sabato 30 gennaio 2021
Anche la riqualificazione e l’innovazione dei centri storici e il recupero dei borghi possono dare un contributo all’occupazione
Il settore edile può diventare un traino dell'economia

Il settore edile può diventare un traino dell'economia - Archivio

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Non solo il super ecobonus per rilanciare l’edilizia. Anche la riqualificazione e l’innovazione dei centri storici e il recupero dei borghi possono contribuire a migliorare il fatturato e l’occupazione del comparto. I settori e gli ambiti che saranno più coinvolti dal super ecobonus saranno soprattutto quelli dell’edilizia e settori collegati, come l’ambito assicurativo, gli esperti e consulenti fiscali e legali, le società di progettazione e manutenzione, società finanziarie, amministratori di condominio, commercialisti. Nello specifico le professioni più richieste sono: periti industriali e termotecnici, collaudatori, ingegneri, geologi, cappottisti, progettisti impianti tecnologici, e altre figure connesse. Si stanno registrando percentuali di aumento di richieste di figure a seguito dell’avvio del super bonus, tra cui: Elettricisti (+ 13%), Idraulici (+8%), Caldaisti (+6%), Operai edili e produzione materie edili (+6%), Ingegneri (+5%), Amministrativi (+4%), Geometri (+3%), Serramentisti (+3%), Termoidraulici (+3%), Carpentieri (+ 3%), Contabili (+3%). Si prevede, inoltre, per il 2021 un impatto con percentuali a due cifre.

In un triennio si prevede un impatto sul Pil del super ecobonus di tre punti percentuali con una crescita di 63 miliardi di euro e una media di incremento occupazionale di 100mila addetti l’anno compreso l’indotto (stima Ance, Associazione nazionale dei costruttori). Se a questi numeri aggiungiamo, poi, le risorse che lo Stato prevede di investire in infrastrutture per un valore stimato di 190 miliardi di euro per i prossimi dieci anni (grazie anche alle risorse e ai fondi europei), le prospettive del settore sono ampiamente in rialzo.

Un ruolo importante è rappresentato dalla riqualificazioni dei centri urbani e dei centri storici. Non solo a partire dall’innovazione o da criteri di sostenibilità. I graffiti urbani o i murales sono un aspetto di come l’arte di strada possa aiutare a migliorare l’arredo di città e paesi. Da un’analisi del professore Luigi Pastorelli del Gruppo Schult’z, per esempio, emerge « l’assunto che i graffiti urbani sono anche altro rispetto alla considerazione assai diffusa soprattutto in Italia, che li ritiene esclusivamente un fenomeno antropologicamente e sociologicamente sub culturale». «Ciò in ragione non solo del fatto che mantengono gli aspetti formali e tecnici tipici della decorazione urbana – spiega Pastorelli - ma soprattutto essi sono uno specifico indicatore dell’incentivo a favorire la nascita nel contesto urbano che ne vede la presenza, la comparsa di quelle specifiche condizioni in grado di favorire lo sviluppo di specifica ed elevata innovazione soprattutto nel settore Biotech & Itc. La diffusione dei graffiti urbani può costituire un efficace argine contro il conformismo culturale ed economico che caratterizza in particolare le nostre città».

Da Nord a Sud - isole comprese – è un pullulare di iniziative. A Orgosolo (Nuoro), in Sardegna, ci sono oltre 150 murales fatti a partire dal 1969 da un gruppo di anarchici milanesi e di creativi locali. Ogni anno attira migliaia di turisti da tutto il mondo. A Padova si possono trovare invece le opere di Kenny Random, Ead Crew, Alessio B e Tony Gallo. Dozza (Bologna) è famosa per le sue pareti dipinte. Non si tratta di veri e propri murales di street artist, ma di opere realizzate da artisti contemporanei che esaltano il borgo medievale facendolo diventare un museo a cielo aperto. Per questo motivo è stato insignito come il “Borgo fra i più belli d’Italia“. Roma ospita sempre più opere della street art sia di artisti emergenti che quelli già sulla cresta dell’onda. Napoli racconta la sua storia attraverso le immagini con suoi personaggi più famosi o le frasi che l’hanno resa celebre. Anche Milano nasconde dei quartieri ricchi di espressione artistica come la zona di Porta Nuova o la più lontana periferia. Laddove ci siano palazzoni senza identità, si incontrano dipinti a cielo aperto. Diamante (Cosenza) è definita una tela a cielo aperto per la presenza delle tante opere presenti. In Puglia, invece, nella città di Grottaglie (Taranto), veniva festeggiato il Fame Festival in cui accorrevano le più grandi personalità del mondo della street art. Palermo nasconde le opere di Julieta che realizza per lo più bamboline dai tratti orientali oltre a una lunga serie di murales di artisti locali. Mentre a Firenze si trovano gli originali lasciti dell’artista francese Clet, che non si dedica ai murales, ma a reinventare in chiave ironica i cartelli stradali. A Campobasso ogni anno prende vita il festival Draw the Line, un evento dedicato totalmente al mondo degli writer, i quali collaborano per ridipingere e ridisegnare il tessuto urbano cittadino.

In questo senso l’Italia dei borghi – che rappresenta il 69,7% delle municipalità italiane (5.552 comuni al 2018) e governa oltre il 50% dell’intero territorio nazionale – offre per Legambiente numerose esperienze di innovazione che disegnano i contorni di un possibile cambio di passo verso un futuro di benessere e sostenibilità, capace di disegnare un argine allo storico abbandono, invecchiamento e spopolamento dei piccoli centri. Considerando che in questi luoghi si conta al 2030 un anziano ogni tre persone e tre anziani per ogni bambino, ma anche una casa vuota ogni due occupate: solo il 15% di quelle disponibili ospiterebbero 300mila abitanti, e le opere di adeguamento edilizie potrebbero valere due miliardi di euro nella rigenerazione e decine di migliaia di nuovi addetti. Inoltre, utilizzando un quarto delle superfici coltivate abbandonate negli ultimi 20 anni, avremmo 125mila nuove aziende agricole di 12 ettari ciascuna, assecondando un già marcato ritorno all’agricoltura di eccellenza italiana. Solo puntando sul 15% del patrimonio abitativo disponibile si potrebbero ospitare 300mila nuovi cittadini e invertire il tragico calo demografico a cui sono condannate queste aree, oltre a produrre con opere di adeguamento due miliardi di euro di giro di affari nel settore della rigenerazione urbana e 30mila nuovi addetti da impiegare. Senza considerare che se i posti letto disponibili e potenziali fossero utilizzabili secondo la media italiana del 21,9% a fronte dell’attuale 18,2% dell’Italia interna, il settore svilupperebbe un fatturato indotto di 1,84 miliardi di euro e un’attivazione di circa 33.400 mila unità di lavoro. Un’attrattività confermata anche dai dati sulla densità imprenditoriale, che nei piccoli comuni è di 10,4 imprese per 100 residenti contro una media del Paese di 8,5. E un interessante segnale di vitalità proveniente dal segmento delle piccole città storiche è anche la concentrazione dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro: 17,3% rispetto a una media nazionale del 16,9%.

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