martedì 26 gennaio 2016
Quasi metà dei dipendenti italiani pensa che il proprio lavoro sarà automatizzato nei prossimi 5-10 anni. Per il 67% la sua azienda dovrebbe investire maggiormente in questo tipo di formazione.
I lavoratori chiedono più competenze digitali
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La digitalizzazione è in costante crescita in tutti i settori e rivoluziona processi e modalità del lavoro. Il 44% dei lavoratori italiani (IV posto nel mondo) prevede che il proprio lavoro sarà automatizzato nei prossimi 5-10 anni. Quasi un terzo - il 30% - non si sente 'attrezzato' con le giuste competenze per affrontare la digitalizzazione, contro una media globale del 22% e una europea del 18%. Secondo il 66% dei dipendenti, il proprio datore di lavoro dovrebbe investire di più nello sviluppo di competenze digitali. E il 77%, tornando indietro a 18 anni, sceglierebbe un campo di studio nel mondo digital/internet. Sono alcuni risultati del Randstad Workmonitor - l'indagine sul mondo del lavoro in 34 Paesi del mondo da Randstad, secondo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane – che nel quarto trimestre 2015 ha messo sotto la lente le competenze digitali, facendo emergere un riconoscimento diffuso da parte dei lavoratori dipendenti italiani della loro importanza di fronte alla trasformazioni in atto nel mondo del lavoro per effetto delle nuove tecnologie, ma anche una certa ansia sull'inadeguatezza dei profili professionali e sull'urgenza di uno sviluppo delle competenze digitali. Insieme al crescente interesse degli italiani verso i campi tecnico-scientifici, riconosciuti come sempre più richiesti dal mercato di oggi e di domani.Secondo il 53% dei dipendenti intervistati dal Workmonitor, infatti, il datore di lavoro ha un crescente bisogno di profili Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica): un'emergenza avvertita in modo ancora più urgente della media globale (42%) ed europea (38%). E così, il 68% dei lavoratori italiani, se tornasse a 18 anni, si concentrerebbe su un campo di studi in questi ambiti (contro una media globale del 63%). E il 77% pensa che gli studenti oggi dovrebbero concentrarsi di più in una carriera in ambito Stem. Tutto questo per limitare la 'crisi dei talenti' che è già in atto e che rischia di aggravarsi in futuro: oltre metà dei lavoratori (51%) ritiene che il datore di lavoro oggi abbia difficoltà a trovare le persone giuste e competenti. E il 58% si aspetta che questo sia sempre più difficile in futuro. "La principale sfida competitiva per le organizzazioni oggi è quella di individuare, coltivare, valorizzare e trattenere il talento, una sfida da affrontare con opportuni investimenti e una strategia di medio-lungo periodo – commenta Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia –. Tra le diverse competenze richieste ai talenti, oggi, in particolare si segnalano quelle digitali, sempre più trasversali ai diversi settori economici, in grado di rivoluzionare le tradizionali modalità di lavoro e, in alcuni casi, di dar vita a nuovi profili professionali in ambiti impensabili fino a pochi anni fa. L'impegno per lo sviluppo di competenze digitali coinvolge davvero tutti. Innanzitutto il sistema scolastico e universitario, chiamato a formare i lavoratori di domani. Poi le imprese che da un lato devono assicurare l'aggiornamento continuo per i loro dipendenti, dall'altro pianificare organizzazione e ruoli adeguati per accompagnare la 'rivoluzione digitale' in corso. Infine tutti i lavoratori che devono impegnarsi nella formazione costante per rimanere al passo con le nuove tecnologie, sapendo coglierne le opportunità per il miglioramento della propria carriera. In questo senso, la presa di consapevolezza che emerge dal Workmonitor è un segnale positivo per lo sviluppo professionale dei lavoratori italiani, come anche il riconoscimento dell'importanza dei profili tecnico-scientifici, di cui il nostro mercato del lavoro sconta una storica carenza".
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