Per comunicare le dimissioni dal lavoro e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, occorre registrarsi al sito
www.cliclavoro.it e richiedere il Pin all’Inps. In alternativa, ci si può rivolgere a soggetti abilitati: patronati, sindacati, enti bilaterali e commissioni di certificazioni. L’operatività delle nuove regole è fissata dal prossimo
12 marzo, vale a dire per le dimissioni e le risoluzioni consensuali presentate a partire da tale data. A stabilirlo è il decreto ministeriale 15 dicembre 2015, pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale n. 7/2016 che approva il modulo da utilizzare, gli standard e le regole tecniche per la compilazione e la trasmissione al datore di lavoro e alla direzione territoriale del lavoro, in attuazione della riforma del Jobs act.Attualmente esiste una procedura piuttosto farraginosa che risale alla riforma del mercato del lavoro Fornero (legge n. 92/2012), per tutte le ipotesi di dimissioni e risoluzioni consensuali dal lavoro. Tale procedura, che cederà il posto a quella nuova dal prossimo 12 marzo, prevede, in sostanza, che una volta sottoscritto e presentato l’atto delle dimissioni oppure una volta sottoscritto la risoluzione consensuale, è necessario effettuarne la convalida amministrativa. Ciò è possibile presso la direzione territoriale del lavoro e presso il centro per l’impiego competenti per territorio; oppure presso le sedi appositamente individuate dalla contrattazione collettiva. In alternativa a questa procedura, l’atto (dimissioni o risoluzione consensuale) diventa pienamente efficace con la sottoscrizione di un’apposita dichiarazione da parte del lavoratore in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione al centro per l’impiego che è tenuto a fare il datore di lavoro (si tratta della c.d. «Co», la «comunicazione obbligatoria», telematica, che il datore di lavoro è tenuto a fare in caso di assunzione, trasformazione o cessazione di un rapporto di lavoro). E se il lavoratore si rifiuta? Può capitare che non ci sia la spontanea convalida oppure che il lavoratore si rifiuti di sottoscrivere la dichiarazione (non c’è sanzione!). In tale ipotesi, per mettere fine alla questione (altrimenti il rapporto risulterebbe per sempre “non chiuso”), il datore di lavoro deve invitare formalmente il lavoratore a fare la convalida entro 30 giorni dalle dimissioni. Fatto questo invito, scatta la decorrenza di un termine di sette giorni a disposizione del lavoratore per adempiere la convalida delle dimissioni oppure per revocarle: se tace per tutto il periodo, una volta spirato il termine, il rapporto di lavoro si ritiene correttamente risolto. Il dlgs n. 149/2015 (Jobs act) ha introdotto la procedura semplificata, almeno nelle intenzioni, operativa dal 12 marzo. La nuova procedura prevede che dimissioni e risoluzioni consensuali vanno fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal ministero del lavoro sul proprio sito internet e trasmessi, una volta compilati e firmati, sia al datore di lavoro che alla direzione territoriale del lavoro competente. A partire dal momento della trasmissione, il lavoratore ha sette giorni di tempo a disposizione per annullare l’operazione e, così, revocare la decisione di dimettersi. La trasmissione dei moduli potrà essere fatta anche per il tramite di patronati, sindacati, enti bilaterali o commissioni di certificazione. La nuova procedura non si applicherà al lavoro domestico, né alle dimissioni presentate durante il periodo di tutela della lavoratrice madre e/o del lavoratore padre, né alle risoluzioni consensuali sottoscritte in sede di conciliazione o avanti alle commissioni di certificazione (casi particolari di sottoscrizione della risoluzione consensuale). Il modulo consente tre opzioni:a) dimissioni;b) risoluzione consensuale;c) revoca. L’ultima scelta consente di revocare (appunto) la comunicazione (di dimissioni o risoluzione consensuale) precedentemente inviata, nel termine di sette giorni dalla data di trasmissione. Per effettuare la comunicazioni (quale che sia la scelta: dimissioni, risoluzione consensuale o revoca), il lavoratore può scegliere tra due diverse modalità operative:a) far tutto da séoppureb) rivolgersi a un «soggetto abilitato»: patronati, sindacati, enti bilaterali e commissioni di certificazione.Nel primo caso, la procedura prevede tre passaggi:1) prima di tutto, il lavoratore deve richiedere, se non ancora in suo possesso, il codice Pin all’Inps, che serve a garantire l’identità del soggetto che effettua l’adempimento (ciò al fine di evitare che possano agire terze persone per conto del lavoratore);2) in secondo luogo, il lavoratore deve registrarsi al sito “cliclavoro” del ministero del lavoro;3) infine, può procedere alla trasmissione online della comunicazione. Terminati i passaggi, il lavoratore avrà inviato la comunicazione di dimissioni o di risoluzione consensuale, ovvero la revoca di una precedente comunicazione, al datore di lavoro (che lo riceve nella propria casella di posta elettronica certificata) e alla direzione territoriale del lavoro.Rivolgersi a un soggetto abilitato è la via più semplice, a cominciare dal fatto che il lavoratore non deve essere in possesso di Pin dell’Inps, né della registrazione al portale cliclavoro: è il soggetto abilitato che si assume la responsabilità dell’accertamento dell’identità del lavoratore che richiede la trasmissione del modulo.