Manager italiani sempre più globetrotter. Negli ultimi 5 anni, anche per la spinta della crisi, sono cresciute del 50% le posizioni ricoperte da italiani in imprese di altri paesi. In totale i manager tricolore impegnati oltreconfine sono circa 4.000, di cui circa il 75% nell’Europa Occidentale.È quanto emerge da una survey condotta da Amrop, primo gruppo indipendente al mondo di executive search, presente in 50 Paesi.«La presenza di italiani fra i manager che lavorano al di fuori del proprio paese resta limitata, intorno al 3% del totale - osserva
Walter Gai, partner di Amrop -. Bisogna considerare che molte posizioni sono riservate a persone della nazione che ospita la casa madre».Dove sono impegnati i manager tricolore? Circa tre quarti lavorano in Europa occidentale, in particolare Francia, Gran Bretagna, Svizzera e Germania. Ma cresce la presenza in Est Europa (10%), Sudamerica (6%) e Nord America (5%).La novità degli ultimi anni sono gli sbarchi in Oriente (5%): soprattutto Cina e India.Quasi due terzi dei manager italiani che si affermano a livello internazionale ha alle spalle una carriera tricolore nelle vendite o nel marketing. Ma è significativa anche la presenza di uomini e donne provenienti da amministrazione e finanza (17%) o da produzione e operations (13%). I direttori generali che varcano i confini sono circa il 5%.Quali fattori favoriscono l’inserimento di top manager italiani nei ranghi internazionali? «I manager italiani che vanno all’estero hanno un solido curriculum di studi, una qualificata esperienza e le tradizionali doti di flessibilità, creatività, innovazione e cultura che ci contraddistinguono - sottolinea Gai -. La crisi ha spinto molti manager di valore a cercare opportunità qualificate all’estero».L’ascesa verso la stanza dei bottoni delle multinazionali, tuttavia, non è sempre facile. Amrop ha stilato un decalogo delle qualità che un manager deve possedere per impegnarsi nella “scalata globetrotter”. Occorre, ovviamente, una disponibilità a trasferirsi in diversi Paesi ogni 3-4 anni. Bisogna essere consapevoli che la trasferta è spesso “senza ritorno”. Ci sono grandi sacrifici da affrontare, specie per la famiglia. Alcuni manager scelgono di portare con sé partner e figli, altri mantengono la base in Italia e affrontano trasferte solitarie con viaggi periodici.Sul piano professionale, inoltre, occorre maturare un’esperienza variegata, ricoprendo diversi incarichi in differenti Paesi. È poi necessario assimilare a fondo la cultura della casa madre. «I top manager di una multinazionale devono diventare francesi se il quartier generale è a Parigi, americani se è a Chicago e tedeschi se è a Francoforte», conclude Gai.