NAIROBI (KENYA) Il cielo minaccioso promette pioggia. Sarebbe una vera benedizione per il Kenya, che come buona parte d’Africa sta soffrendo la sete. Nella parrocchia di St. Jude, nel quartiere di Riruta Satellite, alla periferia di Nairobi, la gente accorre di prima mattina per partecipare alla Via Crucis del Venerdì Santo. Portano gli ombrelli, ma serviranno per il sole, che presto riprende il sopravvento. Sulle strade di terra rossa di Riruta un serpente di fedeli si snoda tra nuvole di polvere sollevate dal vento. Si parte alle dieci. Padre Mbugua ricorda innanzitutto le vittime di Garissa. Il Venerdì Santo dello scorso anno era stato segnato dal dolore e dalla costernazione per i 158 studenti uccisi dai terroristi di al Shabaab, il 2 aprile. Tutto il Triduo pasquale era stato impregnato dal sapore atroce di quel massacro, perpetrato contro giovani innocenti. E anche la Pasqua era stata inevitabilmente una festa listata a lutto. Padre Mbugua ricorda anche i molti giovani che in questi anni si sono radicalizzati, rispondendo al richiamo di chi usa la religione come strumento di divisione e di scontro. La difficile situazione politica ed economica del Kenya non aiuta. Molti ragazzi crescono in contesti poveri e abbandonati, senza alcuna prospettiva. A Nairobi, più della metà della popolazione vive sul 6 per cento della terra. Questo significa che moltissima gente è ammassata in slum miseri e degradati, in condizioni di vita per nulla dignitose. Riruta Satellite – che pure non è il peggior quartiere di Nairobi – ne è un esempio: non una vera baraccopoli come Kibera o Mathare, ma pur sempre un enorme agglomerato di casupole raffazzonate con tetto di lamiera e qualche edificio a più piani che emerge qua e là. La Via Crucis procede tra file di bancarelle, negozietti, piccole officine, venditori di carbone, olio, polli, uova, chapati… E moltissime chiese. La strada principale è costellata di un’infinità di edifici, baracche, saloni o minuscoli spazi dalle denominazioni più disparate. George, che partecipa alla Via Crucis, non ci fa più caso: «È così ovunque. E per molti leader di queste sedicenti chiese è solo un business. Chiedono le offerte e poi se le intascano. È la povertà…». Ma è anche la corruzione. Uno dei temi su cui insiste padre Mbugua. E una delle parole più pronunciate in questo Paese. Corruzione è una costante a tutti i livelli: dal governo alle piccole faccende quotidiane. «Tutti rubano – conferma desolato Matthew –. Ma i poveracci che rubano poco, rischiano di essere ammazzati. Quelli che rubano tanto, la fanno sempre franca!». Anche i vescovi del Paese continuano a denunciare quella che è diventata una cancrena che erode la società keniana dal di dentro. Mettendo a rischio pure la sicurezza nazionale. «Preghiamo per il nostro Paese e preghiamo per la pace», insiste padre Mbugua. Ormai sono passate le due e la gente comincia a disperdersi. Tutti tornano all’inesauribile lotta quotidiana per la sopravvivenza.
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