Circa 900mila posti a rischio nei prossimi due anni e quasi 180 mila lavoratori già fuori ora dall'attività produttiva: sono i numeri dell'industria italiana ai tempi della crisi secondo il rapporto presentato ieri dalla Cisl. Dati che «tendono a crescere» e a fronte dei quali l'impatto delle misure varate dal governo «dovrebbe essere modesto in quanto i provvedimenti non modificano gli obiettivi della finanziaria» e rispettano «l'ortodossia del Patto di stabilità». La situazione dell'economia è tale, afferma Raffaele Bonanni, che deve spingere tutti a «un clima di concordia e collaborazione», come accade all'estero. Da noi invece «c'è sempre polemica» e «non servono né comportamenti come quello della Cgil che non fa mai un passo indietro» né «le chiusure del governo che nei fatti ha declinato la disponibilità al dialogo dell'opposizione», accusa il leader della Cisl. Il segretario giudica la manovra varata «un'opportunità» e plaude soprattutto alla rafforzata detassazione dei premi aziendali. Ma ritiene nel complesso «insufficiente il volume delle risorse messe in campo». Per questo l'esecutivo deve «convocare tutte le parti sociali e l'opposizione per discutere come far fronte a questa situazione». Un segnale questo anche per tentare di ricomporre la spaccatura tra Cisl e Uil e la Cgil, con quest'ultima che viaggia verso lo sciopero generale solitario. Per riaprire i canali del dialogo, Bonanni lancia la proposta di una battaglia comune del sindacato confederale per l'equità fiscale: «Serve un patto di legislatura per la restituzione fiscale», afferma il segretario, proponendo anche il nome dell'ex ministro Vincenzo Visco come superconsulente per «una revisione integrale del sistema» che oggi penalizza soprattutto i lavoratori dipendenti. Una proposta su cui arriva l'ok della Uil e che anche la Cgil accoglie a patto che si punti a ottenere risultati a breve termine. Dopo lo sciopero del 12 dicembre potrebbe partire un'iniziativa unitaria. L'allarme lavoro. Secondo il rapporto della Cisl «nelle ultime settimane si sono moltiplicati i segnali di difficoltà del sistema industriale, ben al di là delle ultime rilevazioni ufficiali, ferme ad agosto o settembre, prima cioè che la crisi finanziaria manifestasse i suoi effetti sull'economia reale». Colpisce la dinamica dei dati su cassa integrazione e mobilità, con numeri costante aggiornamento. La lista «non esaustiva di aziende e lavoratori coinvolti in situazioni di crisi e ristrutturazioni», ha spiegato ieri il segretario confederale Gianni Baratta ha superato le 179mila unità «contro le 20-25mila che stimavamo a giugno», e nemmeno comprende i lavoratori interinali e a termine a cui non viene rinnovato il contratto. La mappa della crisi che «sta duramente colpendo il tessuto produttivo nazionale» vede coinvolti nomi importanti come Fiat ed Alitalia, Guzzi, Lucchini, Riello, Electrolux, Antonio Merloni, Pininfarina e Bertone». Ma il malessere è diffuso nei distretti industriali (la lana a Prato, la seta a Como, le calzature nelle Marche, i mobili in Basilicata e Puglia). Tra i settori maggiormente in crisi ci sono anche la meccanica e l'abbigliamento, mentre a livello territoriale Piemonte, Lazio Campania e Basilicata e Sardegna «segnalano la maggior intensità di crisi strutturali». E anche in regioni relativamente meno esposte, come la Lombardia in soli tre mesi è quasi raddoppiato il numero dei cassintegrati nell'industria meccanica. A livello nazionale nei primi otto mesi dell'anno la cassa integrazione ordinaria è cresciuta di oltre il 24% sul 2007. In sostanza, secondo le stime Cisl, «oltre il 5% dell'occupazione industriale è oggi coinvolta in situazioni di crisi». «In mancanza di politiche anticicliche efficaci " afferma il rapporto " nei prossimi due anni ci sarà una riduzione del Pil» e la «recessione provocherà una selezione di tipo darwiniano» sui mercati. Da qui la previsione della Cisl di «900mila di posti di lavoro a rischio» (compresi in questo caso anche gli atipici) nel prossimo biennio nella sola industria e nelle costruzioni. Posti che non necessariamente salteranno ma che la crisi rende oggi molto più fragili. Una stima che il ministro del Welfare Maurizio Sacconi giudica come troppo pessimistica definendola «l'ipotesi peggiore». A fronte dell'allarme lavoro la Cisl chiede maggiore flessibilità di bilancio (fino a un punto di Pil) rispetto ai parametri Ue. Risorse aggiuntive vanno impiegate per tamponare l'emergenza (secondo Bonanni i maggiori stanziamenti per gli ammortizzatori sociali sono positivi ma forse non basteranno) e sostenere l'industria, a partire dalle Pmi, con investimenti nelle infrastrutture e nel settore dell'energia.