L’indagine Adecco Work Trends Study è giunta alla sua quinta edizione in Italia (gli scorsi anni con il nome di Social Recruiting), coinvolgendo 2.742 candidati e 143 recruiter.
È stata condotta da Adecco, in
collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, a
livello internazionale su 26 Paesi, coinvolgendo un totale di 31mila candidati e 4.100 recruiter. Oggi, le attività di ricerca di lavoro da parte dei candidati e di ricerca di profili professionali da parte dei recruiter si svolgono per la maggior parte sul web, rispettivamente con l’80% e il 64%. In particolare, dal lato dei recruiter si riscontra un notevole incremento rispetto all’edizione passata, pari al 19% delle attività svolte, segno del fatto che ormai il recruiting si compie per mezzo di strumenti digitali. Si prevede un’ulteriore crescita dell’uso dell’online per queste attività fino al 71% nel 2016.Benché le bacheche di annunci online e le sezioni “Lavora con noi” dei siti aziendali ricoprano ancora un ruolo predominante, rispetto allo scorso anno cresce l’uso di LinkedIn e Facebook a scopo professionale, sia per i recruiter che per i candidati. I recruiter adoperano i social network principalmente per cercare candidati passivi (78,3%), verificare i cv ricevuti (75,5%) e la rete del candidato (67,1%), controllare i contenuti pubblicati (57,3%) e la digital reputation (50,3%). I candidati, invece, per cercare lavoro (51%), diffondere il proprio CV (50%) e creare o coltivare la propria rete professionale (49,2%), migliorare il proprio personal branding (46,2%) ma anche per cercare recruiter (42,8%) e controllare le pagine di potenziali datori di lavoro (47%). A trovare lavoro grazie ai social network è l’8,4% dei candidati (+1,4% rispetto al 2014). Chi cerca lavoro, inoltre, lo fa sempre più anche per mezzo dello smartphone (sei candidati su dieci), mentre solo quattro recruiter su dieci hanno cercato potenziali candidati tramite mobile. Confermata l’importanza dei social e professional network quando si tratta di reputazione online. Aumenta il numero di recruiter (35% rispetto ai 25,5% dello scorso anno) che dichiarano di aver escluso potenziali candidati dalla selezione in seguito alla pubblicazione di contenuti o foto improprie sui profili social.L’indagine si è posta l’obiettivo di cogliere quanto il fenomeno dello Smartworking sia diffuso e conosciuto in Italia. Il 67,7% dei candidati dichiara di non averne mai sentito parlare, così come il 28% dei recruiter. Lo smartworking, che è inteso dagli intervistati principalmente come flessibilità di luogo e di orario di lavoro, d’altra parte è presente in un’azienda su due. Tra i lavoratori, sebbene ancora poco consapevoli del fenomeno, lo smartworking sarebbe molto gradito: più della metà di loro infatti vorrebbe poter lavorare da fuori ufficio al fine di un migliore work life balance e di una maggiore possibilità di gestirsi in autonomia. Tuttavia, si ritiene che lo smartworking sia di difficile diffusione prevalentemente a causa della struttura e dell’organizzazione delle aziende (59,4%) e di una mancanza di investimenti nella gestione del cambiamento (51%). "I risultati dell’indagine – ha dichiarato
Andrea Malacrida, amministratore delegato di Adecco Italia – dimostrano come le aziende, dopo un’adozione progressiva del digitale ai fini del recruiting, stiano oggi sfruttando i social e professional network con obiettivi fortemente strategici e con una previsione di investimento futuro. La maturata consapevolezza delle potenzialità di questi strumenti digitali porta recruiter e candidati a incontrarsi su un ulteriore terreno comune. Anche per questo Adecco, nelle proprie attività di orientamento e formazione rivolte ai candidati come il Digital CV Check, offre supporto e consigli per accompagnare più efficacemente i candidati nel loro percorso di carriera”.