La Cgil rilancia la sua iniziativa contro il Jobs act e, in particolare, contro la sostanziale abolizione dell’articolo 18. Nella Carta dei diritti universali del lavoro messa a punto dal sindacato – sulla quale dal 18 gennaio i lavoratori saranno chiamati a discutere in vista della messa a punto di una proposta di legge di iniziativa popolare – si propone infatti di tornare al reintegro del lavoratore in azienda in caso di licenziamento disciplinare ingiusto. Non solo: mentre prima della riforma del governo Renzi il reintegro era previsto solo per le aziende con oltre 15 dipendenti, ora la Cgil chiede di estendere il diritto anche alle più piccole. Sarebbero escluse da questa procedura, in caso di licenziamento senza giusta causa o giustificato motivo, solo le aziende con meno di cinque addetti, per le quali il giudice potrà decidere quale sanzione comminare (reintegro o risarcimento). Per i licenziamenti con motivo oggettivo (quello di natura economica, non legato alla condotta del lavoratore) considerati illegittimi la proposta prevede invece un sistema risarcitorio collegato alla retribuzione. «Non vogliamo rincorrere il passato – spiega il segretario confederale Cgil responsabile dell’Organizzazione,
Nino Baseotto – ma ricostruire un diritto del lavoro che, dopo gli ultimi interventi legislativi, non tutela la parte più debole».