Didattica a distanza "difficile" per tre milioni di ragazzi secondo l'ASviS - Ansa
La pandemia ha accentuato le debolezze strutturali del sistema educativo italiano, ampliando il divario con gli altri paesi europei. Come emerge dal Rapporto 2020 dell'ASviS, l'emergenza sanitaria ha impattato fortemente sull'Obiettivo 4 dell'Agenda 2030 "Istruzione di qualità". Durante i mesi del lockdown, infatti, circa 3 milioni di studenti di età compresa tra 16 e i 17 anni hanno avuto difficoltà a seguire le lezioni a distanza (Dad), soprattutto per mancanza o inadeguatezza dei dispositivi informatici. Una difficoltà che nelle regioni del Mezzogiorno ha coinvolto il 20% dei minori. Un fenomeno particolarmente grave che aumenta la probabilità di abbandono scolastico, soprattutto nelle fasce più vulnerabili della popolazione.
Il tema dell'istruzione è stato affrontato, in occasione della giornata internazionale dell'istruzione del 24 gennaio, dalla rete educAzioni, che coordina 10 reti nazionali, tra cui l'ASviS, che comprendono centinaia di associazioni, ordini professionali, sindacati, organizzazioni di società civile. In vista del Piano italiano di Ripresa e Resilienza (Pnrr), la rete ha avanzato una serie di proposte concrete e chiesto una maggiore collegialità nel dibattito. Nell’ultima versione del Piano disponibile, al tema dell’istruzione, inclusivo di scuola e università, sono destinati interventi per complessivi 22,2 miliardi di euro. Di questi 6,8 miliardi dedicati all’edilizia scolastica si aggiungono solo 13,5 miliardi dedicati ai percorsi educativi da 0 a 18 anni. Nonostante l’incremento rispetto alle prime ipotesi si tratta di una cifra insufficiente rispetto alla gravità dell’attuale situazione e al superamento dei gravi gap territoriali e sociali in questo campo. In particolare per quanto riguarda i servizi per la prima infanzia. Oggi in Italia solo un bambino su quattro frequenta asilo nido e materna, con forti differenze a livello territoriale. Tra le proposte l’estensione del tempo pieno per la scuola primaria e secondaria di primo grado.
«Di fronte alla crisi che ha investito i giovani e il mondo dell'istruzione – sottolinea il portavoce dell'ASviS, Enrico Giovannini - urgono politiche per recuperare il tempo didattico e di socialità perduto, per prevenire un ulteriore calo di competenze, contenere le disuguaglianze e tutelare la qualità educativa». L’ASviS chiede misure economiche e strategie organizzative e didattiche volte a contenere l'esplosione delle disuguaglianze. Tra queste una formazione iniziale aggiornata e un reclutamento tempestivo del personale docente, investimenti sull'edilizia scolastica (e universitaria), il rafforzamento dei "patti educativi territoriali" e una maggiore valorizzazione della scuola pubblica.La situazione del nostro Paese non era comunque soddisfacente anche prima dello scoppio della crisi. Dal 2014, dopo un progressivo miglioramento, si è registrato un calo della partecipazione culturale, delle competenze di base in lettura e del tasso di partecipazione alle attività educative dei bambini di cinque anni (-4,1 punti percentuali in 8 anni). L'Italia si trova ancora in una posizione di grave ritardo rispetto alla media europea per tutti gli indicatori analizzati, differenza che risulta particolarmente ampia per il tasso di istruzione terziaria, pari al 27,6% nel 2019 rispetto al 41,6% medio europeo. Oltre ad avere pochi laureati il nostro Paese ha anche per un basso tasso di occupazione dei neolaureati, pari al 56,5% rispetto a una media europea dell'81,6%, superiore solo a quello della Grecia.