Un momento della Via Crucis (Siciliani)
La croce passa di mano in mano. Mani giovani, come quelle degli autori delle riflessioni che accompagnano il cammino delle quattordici Stazioni. Mani che hanno sofferto, come quelle di una famiglia siriana e di tre religiosi iracheni. Mani di chi, come la bambina disabile della quarta Stazione, la propria croce l’abbraccia ogni giorno. Per loro e per tutti gli altri prega il Papa, quando alla fine il legno della tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo giunge fino a lui che ha seguito tutto in profondo raccoglimento. Prega con sentimenti «di vergogna e di speranza». E confessa, a nome di ognuno, innanzitutto la «vergogna di aver scelto Barabba e non te, il potere e non te, l’apparenza e non te, il dio denaro e non te, la mondanità e non l’eternità». La vergogna «perché persino alcuni ministri» di Dio «si sono lasciati ingannare dall’ambizione e della vana gloria».
La vergogna perché noi adulti stiamo lasciando ai giovani «un mondo fratturato dalle divisione dalle guerre; divorato dall’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati». In pratica la vergogna di aver perso la vergogna». Dice così uno dei passaggi più commoventi della preghiera, composta di persona, con cui papa Bergoglio conclude il rito, nella mite sera inoltrata di una Roma, che nonostante mille timori non rinuncia a stringersi intorno al Pontefice (in 20mila partecipano al rito, intorno all’Anfiteatro Flavio).
Anche la preghiera del Pontefice ha l’andamento di un cammino. Alla vergogna, subentra però «la scintilla della speranza, perché sappiamo – sottolinea Francesco – che la tua unica misura di amarci è quella di amarci senza misura». È l’approdo del “cammino” della preghiera del Pontefice. «La speranza perché il tuo messaggio continua a ispirare, ancora oggi, tante persone e popoli a che solo il bene può sconfiggere il male e la cattiveria, solo il perdono può abbattere il rancore e la vendetta, solo l’abbraccio fraterno può disperdere l’ostilità e la paura dell’altro».
Francesco ricorda che questa speranza vive nelle scelte dei giovani che si consacrano a Cristo contro la «la logica del profitto e del facile guadagno»; nel sacrificio dei missionari e delle missionarie che «continuano, ancora oggi, a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per servire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfruttati, negli affamati e nei carcerati»; e anche nella Chiesa «santa e fatta da peccatori» che continua «ancora oggi, nonostante tutti tentativi di screditarla, a essere una luce che illumina, incoraggia, solleva e testimonia» l’amore «illimitato» di Gesù per l’umanità.
Infine il Papa prende per mano i fedeli e li conduce ai piedi del Golgota. Proprio lì, ai lato del Cristo morente ci sono un esempio da evitare e l’altro da imitare. «Aiutaci, Figlio dell’uomo, – invoca papa Bergoglio – a spogliarci dall’arroganza del ladrone posto alla tua sinistra e dei miopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’opportunità da sfruttare, un condannato da criticare, uno sconfitto da deridere, un’altra occasione per addossare sugli altri, e perfino su Dio, le proprie colpe». «Ti chiediamo invece, Figlio di Dio –aggiunge riferendosi all’altro delinquente –, di immedesimarci col buon ladrone che ti ha guardato con occhi pieni di vergogna, di pentimento e di speranza; che, con gli occhi della fede, ha visto nella tua apparente sconfitta la divina vittoria e così si è inginocchiato dinanzi alla tua misericordia e con onestà ha derubato il paradiso».
Nel testo scritto distribuito ai giornalisti si parlava anche del pentimento, che «supplica» la misericordia di Dio. Come hanno fatto Davide e Pietro. Ma Francesco non ha letto questa parte in cui si parlava della «lebbra di odio, di egoismo, di superbia, di avidità, di vendetta, di cupidigia, di idolatria», dalla quale solo Gesù ci può liberare.
IL TESTO DELLA PREGHIERA
Il Papa, all’arrivo viene accolto dalla sindaca Virginia Raggi (che saluterà anche alla fine) e la Via Crucis inizia intorno alle 21,15 all’interno del Colosseo, rischiarato da una grande croce luminosa. Il primo a portare il legno è l’arcivescovo Angelo De Donatis, vicario del Papa per la diocesi di Roma. Sarà proprio lui, a riprenderla nell’ultima per consegnarla a Francesco. In mezzo tutti gli altri. I giovani allievi o ex allievi del liceo classico romano “Pilo Albertelli” la portano a coppie in sette Stazioni. Nella quarta, “Gesù incontra sua madre”, tocca a una bambina disabile, Alicia Perinelli, a un barelliere e due sorelle dell’Unitalsi, mentre nella settima il direttore di Caritas Siria, Riad Sargi, la moglie Rubia e i loro tre figli. Al momento della decima Stazione subentrano tre religiosi iracheni: padre José, dei Trinitari, con suor Leya e suor Genevieve, domenicane di Santa Caterina da Siena.
Mentre alla dodicesima è la volta della della famiglia di Andrea Monda, il professore che ha coordinato i ragazzi autori delle meditazioni. Alla tredicesima, invece, “Gesù è deposto dalla croce”, frate Antonio e frate Elivano, francescani di Terra Santa. Rivivono così, attraverso lo sguardo dei giovani i personaggi della passione. Veronica che va oltre le apparenze, il Cireneo, simbolo di quelli che si caricano la croce di altri, la Madonna che non ha mai perso la speranza. E alla fine è come se, idealmente, i giovani restassero a vegliare sotto la croce. Il professor Monda, al termine del rito, li presenta a uno a uno al Pontefice che li saluta con il suo sorriso paterno. Emozionati ma felici. Proprio le loro parole ieri sera hanno scandito il cammino dalla vergogna alla speranza.
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IL LIBRETTO DELLA CELEBRAZIONE
I giovani cruciferi
Tra i "cruciferi ci sano stati anche i giovani liceali che hanno scritto le meditazioni e il professore che li ha coordinati, Andrea Monda con la sua famiglia.
VALERIO, CHIARA, GRETA: PARLANO I GIOVANI CHE HANNO SCRITTO LE MEDITAZIONI di Giacomo Gambassi
I TESTI DELLE MEDITAZIONI
La suora irachena
La suora che ha portato la Croce è Genevieve Al Haday, religiosa irachena dell’ordine delle domenicane di Santa Caterina. La suora - informa il Sir - è scampata con altre sue consorelle alla violenza dello Stato Islamico che costrinse, nella notte tra il 6 e il 7 agosto 2014, circa 120mila cristiani a fuggire dalla Piana di Ninive fino ad Erbil, in Kurdistan, per trovare salvezza.
Il Sir ha raccolto la sua testimonianza: "Nella Croce che porterò sono riposte le speranze di pace del mio Paese e di tutto il Medio Oriente, il ricordo dei suoi martiri cristiani e anche le lacrime di solitudine di una anziana donna di Roma..." (LEGGI)
La famiglia siriana
La famiglia siriana che ha portato la Croce è quella di Riad Sargi, direttore esecutivo di Caritas Siria. «Noi abbracceremo - ha detto Riad al Vatican News - porteremo tutta la sofferenza del popolo, dei bambini, dei padri e delle madri del nostro Paese».