sabato 11 novembre 2023
I pareri sulla "Nota" vaticana del teologo Andrea Grillo, del preside del "Giovanni Paolo II", Philippe Bordeyne e dei rappresentanti della Rete 3VolteGenitori, Corrado e Michela Contini
Philippe Bordeyne

Philippe Bordeyne - archivio

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Andrea Grillo è docente di teologia dei sacramenti e Filosofia della Religione a Roma, presso il Pontificio Ateneo “S. Anselmo” e Liturgia a Padova, presso l’Abbazia di “Santa Giustina”, oltre che marito e padre.

Philippe Bordeyne, teologo morale, è preside del Pontificio Istituto teologico “Giovanni Paolo II”.

Corrado e Michela Contini sono rappresentanti della rete 3VolteGenitori che raggruppa madri e padri di ragazzi e ragazze omosessuali.

Tre sensibilità diverse che abbiamo scelto per mettere in evidenza la grande varietà di commenti arrivati in questi giorni sulla Nota del Dicastero per la dottrina della fede a proposito dell’opportunità di concedere il battesimo alle persone transessuali e omoaffettive, oppure di scegliere queste persone come testimoni di nozze o come madrine e padrini di battesimo.

Secondo Grillo - il cui commento è apparso sul sito promundivita. it - “è facile notare come le argomentazioni, pur seguendo un procedimento argomentativo classico, aprono su una lettura aggiornata della tradizione”. Il teologo osserva subito che i “sacramenti non sono cose, ma persone. Non sono beni da amministrare, ma soggetti da accompagnare”. Nella Chiesa del passato invece, il cui riferimento era una “società dell’onore” si tendeva a subordinare la “cosa sacra” al consenso sociale e si pensava che “l’onore di un atto sacro, come il battesimo o il matrimonio”, non potesse tollerare “la trasgressione delle forme acquisite dal passato”. Stesso discorso per il testimone di nozze” sulla cui “dignità morale” la Chiesa si sentiva autorizzata a intervenire. Un atteggiamento, spiega il teologo, “frutto di una deformazione clericale della dimensione naturale e secolare del matrimonio, che in Cristo è “elevato” a sacramento. Questa elevazione presuppone un “atto pubblico” in cui la testimonianza dei terzi è condizionata solo dal fatto che siano capaci di intendere e di volere. Il fatto che sia stata posta la domanda sui “testimoni” dice con molta chiarezza a quale punto di “distorsione” sia potuto arrivare il sogno di un totale controllo ecclesiale esercitato sulla unione e sulla generazione tra battezzati”.

Con il passaggio dalla “società dell’onore” alla “società della dignità” – argomenta ancora Grillo - è profondamente modificato la concezione della legge. “Nella società dell’onore, la legge è una pedagogia di orientamento al bene, controllata dal centro. La tutela delle “differenze” e delle “preferenze” va nella direzione della “salvezza delle anime”. Così è possibile concepire che tutte le differenze naturali e sociali (tra uomo e donna, tra liberi e schiavi, tra giudei e greci, ma anche tra figli naturali e figli legittimi, tra eterosessuali e omosessuali) non siano superate in Cristo, ma siano “custodite nella Chiesa”. Ciò che superiamo, con questo passaggio complesso, è l’idea che la Chiesa sia la amministratrice di “cose” che può concedere solo “a certe condizioni”. La Chiesa incontra “persone” che accompagna nel discepolato di Cristo, lungo percorsi, itinerari, cammini. E deve dotarsi per questo di uno strumento di discernimento diverso dalla sola “legge oggettiva”.

Qual è allora la giusta via tra “concessione ecclesiale” e “diritto soggettivo”? A parere di Grillo “una “conversione pastorale” che recuperi i sacramenti come persone, e non li tratti più come cose”. Una conversione pastorale che arrivi a considerale le risposte del Dicastero per la dottrina della fede “come “utili paracarri” al bordo della strada”, mentre l’attenzione della Chiesa si concentra sulla “strada, su cui camminano le vite delle persone, con la loro grazia e le loro disgrazie”.

Va poi chiarito – prosegue Andrea Grillo – che “essere transessuale o omosessuale è una condizione, non anzitutto un peccato. Qui sta il punto culturalmente ed ecclesialmente decisivo. Abbiamo considerato da alcuni secoli il “peccato sessuale”, ridotto ad “atto impuro”, come il peggiore dei mali. E abbiamo colpevolizzato le esistenze anzitutto su questo piano”. Invece, a parere del teologo, “la dignità di ogni battezzato implica una scelta di vita che non può essere controllata soltanto sul piano delle relazioni sessuali. La superbia, l’invidia e l’ira sono le piaghe della umanità, di tutti, anzitutto dei “regolari”. Il vero scandalo, dal quale la società della dignità può aiutarci a guarire – sottolinea - è che ci facciamo tutti i problemi possibili per le forme di vita in cui l’esercizio della sessualità non è quello tradizionale, ma non abbiamo alcun problema a benedire e regolarizzare la superbia, l’invidia e l’ira e a sopportarne quasi con disinvoltura la presenza ostinata e dirompente”. Va considerato “scandaloso il fatto che vediamo come peccati e come disordini le identità complesse sul piano sessuale – è la conclusione del teologo – e vediamo come naturali e normali le identità disumane, le differenze imposte e le preferenze sfacciate”.

Sono contenuti che si ritrovano anche nelle riflessioni di monsignor Philippe Bordeyne, presidente del Pontificio istituto Giovanni Paolo II per le scienze della famiglia e del matrimonio. A suo parere la riposta del Dicastero per la dottrina della fede “si oppone all'atteggiamento pastorale che consiste nel presupporre che la persona, in questo caso, il transessuale si troverebbe sempre in una situazione di peccato grave che le impedisce di ricevere la grazia”. In questo sguardo occorre tenere presente due aspetti: “Da un lato, anche se esiste una situazione oggettiva di peccato, non sempre il soggetto ne è totalmente responsabile”. D’altra parte, «anche se la sua responsabilità personale gli impedisse di ricevere la grazia di Dio (grazia santificante) nella celebrazione del sacramento, essa rimarrebbe viva nel battezzato.

La Nota del Dicastero specifica anche che un transessuale può essere padrino o madrina di battesimo, ma stabilisce sfumature e limiti. “Poiché questo compito non costituisce un diritto, la prudenza pastorale – argomenta Bordeyne - impone che non venga autorizzato qualora sussista il rischio di scandalo, di indebita legittimazione o di disorientamento nell'ambito educativo della comunità ecclesiale”.

A proposito dei bambini adottati da coppie omosessuali o ottenuti tramite maternità surrogata, il dicastero, fa notare il presidente del “Giovanni Paolo”, risponde che «perché il bambino possa essere battezzato, deve esserci la speranza fondata che venga educato nella religione cattolica. L'idea di fondo resta quella di non privare questi bambini della grazia del battesimo, colti in situazioni di cui non sono in alcun modo responsabili”. Nel testo poi, riguardo alla funzione di padrino o madrina affidata a coppie omosessuali, c’è anche la preoccupazione di “escludere espressamente coloro che si battono apertamente per l'assimilazione della loro unione al matrimonio, ma non chiude la porta agli altri”. «È lo stesso principio di una recente Istruzione sulla benedizione delle persone omosessuali: evitare ogni confusione o assimilazione al matrimonio», precisa Bordeyne, in riferimento alla risposta di papa Francesco ai «dubia» di cinque cardinali, pubblicata all'inizio di ottobre, prima dell'apertura dell'assemblea sinodale.

In conclusione, un testo di grande importanza perché – conclude il teologo – “utilizza ragionamenti molto classici (scolastici), ma li applica a casi nuovi. La Chiesa ha continuato a fare così per rispondere a domande nuove, che prima non potevamo porci».

Lo sguardo di Corrado e Michela Contini, genitori di un figlio omosessuale, rappresentanti della Rete 3VolteGenitori, si colloca in una prospettiva affettiva e relazionale: “Abbiamo profondamente gioito nel leggere le risposte riguardanti la possibilità per queste persone di essere padrini e madrine di battesimo nonché testimoni di matrimonio o, per chi ancora non lo avesse ricevuto, di essere battezzato. La nostra gioia – proseguono - è ancora più grande perché non si è trattato solo di allargare la prassi pastorale ma di rendere visibile ed esplicito il principio fondamentale della dignità battesimale dei fedeli in Cristo di cui anche queste persone sono rivestite”.

Sono risposte, quelle del Dicastero per la dottrina della fede, che non cambiano la dottrina, “tuttavia la approfondiscono, la allargano, sulla misura del cuore del Padre”. Lo stesso atteggiamento che cercano di avere i genitori con questi figli e figlie: “amarli con quello sguardo con cui li ama Dio, affinché possano sperimentare nella loro condizione di vita la consapevolezza di essere amati nella loro interezza e di poter amare a loro volta”. E quando sorgono dubbi sulla situazione morale in cui si trova una persona, suggeriscono i coniugi Contini, “si ascoltino i loro parenti, i vicini, i conoscenti, si ascolti la realtà in cui vivono per vedere se, al di là di ogni pregiudizio, sono persone attente ai bisogni di chi sta accanto, aperte, leali, disponibili, gentili, fedeli, pazienti, benevole, magnanime”.

Il risultato di questa verifica? Spesso quella di rimanere stupiti di fronte alle persone omosessuali o transessuali credenti “perché realmente portatrici di questi doni che lo Spirito distribuisce in modo impensabile”.

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