Sono stati presentati i risultati della ricerca
Active Ageing nelle aziende italiane, condotta tra marzo e giugno 2014 da Fondazione Sodalitas, Aidp (Associazione Italiana per la Direzione del Personale) e Università Cattolica del Sacro Cuore. La survey on line ha raggiunto gli Hr Manager di 150 imprese con più di 250 dipendenti, con l’obiettivo di mappare le politiche di Age Management elaborate e implementate e le relative valutazioni e percezioni.In Italia la popolazione sta invecchiando rapidamente. L’allungamento della vita e la persistente bassa natalità faranno sì che nel 2050 il 38,7% degli uomini ed il 43,9% delle donne avranno più di 60 anni, con un incremento di circa 17 punti percentuali rispetto al 2000. Questo andamento demografico, sommato agli effetti prodotti dalla recente riforma delle pensioni che ha innalzato l’età pensionabile collegandola alla speranza di vita, farà aumentare in modo significativo i lavoratori nelle fasce di età oltre i 55 anni, già aumentati di oltre 11 punti percentuali negli ultimi dieci anni. Cosa possono fare, concretamente, le imprese per mantenere la popolazione lavorativa attiva e produttiva più a lungo e aumentare il tasso di occupazione dei lavoratori senior? Qual è il reale grado di preparazione e sensibilità delle imprese su questo tema? Hanno preso parte alla rilevazione 150 imprese italiane prevalentemente multinazionali (38%), di dimensioni medio-grandi (il 40% conta più di 1.000 dipendenti) e appartenenti soprattutto al settore manifatturiero (60%). Il 55% dei dipendenti di queste imprese ha un’età media inferiore ai 43 anni; il restante 45% dei dipendenti ha un’età media superiore ai 43 anni.Gli over 50 sono visti come portatori, in azienda, di un patrimonio di professionalità ed esperienze preziosi. Dagli under 30, per contro, le imprese si aspettano maggiori apporti in termini di creatività, flessibilità e apertura al cambiamento.Il fatto che ai lavoratori over 50 siano riconosciute doti preziose per l’impresa non rappresenta comunque un’argomentazione sufficiente per la definizione e l’implementazione di politiche di HR dedicate.La ricerca ha infatti messo in luce che, nonostante l’83% delle imprese coinvolte nella ricerca abbia sviluppato almeno un’iniziativa di Age Management per i propri dipendenti senior, la realtà è che solo un’azienda su quattro si occupa di Age Management in modo sistematico, focalizzando il proprio impegno nell’ambito del welfare e del wellbeing più che sugli aspetti di gestione più strategici ed impattanti. La rilevazione ha individuato le sette issues attorno alle quali costruire le politiche aziendali di Age Management: ricambio e integrazione generazionale, outplacement, mobilità interna e sviluppo di carriera, benefit e incentivi, salute e benessere, training, selezione.La maggior parte delle iniziative messe in atto dalle imprese riguarda soprattutto salute e benessere (il 79% delle imprese e il 34% del totale delle politiche definite) e i benefit e gli incentivi legati all’anzianità aziendale (70% delle imprese e 20% delle politiche). Solo il 14% delle imprese ha implementato percorsi di mobilità interna o di sviluppo di carriera per i propri dipendenti senior; ancora più bassa (5%) la percentuale delle imprese impegnate in percorsi di outplacement (in questo caso prevale l’approccio case by case, senza una reale visione di sistema); nessuna azienda ha implementato politiche di selezione dedicate ai professionisti over 50, né ha pianificato di farlo nel prossimo futuro; il training e l’integrazione generazionale, infine, sono azioni al momento pianificate ma implementate solo in rari casi. Le imprese più avanzate tra quelle partecipanti (23%) dedicano relativamente più attenzione e iniziative agli ambiti più orientati all’occupabilità e alla motivazione dei dipendenti anziani (mobilità interna, formazione, integrazione tra generazioni, conciliazione vita-lavoro), rappresentando in questo senso un benchmark di riferimento.