giovedì 7 marzo 2024
L'attivista iraniana in esilio a Londra: più potere alle donne, meno guerre. Così la cultura patriarcale ci ha allontanato dalla rappresentanza
Il premio Nobel Shirin Ebadi

Il premio Nobel Shirin Ebadi - .

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Teheran, per adesso, non cambia. È l’esito delle elezioni per il rinnovo del Parlamento tenute l’1 marzo. Le prime dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne arrestata e uccisa per non aver indossato l’hijab in modo corretto, che per mesi, da settembre 2022, ha portato in piazza decine di migliaia di persone. Soprattutto donne che al grido “vita e libertà” hanno sfidato il regime mostrandosi a capo scoperto. Agli scontri con la polizia sono seguiti 18mila arresti, quasi 600 vittime e migliaia di feriti. La sotterranea domanda di cambiamento della Repubblica islamica, guidata da più di 30 anni dall’ayatollah Ali Khamenei, è stata stroncata sul nascere. I Guardiani della Rivoluzione hanno infatti escluso dalle liste elettorali i leader del Fronte riformista. Intanto, il Paese, che è tra i maggiori produttori di petrolio al mondo, è allo stremo. Il Pil pro capite è crollato. Il tasso di inflazione è vicino al 50%, con i beni di prima necessità che subiscono periodici aumenti di prezzo. Milioni di iraniani vivono sotto la soglia di povertà e la disoccupazione giovanile supera il 15%. È l’effetto delle sanzioni imposte dall’Occidente amplificato da problemi come la siccità e la corruzione.

Dove c’è libertà, c’è pace. Non è uno slogan ma il mondo visto da Shirin Ebadi, giurista iraniana, premio Nobel per la pace del 2003. Era il 10 dicembre quando il mondo, ancora stordito dall’attentato alle Torri Gemelle, la vide salire sul palco della Oslo City Hall a testa alta e capo scoperto. Allora aveva 57 anni. Fu la prima donna musulmana a ricevere il prestigioso riconoscimento. Proprio lei: l’ex magistrata, oggi in esilio a Londra, prestata alla difesa dei diritti delle donne calpestati dal regime di Teheran.

Cos’è per lei la pace?

Pace è sentir suonare il campanello alla mia porta e scoprire che è un amico, non una guardia venuta ad arrestarmi. È poter indossare qualunque vestito abbia voglia di mettere addosso. È andare al ristorante senza dovermi sentire gli occhi addosso della folla che, fuori, mi guarda con invidia perché affamata. È svegliarsi la mattina felice di essere ancora viva, non vittima di un attentato.

L’ha perseguitata il regime degli ayatollah, eppure, continua a non tacere sulle violazioni dei diritti umani in Iran: cosa alimenta il suo coraggio?

La convinzione che ciò che faccio è giusto e necessario. Credo che la paura sia spesso causata dalla mancanza di fiducia nel proprio lavoro e nei propri obiettivi. Bisogna però essere consapevoli che anche le battaglie combattute con determinazione e coraggio hanno un prezzo. Quello che ho dovuto pagare io è molto alto. Ho fatto esperienza della prigione. Mi sono state confiscate le proprietà. Diversi sono stati i tentativi di uccidermi. E sono ancora perseguitata. Tuttavia non ho alcun rimpianto. Questo è il prezzo da pagare per la libertà e la democrazia.

Lei che è stata giudice e avvocato pensa che la pace possa essere vera senza giustizia?

È impossibile. Il grido di giustizia può rimanere in silenzio, forse, per una o due generazioni. Ma prima o poi esplode sollevando in rivolta le persone che l’hanno aspettata. È un bisogno che non può essere taciuto per sempre.

Cosa pensa quando, oggi, vede le donne imbracciare i fucili, per esempio, in Ucraina?

Di primo acchito rimango delusa chiedendomi perché impugnano armi piuttosto che abbracciare un bambino o sfogliare un libro.

È da sempre convinta che le ingiustizie sociali siano legate alla cultura patriarcale. Lo è anche la guerra?

Penso, sì, che se ci fossero più donne al potere avremmo forse meno guerre nel mondo. Ma questo è solo uno motivi all’origine dei conflitti. Che sono in gran parte ancora frutto di pregiudizi, di pura avidità e speculazione.

Perché le donne sono così poco, o per niente, coinvolte nei processi di pace?

Perché, ripeto, la cultura patriarcale le ha allontanate dalla rappresentanza. Le donne costituiscono la metà della popolazione di molti Paesi ma non le vedi quasi mai sedersi al tavolo delle trattative. Sono gli uomini che continuano a non considerarle importanti per la politica come dovrebbero.

Che cosa direbbe, se potesse farlo, a una donna violentata da Hamas per consolarla?

Mi dispiace. È la prima cosa che direi: è stato un atto orrendo, barbaro. Mi dispiace anche per i palestinesi uccisi in questa guerra. Vorrei a questo punto sottolineare pure quanto mi faccia male vedere il Qatar e il regime iraniano fornire armi ad Hamas. Spero che questo orrore finisca presto.

Quali parole di pace userebbe, invece, per convincere Putin a cessare il fuoco in Ucraina?

Putin è un dittatore. Lui non capisce neppure il significato della parola giustizia.

E che cosa vede nel futuro dell’Iran?

Vedo pace e prosperità che però verranno stabilite una volta che il popolo iraniano avrà raggiunto libertà e democrazia. Da questo dipende non solo il futuro del mio Paese ma quello dell’intera regione oggi lacerata dal conflitto.

Perché ciò avvenga che cosa sta facendo?

Il Defenders of Human Rights Center, l’associazione che avevo fondato anni fa e di cui è stata portavoce Narges Mohammadi, premio Nobel per la pace del 2023, è stata ufficialmente chiusa dal governo nel 2009. Il mio lavoro di promozione dei diritti umani, tuttavia, continua fuori e dentro l’Iran. Naturalmente è più difficile portare avanti iniziative sul territorio perché le autorità vigilano costantemente. Tutto deve essere clandestino. Tra i progetti che sto portando avanti dall’estero ce n’è uno proprio sul diritto umanitario. In pratica, facciamo formazione online proponendo un corso in cinque lingue diverse dal farsi. Curdo, turco, luri, beluci e arabo ovvero quelle parlate dalle minoranze. Abbiamo reclutato persone che traducono, talvolta simultaneamente, tutti i contenuti. E’ una soluzione che non ha precedenti.

Infine, che direbbe alle donne di tutto il mondo nella Giornata della donna?

In particolare, alle giovani, vorrei dire questo: abbiate fiducia in voi stesse, credete nei vostri sogni e inseguiteli senza avere paura delle sconfitte. Perché ogni caduta è preludio alla vittoria. È così che le aspirazioni si realizzano e volano.






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