sabato 31 agosto 2013
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Non potrà andare mons. Pietro Parolin, il 21 ottobre, a Chiampo, per la festa della Madonna della Grazie. All'invito di mons. Bernardo Pornaro, parroco della parrocchia più grande della diocesi vicentina, ha dovuto rinunciare per «impegni concomitanti». Ma ha assicurato la sua vicinanza con la preghiera. E, con umiltà, ha chiesto: «Ricordatemi alla Madonna».«Mons. Parolin è stato mio prefetto quando ero in seminario, era il 1977 – racconta don Enrico Bortolaso, parroco di Veronella -. È una persona di una semplicità disarmante. A Roma mi è capitato di andarlo a trovare ed è sempre stato molto ospitale. Come quella volta in cui ho accompagnato un gruppo di pellegrini del mio paese; è sceso a salutare e ha donato a tutti un rosario. Parlare con lui era una gioia, voleva sapere come andavano le cose in diocesi a Vicenza. Purtroppo, quando è diventato nunzio, ho perso i contatti. So che gli venivano affidate le situazioni più critiche in giro per il mondo. Nominare mons. Parolin Segretario di Stato è davvero una rivoluzione in positivo». «Eravamo 63 in seminario a Vicenza a frequentare il liceo, ma solo mons. Parolin e mons. Gasparini sono arrivati al sacerdozio – dice Giancarlo Lunardi, ex sindaco di Zimella -. Era un ragazzo pacato, molto riflessivo, squisito nei modi. E così è rimasto. Ho partecipato alla sua ordinazione episcopale e poi ci siamo scritti diverse volte. Per la sua esperienza in vari Paesi del mondo, ma anche per il suo carattere cordiale, credo proprio sia la persona giusta per un impegno così importante».
Un incarico che non è frutto di una vita improntata alla carriera, tutt'altro. «Un uomo semplice, che non si è mai vantato nonostante da anni ormai gli vengano affidati incarichi prestigiosi - conclude mons. Francesco Gasparini, direttore del Museo diocesano di Vicenza e suo compagno di teologia -. La nostra amicizia dura da quasi quarant'anni. Lo conosco bene. Ha sempre accettato quello che gli veniva proposto, perché fin da quando era studente, ha sempre detto che la sua meta era servire la Chiesa».​
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