È cresciuto anche negli anni della crisi il numero di immigrati che hanno aperto un'impresa in Italia. Secondo Unioncamere-InfoCamere, nel 2015 le imprese individuali aperte da cittadini nati fuori dell'Unione europea sono aumentate di quasi 23mila unità, portando il totale di queste realtà a superare quota 350mila, il 10,9% di tutte le imprese individuali operanti in Italia. Cinque anni fa, a fine 2010, erano 100mila in meno. Il dato "assume ancora più significato considerando che il saldo complessivo delle imprese individuali lo scorso anno è stato pari a -0,1%".La presenza di piccoli imprenditori extra-Ue "si rivela particolarmente significativa nelle attività artigiane: oggi sono oltre 120mila, un terzo di tutte le micro-aziende di immigrati, con forti specializzazioni in settori economici quali i servizi alle imprese (dove il 23% è extra-Ue), il commercio (16,4%) e le costruzioni (15,2%)". La mappa della loro presenza sul territorio "vede ai primi posti Toscana, Lombardia, Liguria e Lazio (tutte con una rappresentanza di micro-imprese di immigrati superiore al 15% del totale delle imprese individuali regionali), con Prato che, dall'alto del 40,9% di imprese individuali con passaporto extra-Ue, si conferma la capitale virtuale dell'imprenditoria immigrata in Italia"."Per gli stranieri giunti in Italia - sottolinea il presidente di Unioncamere,
Ivan Lo Bello - aprire un'impresa è certamente un modo per integrarsi nel nostro sistema economico e sociale. Gli imponenti flussi migratori con i quali ci confrontiamo richiedono sicuramente politiche di accoglienza mirate. A queste, però, si possono affiancare strumenti e politiche di integrazione a basso costo quali quelle di supporto all'avvio dell'attività imprenditoriale. È questo un ambito nel quale le Camere di commercio giocano un ruolo importante".