Unità d’Italia. “È noto come la nostra Conferenza abbia voluto per tempo esprimere la convinta e responsabile partecipazione della comunità ecclesiale all’evento del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, e ciò in spirito di leale collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese tutto. Sentivamo il dovere, come Vescovi, di dare pubblica attestazione del sentimento genuino e forte che lega la Chiesa, da duemila anni pellegrina su questo territorio, alla collettività italiana e alla forma statuale e nazionale che essa ha voluto darsi ad un certo punto della sua storia”.
Solidarietà. “Un auspicio vorremmo esprimere per il tempo che ora si apre. E riguarda quel sentimento di consapevole solidarietà che non può non legare tra loro anzitutto i cittadini della stessa nazione. Pare a noi infatti – e lo esprimiamo quasi sottovoce - che negli ultimi decenni questo sentimento sia andato affievolendosi, diventando vieppiù esile e a momenti quasi impalpabile. Come se dovesse essere fatale, ad un certo punto, lasciarsi anche noi prendere da quella sindrome degli “arrivati”, secondo cui una volta che è stata raggiunta una certa soglia di benessere e sicurezza, debba venir meno la buona tensione che ci fa essere vigili per non perdere proprio i valori che concorrono oggi a darci un volto, e in passato hanno fatto la nostra storia”.
Le crisi nel Nordafrica. “L’aspirazione umana alle libertà fondamentali, al riconoscimento della dignità personale, prima o poi emerge nella coscienza dei singoli e dei popoli, sospingendo su percorsi non sempre univoci e ad esiti non ovunque corrispondenti a quelli auspicati. (…) Di evidente ed indubitabile c’è a tutt’oggi il patire di tanta povera gente”.
Un appello di pace. “Ci uniamo alle accorate parole che il Santo Padre in più occasioni ha espresso di solidarietà a quelle popolazioni e di auspicio per un immediato superamento della fase cruenta: ad intervento ampiamente avviato, auspichiamo che si fermino le armi, e che venga preservata soprattutto l’incolumità e la sicurezza dei cittadini garantendo l’accesso agli indispensabili soccorsi umanitari, in un quadro di giustizia”.
Noi e il Nordafrica. “È un’illusione pensare di vivere in pace, tenendo a distanza popoli giovani, stremati dalle privazioni, e in cerca di un soddisfacimento legittimo per la propria fame. Coinvolgerci, e sentirci in qualche modo parte, rientra nell’unica strategia plausibile dal punto di vista morale ma - riteniamo - anche sotto il profilo economico-politico”.
Immigrati. “Per predisporre soluzioni minimamente adeguate per gli sfollati, i profughi o i richiedenti asilo c’è bisogno, oltre che dell’apporto generoso delle singole Regioni d’Italia, anche della convergenza dell’Europa comunitaria, chiamata a passare – come giustamente si è detto – da una «partnership della convenienza» a quella della «convivenza». Tutta l’Europa è - non da oggi - in debito verso l’Africa, e deve ora operare per non rendere fallimentari gli sforzi di questi popoli in cammino verso approdi più democratici e rispettosi dei diritti dell’uomo”.
La sfida dei giovani. “La stragrande maggioranza di coloro che arrivano sono giovani, al pari di quanti, attraverso le immagini della televisione, si sono visti e si vedono manifestare nelle piazze. In tal modo si profila un sottile problema di interfaccia tra coloro che, vogliosi di vita, spingono per entrare e la vecchia Europa che tenta di difendere i propri bastioni. Ma proprio qui si annida anche, sotto il profilo culturale, la carica più dirompente di questa emergenza”.
Cristiani perseguitati. “Intendiamo batterci perché nel mondo non si debba più piangere e morire a motivo della propria fede religiosa. Resta questo l’indicatore più credibile per lo sviluppo civile e sociale di una nazione. Non ci stancheremo di lavorare per un’educazione al dialogo e al rispetto”.
Crocifisso. Il pronunciamento della Corte Europea “da una parte riconosce come ogni Paese abbia il diritto di assegnare il giusto rilievo alla propria tradizione religiosa che è un fattore vivo, con un ruolo pubblico da svolgere. Dall’altra lascia intendere che il simbolo religioso non comporta in sé una lesione dei diritti. Ed è, anzi, elemento integrante l’identità italiana e dunque, a questo punto, anche europea”.
Etica pubblica. “Il concetto di etica pubblica, per potersi strutturare e poter reggere all’urto degli eventi, ha bisogno di radicarsi in una consapevolezza: il bene non coincide con i desideri personali, ma possiede una propria, austera oggettività. L’etica senza un proprio contenuto, autonomo dai gusti soggettivi, infiacchisce e certo non consolida le coscienze. Il bene esiste, e a partire da questa fondante esperienza trovano spiegazione l’ethos di riferimento, ma anche il criterio obbligante e la cura sapiente di sé, cioè la formazione del proprio essere”.
Fine vita. “Si tratta di porre limiti e vincoli precisi a quella “giurisprudenza creativa” che sta già introducendo autorizzazioni per comportamenti e scelte che, riguardando la vita e la morte, non possono restare affidate all’arbitrarietà di alcuno. Non si tratta di mettere in campo provvedimenti intrusivi che oggi ancora non ci sono, ma di regolare piuttosto intrusioni già sperimentate, per le quali è stato possibile interrompere il sostegno vitale del cibo e dell’acqua”.
Famiglia. “Davvero è auspicabile che, fatto salvo il rispetto per la libertà personale, nessuno nell’ambito pubblico provveda a decisioni che mettano in ombra l’istituto familiare, architrave portante di ogni realistico futuro”.