"Da questa Tomba sono uscite la luce e la pace. E oggi ancora, da qui, da questa Terra Santa così martoriata, devono di nuovo sgorgare la luce e la pace. Imploriamo la grazia del Signore per la Terra Santa e per il mondo intero”. È la preghiera elevata dal
patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, domenica dalla Basilica del Santo Sepolcro nella Città Santa. Celebrando la Messa di Pasqua il Patriarca ha ricordato che “ogni giorno, in Medio Oriente, siamo testimoni di avvenimenti tragici che ci rendono ancora contemporanei del Calvario.
Ma la nostra gioia e la nostra fede nel Risorto ‘nessuno ce la può togliere perché il Signore ci invita, benché in mezzo alle difficoltà che abbiamo, a gustare le primizie della sua Resurrezione”. Nell’omelia Twal ha esortato i fedeli a “vivere il primo miracolo della Resurrezione, il cambiamento radicale del cuore, la conversione, come il centurione romano ai piedi della Croce. C’è la conversione dei soldati, ma anche quella dei discepoli riuniti nel Cenacolo e chiusi a chiave per paura. La Risurrezione li ha trasformati e sono diventati testimoni, testimoni felici di soffrire per Cristo. Seppelliamo, dunque, nella Tomba di Cristo le nostre inclinazioni mondane, le nostre incoerenze, le nostre divisioni religiose, la nostra violenza, la nostra mancanza di Fede e le nostre paure”.
“Come cristiani - ha proseguito Twal - siamo chiamati, al cuore di questa regione del Medio Oriente scosso dalle guerre e insanguinato dalla violenza, ad essere segni di contraddizione,
segni di speranza malgrado tutto. Il nostro futuro in questa regione e in questo mondo è incerto e persino più oscuro, ma noi non abbiamo paura, Cristo ci ha preceduto ed è con noi”. Tutto questo nonostante “i politici e la Comunità internazionale si preoccupano molto poco della nostra libertà e della nostra sorte. Gli interessi personali schiacciano la buona volontà di chi cerca la pace e la giustizia. Ma i martiri contemporanei - ha concluso il Patriarca - non smettono di testimoniare la Resurrezione di Cristo: tutto, dalle processioni e dalle pietre di Gerusalemme ai rifugiati iracheni e siriani, che hanno perduto tutto a causa della loro fede, a coloro che sono prigionieri nel nome di Cristo, tutto testimonia che nostro Signore è vivo”.
(Agenzia Sir)