Alcune tappezziere al lavoro - Archivio
L'artigiano italiano rimane un'eccellenza. Anche se le tante emergenze e il periodo di transizione costringono il comparto a trovare al più presto un rimedio a cavallo tra tradizione e innovazione. L'inverno demografico è la prima "grande emergenza" italiana e si ripercuote anche sulle micro e piccole imprese, che da qui al 2028 avranno bisogno di 1,7 milioni di lavoratori. Ma le difficoltà a trovarli sono "crescenti". Una situazione vissuta da molti settori e che riguarda da vicino le aziende artigiane, stando all'allarme lanciato dal presidente della Cna Dario Costantini. Anche l'Ufficio studi di Confartigianato fotografa oneri e ostacoli sulle aziende italiane, in particolare sui 4,6 milioni di piccole imprese che danno lavoro a 11,4 milioni di addetti. Il conflitto russo-ucraino, per esempio, dal 2022 a oggi, è costato alle imprese italiane 155,1 miliardi di euro. Ai 13,4 miliardi di mancate esportazioni verso Russia e Ucraina si sommano la perdita di 18,4 miliardi di export verso la Germania, 78,9 miliardi di maggiori costi per l’acquisto di energia dall’estero e 44,3 miliardi di maggiori oneri finanziari a causa dell’aumento dei tassi d’interesse per contrastare l’inflazione. In prospettiva, il protrarsi della crisi in Medio Oriente potrebbe determinare uno shock sui prezzi energetici con un impatto recessivo sul Pil dell’Italia per 18,8 miliardi di euro nel biennio 2025-2026. Senza dimenticare la pressione fiscale, che nel 2023 fa registrare 36,6 miliardi di maggiore tassazione su cittadini e imprese italiani rispetto all’Eurozona, pari a 620 euro pro capite in più. Al peso del fisco si aggiunge la batosta del caro-bollette: nel biennio 2022-2023 le piccole imprese italiane hanno pagato l’energia elettrica 11,8 miliardi in più rispetto alla media dei Paesi dell’Unione Europea. Non va meglio sul fronte della burocrazia: il 73% degli imprenditori italiani lamenta la complessità delle procedure amministrative, sette punti in più del 66% della media Ue. Inoltre, il 78% degli imprenditori si sente ostacolato dai continui cambiamenti legislativi, ben 14 punti percentuali in più rispetto al 64% della media Ue.
Eppure le imprese artigiane, che costituiscono oltre il 20% del tessuto imprenditoriale e il 15% degli occupati, sono state indicate più volte dal presidente Sergio Mattarella come fattore di identità e un pilastro della riconoscibilità del made in Italy. Riferendosi alla Costituzione, il capo dello Stato ha citato l’articolo 45 evidenziando che il favore costituzionale nei confronti dell’artigianato esprime un impegno per il lavoro autonomo, la crescita di una società inclusiva e la coesione sociale. Ha anche riconosciuto il ruolo cruciale dell’artigianato durante la pandemia, evidenziando come le piccole imprese abbiano contribuito a mantenere viva l’Italia in un momento di crisi. Per il presidente Mattarella, l’artigianato non è solo “antica gloria d’Italia”, ma è anche essenziale per affrontare le sfide contemporanee, come lo spopolamento delle aree rurali e la necessità di promuovere la territorialità.
Giovani e mestieri
A complicare la vita degli imprenditori è anche la carenza di manodopera. Un fenomeno in costante crescita, visto che a novembre le aziende di manifattura e servizi lamentano difficoltà a reperire il 47,9% del personale necessario (pari a 204.790 lavoratori), 2,8 punti percentuali in più rispetto al 45,1% del 2023. E mentre le aziende cercano lavoratori, i giovani non
cercano lavoro. Secondo il rapporto di Confartigianato i giovani inattivi tra 25 e 34 anni sono 1.495.000, un numero che assegna all’Italia il primato negativo nell’Ue con un tasso del 24,2%, a fronte del 14,1% della media Ue. Superiore al resto d’Europa anche il cuneo fiscale sul lavoro. In Italia è pari al 45,1%, 3,5 punti in più rispetto al 41,6% della media dei 22 Paesi avanzati membri dell’Ue e 10,3 punti in più rispetto alla media dei Paesi Ocse.
Tuttavia gli under 35 non hanno dubbi: a un impiego tradizionale, ripetitivo, imprigionato in gerarchie, preferiscono un lavoro libero e creativo. È quanto emerge da una ricerca del Censis per Confartigianato sulla percezione del lavoro da parte delle nuove generazioni che mostrano sempre più interesse a occupazioni con orari flessibili, creative, con opportunità di apprendimento. Secondo l’indagine, l’80% dei giovani tra 18 e 35 anni non considera il lavoro il fulcro della propria vita e il 91% ritiene invece prioritario avere tanto tempo libero per sé, per la famiglia e per coltivare le proprie passioni. Tra lavorare per vivere e vivere per lavorare gli under 35 scelgono quindi decisamente la prima opzione: il 61,2% vede, infatti, il lavoro come una necessità per soddisfare bisogni materiali, mentre solo il 38,8% pensa che sia un modo per realizzarsi. Dietro a questo approccio c’è il rifiuto di un posto ‘qualunque’ e l’aspirazione ad un’occupazione motivante e coinvolgente che rispecchi interessi e valori personali. Infatti, l’87,9% dei giovani intervistati dall’indagine Censis/Confartigianato cerca un lavoro che offra libertà e spazio per l’innovazione e, per l’81,8% degli under 35, ciò corrisponde all’idea di avviare una propria impresa. Le attività imprenditoriali artigiane spiccano come un’opportunità di lavoro interessante, indicata dal 39,3% dei giovani, proprio per la possibilità di esprimere la propria creatività, concretizzare idee e progetti, operare in autonomia, realizzare prodotti unici, belli e ben fatti e portarli nel mondo. Ma il 51,5% dei giovani vede l’avvio di un’impresa come un sogno proibito, soprattutto a causa delle difficoltà burocratiche.
Il sostegno ai "futuri" artigiani
Per aiutare i giovani a superare timori e ostacoli e a costruirsi un futuro da imprenditori, Confartigianato ha avviato l’iniziativa L’artigianato che ci piace, un ciclo di incontri che punta a far esplorare ai ragazzi il valore delle competenze manuali nell’era digitale, l’importanza dell’innovazione nel settore artigiano, l’orientamento e la formazione professionale, le opportunità offerte dall’apprendistato per l’inserimento nel mondo del lavoro, il passaggio generazionale in azienda. «Con questo format che portiamo in tutta Italia – sottolinea Marco Granelli, presidente di Confartigianato – mostriamo concretamente ai giovani quanto l’artigianato contemporaneo può soddisfare la loro voglia di esprimere talento, indipendenza, di intrecciare tradizione e innovazione, manualità e digitale e li guidiamo in un percorso che può sfociare nella creazione di un’impresa di successo».
Anche la tecnologia può offrire un sostegno. Non soltanto le macchine e l'intelligenza artificiale, che poco a poco sono andate a inserirsi nei processi industriali, utilizzati per incrementare la produzione e velocizzare l'esecuzione dei lavori. Si parla di processi che vanno dal trattamento della plastica a quello del legno, passando per la lavorazione di metalli, oli, petroli. Il digitale, a sua volta, sta avendo un ruolo rilevante nel modificare il mondo del lavoro del futuro, introducendovi processi informatici, meccanismi di e-commerce, sviluppo del web design, utilizzo dei servizi video, diffusione di stampanti 3D per dare vita a idee o progetti maturati in digitale. Il digitale, applicato al lavoro da artigiano, deve in ogni caso continuare a mantenere un rapporto diretto, uno a uno, tra chi produce un bene e chi decide di acquistarlo. Non tutti i mestieri del futuro potranno dirsi attinenti all'ambito artigianale, così come non tutti i lavori potranno essere ricondotti a lavori di bottega.
E proprio per favorire l'ingresso dei giovani nelle aziende, la Cna ha promosso «due milioni di ore di formazione per mestieri sempre più avanzati tecnologicamente», un corridoio professionale con l'Egitto e protocolli per l'inserimento di giovani svantaggiati, mentre a breve verrà firmato un altro protocollo con il ministero dell'Istruzione e del Merito per sensibilizzare i giovani verso il lavoro artigiano. Proprio il ministro dell'Istruzione Giuseppe Valditara ha rimarcato come sia «decisivo l'orientamento» dei giovani e difeso «l'alternanza scuola-lavoro», così come la riforma dell'istruzione tecnico-professionale, che «va incontro alle esigenze di colmare il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro».