mercoledì 12 ottobre 2022
I leader del continente pronti a fare fronte comune sulla difesa di gas, petrolio e carbone, anche per l’alta domanda proveniente dall’Europa. Comunità a rischio per il cambiamento del clima
Lavoratori in una miniera di carbone

Lavoratori in una miniera di carbone - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Mentre i contadini e le comunità locali africane sono sempre più vittima del cambiamento climatico, la classe politica del continente nero pensa a come sfruttare economicamente la crisi energetica globale, andando a monetizzare risorse inquinanti invece di puntare su uno sviluppo più sostenibile. L’Africa, il continente che più di altri subisce le conseguenze del cambiamento climatico, non intende abbandonare i combustibili fossili. Convinti che questi ultimi siano vitali per la sicurezza energetica (e, dicono molti osservatori, per ungere le tasche delle élite locali), i politici africani sono pronti a sfruttare la conferenza sul clima del prossimo mese in Egitto, la Cop27, per sostenere una posizione comune, quella che vede i combustibili fossili, i più inquinanti, come necessari alla crescita delle loro economie e dell’accesso all’energia elettrica per tutti.

In tempi di crisi energetica globale, e senza che si intraveda una fine per il conflitto in Ucraina, l’Africa sa di avere nei Paesi europei un mercato importante. Anche per questo, non intende porre limiti alla sua produzione di carbone, petrolio, gas. Il continente pesa per meno del 4 per cento sulle emissioni inquinanti globali, un’inezia rispetto a giganti come Stati Uniti, Cina, India. È anche per questo che i suoi governanti ritengono di avere «spazio» per la loro quota di inquinamento, soprattutto se questo si traduce in maggiori incassi. Il tutto, però, a discapito della sostenibilità ambientale e delle ricadute su territorio e comunità locali, che già subiscono ogni anno gli effetti devastanti di siccità e inondazioni.

La posizione africana, criticata dai gruppi ambientalisti, è stata riassunta nei giorni scorsi dalla commissaria dell’Unione Africana (Ua) per le infrastrutture e l’energia, l’egiziana Amani Abou-Zeid: «La nostra ambizione è quella di avere economie in rapida crescita, competitive e industrializzate», ha dichiarato la massima funzionaria dell’energia per il continente. Via libera quindi a carbone, petrolio e gas e forte ipoteca sulla Cop27 di Sharm-El-Sheikh, quando il mondo sarà chiamato a un passo in avanti rispetto agli impegni presi un anno fa a Glasgow. Compresa, rimproverano gli stessi africani, la promessa di 100 miliardi di dollari all’anno per i Paesi in via di sviluppo. Un recente documento tecnico dell’Unione Africana sottolinea che «i combustibili fossili, in particolare il gas naturale, dovranno svolgere un ruolo cruciale nell’espansione dell’accesso all’energia moderna».

I leader africani citano sì spesso le rinnovabili, e di progetti in questo settore è ricco il continente, ma sottolineano che dalle energie inquinanti non si può prescindere. Circa 600 milioni di persone nell’Africa sub-sahariana vivono senza energia elettrica. Il continente è un hub ideale per il solare e l’eolico, ma, secondo i critici, molti investimenti hanno contribuito a nutrire una élite corrotta, senza effetti positivi nella lotta alla povertà e nell’accesso alle risorse energetiche. In Angola e Nigeria, Paesi leader della produzione petrolifera nel continente, secondo Banca mondiale solo il 40 e il 57% della popolazione, rispettivamente, hanno accesso all’energia elettrica. I leader africani pensano però ora soprattutto a monetizzare le loro risorse, potendo contare su una domanda, da parte dell’Europa, sempre in crescita. «L’Africa si è svegliata e sfrutteremo le nostre risorse naturali», sottolinea il ministro dell’Energia ugandese Ruth Nankabirwa Ssentamu.

Allo stesso tempo, il continente reclama maggiori fondi per l’adattamento agli eventi climatici più devastanti. «La finanza di mitigazione (del cambiamento climatico, n.d.r.) sta ricevendo più attenzione di quella per l’adattamento», avverte il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, presidente designato della Cop27. La stessa designazione di Shoukry e non della ministra dell’Ambiente egiziana Yasmine Fouad, lei sì molto esperta di cambiamento climatico, rivela che lo stesso Egitto, padrone di casa, potrebbe provare a orientare la Conferenza oltre gli stretti temi ambientali, in un discorso più complesso riguardante risvolti energetico-diplomatici, con risultati imprevedibili.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI