In cima a una collina a picco sul mare della costa tirrenica siciliana, da cui pare di accarezzare Lipari e Vulcano e abbracciare i Nebrodi, diventa più facile incontrare Dio. Sarà per questo che ogni anno un milione di pellegrini scelgono il Santuario di Tindari per riconciliarsi con se stessi e riscoprire la propria fede, tenuti per mano da una Madonna bruna dal fascino orientale, giunta in questo piccolo centro del Messinese mille anni fa da chissà dove, che si presenta al mondo con l’espressione del Cantico dei Cantici
Nigra sum, sed formosa.La Madonna nera che tiene in braccio il Bambino risalirebbe all’epoca delle Crociate, realizzata con fattezze tipiche della donna mediorientale, ha incuriosito per secoli storici e poeti, vescovi e fedeli, che solo oggi, dopo un coraggioso restauro nel 1995, voluto dall’attuale vescovo di Patti, Ignazio Zambito, è possibile ammirare guardando il suo vero volto.E lei, la Vergine che tiene in braccio il
Logos, è lì, nel Santuario costruito da Giuseppe Pullano, vescovo di Patti e inaugurato nel 1979 per accogliere i pellegrini che, soprattutto d’estate, si inerpicano per la collina su cui sorgeva l’antica
Tyndaris dei greci e dei romani, fondata nel 396 avanti Cristo e distrutta forse da un terremoto, poi risorta nel quinto secolo, divenendo sede vescovile. La piccola chiesa cinquecentesca non era più in grado di contenere i visitatori che da ogni parte della Sicilia e dell’Italia continuano a scegliere Tindari per pregare, chiedere protezione e ammirare il creato.Sul sagrato è un continuo scattare foto-ricordo, mostrare sorrisi e nasi all’insù per ammirare la facciata del Santuario. Ragazzi con lo zaino in spalla e il costume che sbuca fuori della maglietta, prima di un tuffo nel mare di Marinello, salgono sulla navetta che li porta davanti alla Madonna. Moltissime sono donne dell’Est Europa che lavorano nella zona.Nicola Antonazzo abita a Falcone: «Siamo molto devoti della Madonna di Tindari e quando possiamo veniamo qui su a pregare». «Oggi – dice la moglie, Margaret Mootien, originaria di Mauritius, ma da trent’anni in Sicilia – siamo qui perché è l’anniversario della morte di mio padre. Spesso preghiamo per i nostri cari, per amici che stanno male. Chiediamo alla Madonna di potere alleviare le loro sofferenze». Maria Amato arriva da Palermo, ha un’amica con un tumore, è qui in vacanza e non vuole perdere l’opportunità di inginocchiarsi davanti alla Madonna.«Perché questo è il Santuario della ordinarietà, non abbiamo miracoli vistosi e riconosciuti, anche se ci scrivono pure dall’Australia e dagli Stati Uniti per testimoniare eventi prodigiosi», spiega don Antonino Gregorio, 73 anni, dal 1995 rettore di questa «casa» mariana. Tanti sono gli «ex voto» conservati nella sagrestia del Santuario antico, i quadri che ricordano salvataggi da naufragi, le lettere: tutto confluirà in una mostra permanente che si sta realizzando nella cripta del Santuario nuovo.La popolarità di Tindari è indiscussa grazie anche ai programmi televisivi che ne hanno promosso il fascino e la storia. Così arrivano pellegrini da qualunque parte del mondo. In estate sono più numerosi i siciliani: migliaia di persone dei paesi del circondario percorrono chilometri a piedi, partendo di notte per raggiungere la cima di Tindari. In autunno e primavera è il momento dei pellegrinaggi organizzati dal Nord Italia, dall’Europa, perfino dal Giappone. Da aprile a ottobre è un flusso permanente.«Molti vengono da turisti, è vero – racconta don Gregorio che, assieme a don Emanuele Di Santo e alle suore Speranzine, è la presenza costante tra le mura del Santuario –. Ma per lo più la gente che arriva qui vuole confessarsi, comunicarsi, cambiare vita perché si trova l’anonimato e possono vuotare il sacco. Io ascolto molti giovani che non sono contenti della vita che conducono. Vedo persone che percorrono la salita in ginocchio in segno di penitenza. Tanta gente ci scrive per pregare perché si trova in difficoltà, perché ha perso il lavoro, perché vive condizioni di malattia, perché è preoccupata per i figli».Si respira un grande bisogno di Dio a Tindari. Non sono mancati i pellegrini illustri: dal patriarca di Venezia (e futuro papa Giovanni XXIII) Angelo Roncalli all’ex governatore dello Stato di New York, Mario Cuomo, a Giovanni Paolo II che il 12 giugno 1988 recitò l’atto di affidamento alla Madonna di Tindari.L’esperienza pastorale in un Santuario è molto particolare. «I Santuari sono le cliniche dello spirito, come diceva Paolo VI – osserva il rettore –. Le persone vengono per ringraziare, per incontrare Dio, ma le vediamo una sola volta. Così abbiamo instaurato uno stile di trasparenza e di accoglienza. E vedo che la gente apprezza e a volte ci scrive, dopo essere tornata a casa».