La situazione dei centri commerciali italiani appare meno ingessata rispetto al 2014, anno ‘nero’, che ha fatto registrare una pesante caduta delle aperture, solo sei contro le otto del 2013. E non solo perché il mercato in generale dà timidi segnali di ripresa - il trend totale mercato centri commerciali è sempre in flessione, -2,15% a settembre 2015 vs stesso periodo 2014, in recupero dello 0,57% -, ma anche perché si attende l’apertura sei nuovi shopping center di piccole dimensioni (rating BBB) entro l’anno e di 28 tra il 2015 e il 2018. Quanto alla pipeline delle aperture 2015-2018 di centri commerciali, retail park e factory outlet ne sono previste 76, di cui 14 di categoria tripla B. La sfida del prossimi anni riguarda anche l’ampliamento di 14 centri esistenti, aree considerate obsolete che per rimanere al passo dovranno affrontare importanti opere di riqualificazione. Queste le evidenze della ricerca
Overview retail real estate e focus sui centri commerciali BBB condotta dalla società di consulenza Reno per Confimprese.«Nel 2014 – afferma
Mario Resca, presidente di Confimprese – il canale centri commerciali appariva stagnante e la massa critica era l’unico strumento adottato per traghettare il sistema fuori dalle turbolenze del mercato. Oggi a distanza di un anno, è doveroso mettere in luce gli sforzi fatti dal sistema nel complesso per uscire dalle secche e intraprendere una svolta positiva. C’è una maggiore propensione all’azione e soprattutto all’anticipazione, dettata anche dalla crescente necessità di conquistare quote di clientela altrui per sostenere i centri. Le novità più salienti riguardano gli ampliamenti degli spazi commerciali, la ridefinizione degli spazi interni da merceologie basso performanti o poco richieste a merceologie trainanti, l’ammodernamento delle gallerie commerciali. Non a caso delle 38 nuove aperture previste per il 2016, 19 saranno di tripla B».Quanto ai centri commerciali BBB (parametri Reno definiti su Icsc, international council for shopping centers), di cui il database Reno ne conta 105 che rappresentano l’11% del totale mercato, hanno una Gla media di 26.500 metri quadrati, un bacino di utenza di 80-120 mila abitanti e 3.5-5 milioni di passaggi annui. Sono tipici delle comunità di area e piccole comunità di provincia o di quartiere. Sono caratterizzati da un peso rilevante dell’ancora alimentare, dalla presenza di ancore no food, da una galleria con un’offerta tendenzialmente ampia ma poco profonda (56 unità medie). I centri commerciali BBB del Sud e delle isole necessitano di superfici più importanti e un’offerta più ricca per sostenere i livelli di performance necessari all’inserimento nel cluster, mentre l’area di maggior peso è quella del Nord-Ovest, dove si concentrano 35 centri commerciali con una media di di 4.830 milioni di passaggi l’anno.«Quest’anno nei centri commerciali tripla B – spiega
Gian Enrico Buso, partner della società di consulenza Reno – abbiamo registrato notevoli variazioni rispetto al 2014, tra cui un ridimensionamento del comparto abbigliamento, dovuto prevalentemente alla chiusura di punti vendita in franchising o indipendenti, un ridimensionamento delle ancore alimentari e la ricommercializzazione su merceologie di servizio o di ristorazione. Novità anche nel merchandise-mix con uno spostamento dalla profondità all’ampiezza di offerta, meno concorrenti sulla stessa categoria e più categorie trattate, l’inserimento di categorie para-commerciali, in particolare ristorazione, entertainment e servizi alla persona, quali il medicale». «Un ultimo cenno va infine alla crosscanalità, che per il 60% degli italiani rappresenta una pratica comune – dichiara
Fabrizio Pezzoli, responsabile Osservatorio immobiliare Confimprese –. I trend in atto richiedono di ampliare il punto di osservazione: non si può parlare di location commerciali senza considerare l’impatto della crosscanalità sul processo d’acquisto del consumatore. È necessario che i retailer puntino a un ripensamento del punto vendita e della sua mission, perché i consumatori italiani stanno abolendo la separazione concettuale tra “fisico” e “digitale”: 4,8 milioni di persone acquistano online almeno dieci volte in un anno. Sono gli everywhere shopper, punto di partenza di un nuovo modo di pensare il mondo retail.