Tanti sarebbero in grado di lavorare, ma ancora troppo pochi sono quelli che ci riescono: non esiste un censimento ufficiale dei lavoratori con sindrome di Down, ma quel che è certo è che i numeri sono ancora troppo bassi. Fondamentale, per colmare questa carenza, è il ruolo delle associazioni, che mettono in campo azioni e progetti per facilitare l'incontro tra aziende e potenziali lavoratori. A fare il punto della situazione, questa mattina, è stata l'Associazione italiana persone Down (Aipd), in occasione del convegno che si è svolto a Roma quale evento conclusivo del progetto Chi trova un lavoro trova un tesoro. I "numeri" degli inserimenti lavorativi sostenuti dall'associazione negli anni sono stati forniti da Monica Berarducci, responsabile del progetto e dell'Osservatorio sul mondo del lavoro dell'associazione. Quanti? In base all'ultima analisi condotta da Aipd nel 2019, «sono 221 i giovani della rete (il 13.4% circa del totale dei
maggiorenni) che lavorano con contratto a tempo determinato o indeterminato: 131 in più rispetto al 2013. Di questi, 165 sono assunti a tempo indeterminato, 47 a tempo determinato e 9 hanno un contratto di apprendistato». Guardando solo all'ultimo anno, «nel 2019 si sono concretizzate 23 nuove assunzioni a tempo indeterminato e 13 a tempo determinato, mentre sono stati realizzati 112 tirocini locali di una durata dai tre ai 12 mesi - ha riferito ancora Berarducci -. Complessivamente, 62 persone con sindrome di Down sono state inserite in stage brevi e tirocini dentro progetti nazionali ed europei». Per quanto riguarda in
particolare il progetto Chi trova un lavoro trova un tesoro, sono state avviate al lavoro «98 persone con sindrome di Dowmn e formati 43 operatori di 26 territori, in 14 diverse regioni». Dove? Per quanto riguarda i luoghi e gli ambiti di lavoro, «più del 70% degli inserimenti sostenuti dall'associazione è in aziende private o nel pubblico, il resto in cooperative sociali: dai bar ai supermercati, dall'accoglienza alberghiera agli uffici
pubblici, dai negozi ai salotti di bellezza, dagli aeroporti agli ospedali, tanti sono i settori in quei queste persone sono impiegate, contrariamente al pregiudizio in base a cui vengono immaginati per lo più nella ristorazione o nei lavori ripetitivi». Come? Ma quali accortezze e attenzioni richiedono questi lavoratori? «L'impegno adeguato per loro è un part-time di massimo 24 ore a settimana, con turni fissi, mansioni semplici, ma con ruoli anche di responsabilità - ha riferito ancora Berarducci -. Ciò che si rende necessario è una buona organizzazione del lavoro e dei compiti, la chiarezza dei ruoli e il riconoscimento del lavoratore in quanto tale».
Le nove azioni del "protocollo". Berarducci ha anche illustrato un vero e proprio protocollo, in cui sintetizza le nove azioni indispensabili per assicurare la buona riuscita di un inserimento lavorativo: nei confronti di aziende da un lato, famiglie, lavoratori e operatori dall'altro, sono necessari: «Informazione,
sensibilizzazione, accoglienza, valutazione, sostegno, orientamento, formazione, tutoraggio e monitoraggio». L'associazione offre poi sostegno alle aziende che accolgono tirocinanti o lavoratori con sindrome di Down: «Garantiamo ai datori di lavoro accompagnamento nella fase di valutazione e
selezione e nella definizione del rapporto di lavoro, informazione e sensibilizzazione sul tema, tutoraggio nei primi mesi, monitoraggio del servizio nei primi anni, disponibilità a consulenze senza limiti di tempo». Tanti ancora sono gli ostacoli lungo il complesso percorso dell'inclusione lavorativa delle persone con sindrome di Down: «I pregiudizi ancora diffusi rendo necessari un lavoro di sensibilizzazione e un accompagnamento nel rapporto tra lavoratore e azienda: in questo è cruciale il ruolo delle associazioni e dei servizi d'inserimento lavorativo», ha detto ancora Berarducci.
Ma cosa accade oltre i confini italiani? Con il progetto Valueable, promosso da Aipd, lo sguardo e l'azione si sono allargati in sei Paesi europei, coinvolgendo finora 103 aziende, che hanno aderito ai principi e agli obiettivi del progetto: Portogallo (19 aziende), Spagna (40), Germania (5), Italia (24), Ungheria (5) e Turchia (8). Ne ha parlato la coordinatrice del progetto, Paola Vulterini, che ha chiarito innanzitutto lo scopo: «Facilitare l'accesso delle persone con disabilità intellettiva alla formazione e all'inclusione lavorativa nel settore dell'ospitalità, attraverso partnership durevoli». Tra le azioni previste entro la fine del 2022, quando si concluderà la terza fase del progetto, c'è «la realizzazione di corsi Haccp in alta comprensibilità, per favorire e incrementare l'inserimento lavorativo nel settore della ristorazione, per il quale questa certificazione è indispensabile ma spesso inaccessibile a chi ha una disabilità intellettiva», ha spiegato Vulterini. «Quel che stiamo dimostrando, con questo progetto, è che assumere questi lavoratori non è solo una "buona azione", ma conviene all'azienda, in quanto migliora il clima lavorativo, si riduce la
conflittualità, come ci è stato riferito da diversi imprenditori. Inoltre, si incrementa la propria visibilità,
grazie agli strumenti che il progetto e la rete offrono».
Le nove azioni del "protocollo": «Informazione, sensibilizzazione, accoglienza, valutazione, sostegno, orientamento, formazione, tutoraggio e monitoraggio»
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