Un disabile durante un colloquio di lavoro - Archivio
L'inclusione sta diventando sempre più una questione determinante per le aziende e per i lavoratori. In particolare per l'inserimento dei disabili. Una scelta inclusiva da parte delle imprese, infatti, può portare dei vantaggi un po' a tutti. E non soltanto per una questione di immagine o economica, considerando gli incentivi destinati a chi assume gli appartenenti alle fasce più deboli e fragili della popolazione. In Italia sono circa 2,8 milioni (il 10,7% del totale) le famiglie che hanno un componente con disabilità, la cui presenza comporta una minore partecipazione al mercato del lavoro. Tra le persone di 15-64 anni con limitazioni gravi gli occupati sono un terzo (media 2020-2021), ossia la metà rispetto alla popolazione senza limitazioni. Lo rileva l'Istat nel Rapporto annuale 2022. Il divario di occupazione si riflette anche a livello familiare: tra i 35-64enni che vivono con persone con disabilità gli occupati sono solo il 58,6% contro il 69,4% di chi non ha conviventi con limitazioni. Nel 2019, le famiglie in cui sono presenti persone con disabilità hanno un reddito medio disponibile di circa il 5% inferiore a quello delle altre famiglie e in circa la metà dei casi ricevono trasferimenti economici; senza tali trasferimenti il rischio di povertà tra le famiglie con persone con disabilità salirebbe dal 20% al 32,8%. Ben un quinto delle persone con limitazioni gravi si dichiara in cerca di occupazione (contro il 13,5% delle persone senza limitazioni) e oltre un quarto se hanno tra 25 e 44 anni (contro il 16,4%). Tra le donne con limitazioni gravi la quota delle disoccupate è simile a quella registrata tra le donne senza limitazioni (13,6% rispetto a 12,2%), mentre molto più elevata è la quota di chi si dichiara inattiva (41,3% rispetto a 25,7%), a indicare sintomi di un marcato scoraggiamento nella ricerca di occupazione. Alle pre-esistenti difficoltà, strutturali e non, del sistema scolastico nel gestire la disabilità, negli anni più recenti si sono aggiunte le problematiche legate all'emergenza sanitaria. Tuttavia, nell'anno scolastico 2020-2021 l'inclusione nella vita scolastica dei giovani con disabilità è decisamente migliorata: la quota di esclusi, pari al 23% l'anno precedente, è scesa al 2% (al 3% nelle scuole del Sud, con i massimi del 4% in Calabria e Campania). Sono quasi 7mila i ragazzi con disabilità esclusi dalle lezioni on line. Tra le motivazioni che ne hanno determinato l'esclusione le scuole segnalano più frequentemente: la gravità della patologia, il disagio socio-economico e la difficoltà organizzativa della famiglia, la mancanza di strumenti tecnologici adeguati.
La cultura dell'inclusione entra in azienda
Tuttavia l'atteggiamento delle aziende nei confronti della diversità, dell'equità e dell'inclusione sul posto di lavoro sta rapidamente diventando una questione fondamentale per i lavoratori. Lo rivelano i dati della ricerca People at work 2022: a global workforce view”, redatta ogni anno dall’Adp Research Institute. L’indagine si è svolta su circa 33mila lavoratori in 17 Paesi, di cui circa 2mila in Italia. Un dipendente italiano su 4 (23%) ritiene che la propria azienda abbia implementato negli ultimi tre anni una politica contro il divario retributivo di genere, a favore di diversità e inclusione. Nonostante ciò, secondo il giudizio dei lavoratori rimane un 46% di aziende che sostiene l'importanza di queste politiche, ma non ne ha mai implementata una. Secondo il 19% degli intervistati, la situazione è addirittura peggiorata dal 2019. A dimostrazione di ciò, lo studio ha rilevato che tre quarti (75%) dei dipendenti, prenderebbero in considerazione la possibilità di cercare un nuovo lavoro se scoprissero l'esistenza di un divario retributivo di genere iniquo o l'assenza di una politica di diversità e inclusione nell'azienda. Sebbene questa percentuale sia prevalentemente composta da donne (78%), gli uomini non sono da meno (72%), e i dipendenti più giovani sono tra i maggiori sostenitori di tali politiche (85% tra i 18 e 24 anni, contro il 61% degli over 55). Secondo circa la metà dei dipendenti, nelle loro aziende il personale è eterogeneo dal punto di vista etnico (48%) e di genere (57%). Tuttavia, questa percentuale scende drasticamente in tutto il mondo per quanto riguarda la rappresentazione delle disabilità: solo il 40% sostiene sia equa. Considerando che un miliardo di persone, o circa il 15% della popolazione mondiale, convive con una qualche forma di disabilità (secondo l'organizzazione benefica Add International), il problema non deve essere ignorato.
Intanto Omnicom PR Group Italia ha presentato la prima ricerca su DE&I-Diversità, equità e inclusione che analizza il livello di percezione e consapevolezza su questi temi tra popolazione generale e lavoratori. Solo il 49.6% della popolazione italiana afferma di essere ben informato su questi temi (il 7% non lo ha sentito affatto nominare nel dibattito pubblico), mentre la conoscenza è superiore nelle aziende dove la percentuale raggiunge il 53,7%. Allo stesso tempo, dalla ricerca emerge che il 65,8% della popolazione concorda che ci sia molta diversità in Italia. Un maggior livello di diversità è avvertito dai meno giovani (55-65enni: 72%) e dagli abitanti dei piccoli comuni (72% nei comuni con meno di 10mila abitanti). Per la fascia 18-24enni il livello di diversità percepita cala drasticamente sotto la media (59%). Secondo i risultati della ricerca, al primo posto ci sono le “diversità” legate agli aspetti di identità sessuale e di genere, mentre al secondo posto emerge il tema dell’origine e della cultura, con argomenti spesso al centro di dibattiti importanti come il colore della pelle, l’etnia o il Paese di origine. Nella classifica si inseriscono anche abilità/disabilità, mentre vengono citati sensibilmente meno punti come la religione e lo status sociale. Solo il 15,5% pensa alle differenze di generazione o fascia di età. Da quanto emerge dalla ricerca, lavorare in azienda cambia l’atteggiamento individuale: la percezione di opportunità positiva è superiore presso i lavoratori e in alcuni casi, come il tema del genere e l’identità sessuale, le differenze a livello di aziende confrontate con la popolazione generale sono fortemente marcate. La diversità, in tutte le sue manifestazioni, crea opportunità per il 60,1% dei lavoratori in Italia; è soprattutto rilevante per le donne (65% vs uomini 56%) e per i più giovani (18-34enni: 66% vs 55-65enni: 55%). Anche il tema dell’equità è stato percepito dai lavoratori con più ottimismo: in azienda le condizioni di partenza contano molto meno per poter raggiungere uno ‘stato’ superiore. Oltre il 75% dei lavoratori crede l’equità in Italia sia “molto o abbastanza” garantita dalla meritocrazia. Per quanto riguarda il tema dell’inclusione, sia a livello di popolazione che a livello di aziende, il campione dichiara di non sentirsi pienamente incluso in molti contesti individuali e lavorativi.
Secondo uno studio condotto da Indeed, invece, che ha preso in considerazione circa 500 recruiter e 1.000 lavoratori italiani, più di sei datori di lavoro su dieci dichiarano di “riconoscere e celebrare eventi che valorizzano e accolgono le diversità”. Allo stesso modo, il 60% dei lavoratori (con picchi del 64% nella fascia di età tra i 25 e i 34 anni) desidera lavorare per un’azienda che celebri l’uguaglianza e valorizzi la diversità come ricchezza. Del resto, l’85% dei partecipanti al sondaggio ritiene di fondamentale importanza che il proprio datore di lavoro sappia garantire l’uguaglianza e incoraggi le persone a essere veramente se stesse sul posto di lavoro.
Oggi sei aziende su dieci in Europa si impegnano a adottare politiche neutrali per la selezione del personale e a rispettare valori di parità, diversità e inclusione in fase di selezione. È quanto emerge da una ricerca condotta da Sd Worx, uno dei principali fornitori europei di servizi di gestione delle risorse umane e delle paghe, intervistando 4.371 aziende di tutte le dimensioni e attive in diversi settori. Tuttavia, quando si entra nel merito dei sistemi per monitorare e dare riscontro in merito agli obiettivi di diversità c’è ancora strada da fare anche perché i dipendenti sotto i 30 anni, gli ultimi arrivati sul mercato del lavoro, danno a questo una particolare importanza. L’Italia è in linea con la media europea con quasi il 62%delle aziende intervistate nel nostro Paese che applica una politica di selezione del personale neutrale. Anche in termini di uguaglianza di paga e condizioni di lavoro, indipendentemente dal genere, dall’età e dalla religione l’Italia è al 64%: anche questo significa che ben il 36% delle aziende trascura questo aspetto così importante. Di conseguenza, il 60% delle aziende in Italia dice di investire in formazione e di offrire opportunità di sviluppo interne all’azienda. Il punto è anche capire in che misura le aziende danno visibilità ai loro obiettivi e alle loro azioni. Circa la metà delle imprese intervistate, infatti, afferma di organizzare eventi e azioni di comunicazione su diversità, parità e inclusione. In Italia, la percentuale delle aziende che organizzano attività di questo tipo arriva quasi al 60%.
Le buone pratiche: dal progetto Lisa ai "FormidAbili" ai corsi gratuiti per barman
Dal 1° agosto 2020 a oggi circa 1.000 persone sono state orientate al lavoro, di cui 40 hanno avviato percorsi di inserimento lavorativo, mentre sono state circa 100 le persone con disabilità coinvolte in attività di promozione dell'autonomia individuale e questo grazie al lavoro di oltre 800 volontari della Croce Rossa. Sono stati organizzati anche 21 eventi, uno per Regione e Provincia Autonoma, e una campagna di comunicazione che ha raggiunto cinque milioni di persone, di cui oltre 15mila datori di lavoro. Per favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro sono stati realizzati nove eventi, conclusi più di 50 accordi di collaborazione nazionali e territoriali e creata una piattaforma di selezione che ospita 100 aziende/enti di formazione e che ha ricevuto oltre 3.500 richieste di iscrizione da parte di candidati. Sono i risultati del progetto Lisa (Lavoro-Inclusione-Sviluppo-Autonomia) della Cri sviluppato con il finanziamento del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Diverse le aziende e le realtà del Terzo settore che hanno già scelto di "stare con Lisa", come recita lo slogan del progetto. Tra queste: Cia - Agricoltori Italiani, Molini Pivetti, la Fondazione Human Age Institute, l'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, la Confederazione Aepi - Associazioni Europee delle Imprese e dei Professionisti e il consorzio Sale della terra. «La peculiarità del progetto Lisa - ha detto il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Andrea Orlando - sta nel fatto di avere nel lavoro la leva per il riscatto. L'inclusione lavorativa è fondamentale per consentire alle persone con fragilità di costruire un proprio percorso di indipendenza. È la stessa strada che stiamo percorrendo con il ministero. Il nostro obiettivo è consentire la giusta collocazione delle persone fragili nel mondo del lavoro: vogliamo che il nostro Paese abbia una rete di servizi che puntino sul rafforzamento della formazione e delle competenze».
Nei negozi di Leroy Merlin sparsi in tutt'Italia si sta sperimentando un progetto di inserimento lavorativo per persone con disabilità intellettive. Lo hanno chiamato I FormidAbili ed è nato dalla collaborazione tra (Ri)generiamo, l'azienda benefit fondata nel 2020 da Leroy Merlin Italia, l'associazione Bricolage del cuore, l'impresa sociale ConVoi Lavoro e la cooperativa Liberitutti. Il progetto prevede tirocini retribuiti della durata di 3-6 mesi finalizzati all'effettiva assunzione. Avviato in piena pandemia negli store di Fiumicino (Roma) e Moncalieri (Torino), oggi il progetto conta già 11 contratti di lavoro successivi ai tirocini, altri 27 tirocinanti avviati e ben 187 dipendenti formati come tutor. Sono 43 i punti vendita in cui è iniziata la formazione dei tutor sui 50 negozi presenti sul territorio italiano e, oltre ai tirocini avviati, ce ne sono altri dieci in procinto di partire. L'obiettivo di coinvolgere tutti gli store entro il 2022, quindi, non è lontano. A supportare l'azienda nel progetto, gli esperti di Abile Job, società torinese specializzata nell'inserimento lavorativo di categorie protette e soggetti svantaggiati. Tante e diverse le mansioni affidate ai tirocinanti e ai nuovi dipendenti di Leroy Merlin: si va dal riordino degli scaffali fino all'impiego in cassa, ma non è tutto. In una quindicina di negozi è stato avviato anche un progetto di cura del verde e ci sono stati anche i primi inserimenti nei bar dei diversi punti vendita grazie alla partnership con Fondazione Adecco e l'Associazione genitori e persone con sindrome di Down. A confermare le ricadute positive dell'iniziativa anche i risultati della valutazione dell'impatto sociale.
Diventare un barman professionista, capace di preparare cocktail, anche se cieco o ipovedente: un’opportunità in più di lavoro, di autonomia e di autorealizzazione in un’attività stimolante che potrebbe presto concretizzarsi grazie alla Mixology Academy. Insegnare a muoversi con abilità tra bottiglie e stoviglie al bancone di un locale quando si vede poco o nulla non è facile. Un primo esperimento si è tenuto sabato 25 giugno con un corso di quattro ore nella sede di Roma della Mixology Academy, in via Ostiense 230, organizzato dal direttore della sede Tiziano Serangeli in collaborazione con il direttore dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Aps onlus di Roma Giuliano Frittelli. Si tratta del riadattamento del classico corso di Barman base (di norma dura 40 ore). Lo staff era composto da un trainer ogni tre partecipanti in modo da dare la massima assistenza a ognuno. Al termine è stato dato a tutti un attestato cartaceo con "traduzione" in Braille. Questa prima esperienza è offerta gratuitamente con l’intenzione di poterne fare un percorso curriculare vero e proprio su misura della specifica disabilità, inserito nei programmi dell’Accademia. Per maggiori informazioni:
https://www.instagram.com/mixologyacademy; https://www.corsiperbarman.it/.