza la multa non potrà mai superare i 50mila euro, a prescindere dal numero dei lavoratori coinvolti e dalle giornate in cui sono stati impiegati illecitamente.«È facile fare due conti», spiega Umberto Franciosi segretario generale della Flai Cgil dell’Emilia Romagna, territorio in cui è diffuso il ricorso ad appalti illeciti di manodopera, attraverso false cooperative, in particolare nel settore della lavorazione di carni e salumi: «Per un’azienda che lo scorso anno avesse affidato, tramite un appalto illecito a una falsa cooperativa parti del proprio processo lavorativo, dirigendo e organizzando 100 soci lavoratori della cooperativa appaltatrice per 250 giorni lavorativi in un anno, il calcolo della sanzione totale dovrebbe essere di 1.250.000 euro. Invece, per effetto della depenalizzazione e secondo la circolare del ministero, la sanzione non potrebbe superare i 50.000 euro. Inoltre, se venisse pagata subito, si ridurrebbe di un terzo. E non è tutto, perché il limite della sanzione vale per l’intero sito produttivo, quindi tutte le imprese appaltatrici convolte, compreso il committente». Letta così, la depenalizzazione e il limite massimo alla sanzione «sono solo un pessimo regalo a coloro che violano leggi e contratti sfruttando i lavoratori», conclude Franciosi.