sabato 3 ottobre 2015
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Alla veglia di sabato 3 ottobre in piazza San Pietro si sono ascoltate anche le parole dei responsabili di Azione cattolica e di alcuni movimenti: Rinnovamento dello Spirito, Focolari, Comunione e Liberazione, Neocatecumenali. Di seguito i testi pervenuti in redazione. Intervento di Matteo Truffelli Presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana Siamo qui, questa sera, perché vogliamo pregare insieme per il Sinodo, vogliamo dire la nostra fiducia e la nostra gratitudine nei confronti dell’opera di discernimento che i padri sinodali saranno chiamati a compiere «cum Petro et sub Petro», vogliamo dire la nostra piena disponibilità ad assumere le indicazioni che emergeranno da questi giorni di grazia, e il desiderio di contribuire alla loro concreta traduzione nella vita quotidiana della Chiesa, delle famiglie, della società. Siamo qui perché vogliamo dire la bellezza della famiglia, la sua importanza per il mondo di oggi e per il futuro dell’umanità. Vogliamo dire che la famiglia ci sta a cuore. Ci sta a cuore la famiglia come forza moltiplicatrice della gioia, perché la gioia, da cristiani, vogliamo moltiplicarla. Una famiglia che sorride alla vita, che racconta senza bisogno di troppe parole la bellezza di una vita trascorsa insieme, una famiglia che faccia toccare con mano che vivere, amare, progettare e sognare insieme si può. E che le generazioni, i grandi e i piccoli, i genitori e i figli, possono raccontarsi a vicenda le meraviglie che la vita compie ogni giorno. Ci sta a cuore la famiglia come spazio di amore, di relazioni autentiche nel quale i dubbi e le paure più profonde possono trovare parola, le fatiche della vita possono essere comprese e accompagnate. Perché ciascuno, come i discepoli di Emmaus, ha bisogno di vedere accolte e ascoltate le domande profonde che abitano il proprio cuore. Ci sta a cuore la famiglia come luogo in cui si condividono le pesantezze, i momenti faticosi, e insieme con essi si gustano le gioie più autentiche. Ci sta a cuore la famiglia come esperienza di umanizzazione, una strada che può essere percorsa solo insieme, senza lasciare indietro nessuno, regolando il passo con quello di chi va più lento e di chi ha più pesi da portare. Ci sta a cuore una famiglia che sappia guardare con occhi sinceri dentro se stessa, per sanare le piccole e grandi ferite che la colpiscono, la rendono fragile, la fanno chiudere in se stessa. Ci sta a cuore una famiglia che faccia sentire tutti “a casa”. Che insegni l’arte di far sedere intorno alla tavola ogni persona perché capace di spezzare il pane. Una famiglia che vive l’intimità della casa non come una barriera nei confronti del mondo, ma come un cuore pulsante che genera relazioni, crea solidarietà, educa alla responsabilità. Una famiglia che diviene pianta rigogliosa quando non si chiude in se stessa, ma si colloca in modo vitale dentro la trama di relazioni di cui è parte e di cui si nutre. I parenti, gli amici, i vicini, la città. Una famiglia che sa farsi carico delle solitudini che la circondano, che sa prendersi cura di chi attorno a lei non ha una casa, non ha un lavoro, non ha più una terra in cui restare. Ci sta a cuore una famiglia che è piccola Chiesa, come scrisse Carlo Carretto tanti anni fa. Esperienza autentica di comunione che educa alla fede e introduce al cammino della grande Chiesa, che costruisce la comunità più grande. Ci sta a cuore la famiglia, non un’idea di famiglia. Ci stanno a cuore le famiglie così come sono, nella realtà. E la realtà oggi ci mostra anche i volti concreti di tante esperienze tra loro diverse, abitate da difficoltà e grandi ferite, di percorsi che sembrano rimanere distanti dalla proposta alta di vita che nasce dal Vangelo. Verso tutte queste esperienze vogliamo innanzitutto metterci in ascolto. Lasciarci interrogare dalla loro quotidianità, dalla loro umana ricchezza, dalle loro povertà. Vogliamo rendere grazie per ogni seme di bene che si trova in ciascuna di esse, in ognuna. Vogliamo farci compagni di viaggio, per condividere con loro la ricerca della felicità. Vogliamo farci vicini di casa, per condividere con loro la gioia che nasce dall’incontro con il Signore. Esortazione spirituale di Salvatore Martinez Rinnovamento delle Spirito Carissime, carissimi, «tutto l’amore che Dio ha in sé, tutta la bellezza che Dio ha in sé, tutta la verità che Dio ha in sé, la consegna alla famiglia. E una famiglia è veramente famiglia quando è capace di aprire le braccia e accogliere tutto questo amore… La famiglia ha la carta di cittadinanza divina… l’ha data Dio perché nella famiglia crescessero sempre più la verità, l’amore e la bellezza» (Papa Francesco, Festa delle Famiglie e Veglia di Preghiera, Philadelphia, 26 settembre 2015). Così si esprimeva Papa Francesco, proprio sette giorni fa, in un’altra splendida Veglia di preghiera dedicata alla famiglia, a Philadelphia. Ero lì, come questa sera in mezzo a migliaia di famiglie, per gridare forte e chiaro, con Papa Francesco, che la famiglia è viva perché ha “carta di cittadinanza divina”. Sia benedetto il Signore che ha creato la famiglia. La famiglia cristiana è di seme divino. Sarà sempre attaccata, offesa, umiliata, ma nessuno potrà mai sbarazzarsene, perché nessuno potrà mai sbarazzarsi di Dio, l’inventore e il custode della famiglia. Noi vogliamo che la famiglia stia in piedi e proceda verso il futuro. Lo Spirito Santo ci spinge a metterci in cammino; è Lui il motore interiore che mette in movimento ogni nostro desiderio di bene, i nostri sogni, le nostre preghiere, tutte quelle che oggi e sempre sapremo offrirgli, piccole o grandi, degne o indegne che siano. Ben vengano tutti gli aiuti sociali, politici, economici che la famiglia merita, ma intanto noi vogliamo gridare, con le parole del salmista: «Il nostro aiuto è nel nome del Signore, che ha fatto cielo e terra» (Sal 124, 8). Noi siamo qui perché non abbiamo smesso di credere nella forza trasformante della preghiera. Per vivere veramente la famiglia deve pregare, deve tornare a pregare. Perché solo chi prega vive. Chi non prega è a rischio di arresto cardio circolatorio, perde l’uso del cuore, smette di amare, è a rischio di morte. La preghiera ricrea la famiglia, dilata la famiglia, ospita Dio e rende ospitali verso tutti. Sbaglia chi pensa che la preghiera sia la resa dei deboli, di coloro che chiudono gli occhi sulla storia e si dichiarano impotenti dinanzi ai mali del mondo. La preghiera è la più potente pedagogia di dialogo e di pace data agli uomini sulla terra. Noi siamo volto di un’umanità che ha trovato nella preghiera come parlare a Dio, come parlare con Dio dell’uomo, come parlare di Dio all’uomo. Prega la famiglia che vuole vincere il male con il bene; che non vuole arrendersi dinanzi al male; che non vuole essere sopraffatta dallo scoraggiamento, dall’orgoglio, dall’indifferenza. Prega la famiglia che vuole vedere la storia con gli occhi di Dio; Dio che ha fatto dell’umanità una sola famiglia; Dio che non discrimina, che non esclude, che è protezione dell’orfano, della vedova, del divorziato, dell’escluso, del discriminato. Prega la famiglia che non vuole rimanere sola, con un cuore piccolo, chiuso, stanco, incapace di accogliere il prossimo. Prega la famiglia che vuole trovare nuove energie per amare; che ama la vita, che la stima degna di essere vissuta sempre; che difende la vita dell’uomo da ogni sopraffazione umana, da ogni violenza fisica, morale, spirituale. Noi non rinnoveremo il mondo se non pregando, per noi stessi e per gli altri. La preghiera è l’arte dell’impossibile e il mondo ha bisogno di famiglie specializzate in quest’arte dell’impossibile. Guardiamoci intorno: siamo adulti, giovani, bambini, anziani, sposati, fidanzati, separati, persone sole, vedovi, consacrati, sereni, preoccupati, sani, ammalati, nella prova, nel lutto, nella gioia. Ciascuno di noi viene da una famiglia, costituisce una famiglia, oggi è qui per chiedere al Signore che la propria famiglia sia protetta dal male, salvata dalla morte, benedetta nel dono dei figli, rinnovata nella bellezza dell’amore e dalla potenza della preghiera. Oggi la famiglia cristiana vince, non è vinta, perché la sola cosa che il mondo mai potrà vincere è proprio l’amore di Dio e l’amore per i fratelli. Se c’è crisi di verità sulla famiglia è soprattutto perché si sta perdendo in molte case la bellezza e la pratica di questo amore. Ecco perché si fa sempre più pressante e decisivo l’invito di Gesù: «Rimanete nel mio amore» (Gv 15, 9b). Gesù sembra dirci: prima di fare del mio amore una lezione ai vostri figli, procuratevi di farne esperienza. Mogli e mariti; fratelli e sorelle; genitori e figli. Commenterà S. Agostino: «Resta nell’amore e l’amore resterà in te». (Commento alla prima lettera di S. Giovanni, 7,10). Noi non abbiamo «alcun debito all’infuori di una amore vicendevole» (cf Rm 13,8). Ora, i debiti vanno pagati! La famiglia cristiana è in debito d’amore verso questo nostro tempo; le nostre famiglie sono tutte in debito d’amore e ciascuno di noi deve provvedere a saldare il conto. Ce lo chiedono la coscienza ecclesiale e sociale correnti. Ce lo chiederà il Sinodo che sta per iniziare. Voglia lo Spirito Santo dilatare i nostri cuori e donarci una nuova cura d’amore per le nostre famiglie e per ogni famiglia che incontreremo nel cammino delle nostre comunità, perché «si veda e si senta» (cf At 2, 33), come a Pentecoste, che l’amore di Dio è più forte di ogni costrizione umana e che la fede in Gesù «vince il mondo» (cf 1 Gv 5, 4-5) e salva la famiglia. Intervento di Maria Voce Presidente del Movimento dei Focolari Saluti. La riflessione del Sinodo straordinario dello scorso anno ha indicato a tutta la Chiesa l’orizzonte della propria missione nel prendersi cura di tutte le famiglie, soprattutto nelle loro ferite e debolezze. Come non riconoscere Gesù Crocifisso nelle tante famiglie afflitte da povertà morali e materiali, da divisioni, fallimenti e tradimenti, dalla guerra, dalla perdita della speranza di un futuro? Eppure Gesù ci ha dato la prova che, proprio queste circostanze - in cui sembra che Dio si sia ritirato abbandonando l’umanità al proprio destino - si trasformano in tappe di un cammino di resurrezione, se ci lasciamo accompagnare da Lui. Questa è l’esperienza delle nostre famiglie nell’impegno quotidiano a costruire e ricostruire i legami familiari come è richiesto dal Comandamento nuovo: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”. Ogni volta che, rifiutando di cadere nel facile giudizio, ci siamo perdonati e ascoltati o abbiamo tenuto aperto il dialogo tra le generazioni, abbiamo sentito accendersi nel cuore una luce nuova ed una gioia nuova e, con gratitudine, abbiamo riconosciuto in questo la manifestazione della presenza di Gesù tra noi, secondo la sua promessa fedele e irrevocabile: “Dove due o più sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20). È questa la presenza del Risorto sperimentata dai discepoli di Emmaus che ha dato loro luce, coraggio, slancio missionario. È la stessa presenza di Gesù nelle nostre famiglie, alimentata in particolare dall’Eucarestia che porta il dono dell’unità con Dio e tra noi, che vogliamo non perdere mai, perché sia Lui tra noi ad affiancarsi ai fratelli e alle sorelle, sia Lui stesso a parlare al cuore di ciascuno, riaccendendo la speranza. Tanti dei presenti potrebbero testimoniare di aver assistito a piccoli miracoli della vita quotidiana. Quando abbiamo aperto cuore e braccia alle persone intorno a noi, segnate dalla sofferenza e dallo smarrimento, a volte ai margini della comunità sociale ed ecclesiale, quando abbiamo cercato di condividere la strada con rispetto e senza troppe parole, è nata la fiducia reciproca, la confidenza. Spesso questi fratelli si sono rasserenati; hanno ritrovato la propria dignità e si sono rimessi pian piano in cammino. In una delle ultime catechesi del mercoledì, il Papa ha incoraggiato le famiglie, perché “prendano l’iniziativa e sentano la responsabilità di portare i loro doni preziosi per la comunità”. Vogliamo raccogliere questa parola come famiglia di famiglie che vivono anche tra loro l’amore reciproco. E vogliamo farlo in collaborazione con le nostre parrocchie e con i movimenti e le associazioni ecclesiali, perché siamo convinti che la bellezza e la gioia della famiglia cristiana brillano di più se esprimono il volto della Chiesa come “casa e scuola di comunione” . E quando le famiglie costruiscono tra loro questi rapporti, intessono naturalmente una rete, che partendo dal locale può estendersi a tutto il pianeta e che è essenziale per promuovere e sostenere la coesione sociale. Il Vangelo della famiglia, scritto con le parole dell’accoglienza dei piccoli, della reciprocità dei doni e della fedeltà alla vocazione fondamentale all’amore, è il seme di una nuova cultura, di cui c’è estremo bisogno per la stessa sopravvivenza dell’umanità; è seme della fratellanza universale, del mondo unito nella pace. Oggi tutta la grande famiglia umana deve fare i conti con nuove sfide globali e cruciali e ciò richiede a tutti i cristiani un impegno rinnovato a farsi “prossimi”. In questo periodo, concretamente, anche il Movimento dei focolari ha fatto proprio l’invito del Papa ad accogliere i profughi che bussano alle porte del nostro Paese, ma soprattutto alla porta del nostro cuore. Alle famiglie cristiane è affidato il mandato della convivenza umana risanata dalla misericordia. Esse possono mostrare all’umanità la tenerezza e la forza dell’amore di Dio e così, come dice il Papa, scrivere ogni giorno una pagina di storia sacra, non quella che rimane scritta solo nei libri, ma quella che rimane in eterno nel cuore del Padre. Intervento di don Julián Carrón Presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione «La famiglia, infatti, per la Chiesa, non è prima di tutto un motivo di preoccupazione, ma la felice conferma della benedizione di Dio al capolavoro della creazione. Ogni giorno, in tutti gli angoli del pianeta, la Chiesa ha motivo di rallegrarsi con il Signore per il dono di quel popolo numeroso di famiglie che, anche nelle prove più dure, onorano le promesse e custodiscono la fede!» (27 settembre 2015). Queste parole di papa Francesco a Philadelphia ci offrono il motivo del nostro incontro questa sera: ringraziare Dio che continua a generare famiglie, come documenta la nostra presenza oggi, qui, per domandare che continui a benedire le nostre famiglie. Da dove le viene questo ottimismo? Dalla certezza nella fedeltà del Signore alla sua Chiesa, la sua famiglia. In questo modo, suggerisce anche a noi la direzione dello sguardo da avere, dove porre la nostra speranza. Come possiamo raggiungere sempre di più questa certezza? Vivendo fino in fondo il motivo per cui due si sposano. Come ci ha ricordato l’enciclica Deus caritas est: nell’«amore tra uomo e donna, […] all’essere umano si schiude una promessa di felicità che sembra irresistibile, […] al cui confronto, a prima vista, tutti gli altri tipi di amore sbiadiscono». È l’esperienza che testimonia Giacomo Leopardi nel suo inno ad Aspasia: «Raggio divino al mio pensiero apparve, / Donna, la tua beltà». La bellezza della donna è percepita dal poeta come un «raggio divino», come la presenza della divinità. Attraverso la sua bellezza, è Dio stesso che bussa alla porta dell’uomo. La bellezza della donna è in realtà «raggio divino», segno che rimanda oltre. Per questo, se non incontrano ciò a cui il segno rimanda, il luogo dove si può trovare il compimento della promessa che l’altro ha suscitato, gli sposi sono condannati a essere consumati da una pretesa dalla quale non riescono a liberarsi e il loro desiderio di infinito è destinato a rimanere insoddisfatto. Cristo, la Bellezza fatta carne, pone «la sua persona al centro della affettività e della libertà dell’uomo», al «cuore degli stessi sentimenti naturali, si colloca a pieno diritto come loro radice vera» (don Giussani). Solo Lui può compiere la promessa che l’altro suscita in noi. Le nostre famiglie potranno raggiungere la loro pienezza, perdonarsi a vicenda, affrontare tutte le sfide, aprirsi agli altri, se Lo ospitano a casa. Così potremo testimoniare a tutti la bellezza delle nostre famiglie. Il bene che rappresentano per tutti. Mostrando che Cristo rende possibile amare senza ritorno, perché «tutto per me Tu fosti e sei”» (Ada Negri).

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