mercoledì 7 ottobre 2020
Cento anni fa a Monreale veniva ucciso a colpi di lupara un sacerdote ammirato per la grande preparazione culturale e amato per il suo impegno contro l’usura
Don Gaetano Millunzi (1859-1920) nel ritratto di Salvatore Profeta conservato nel Seminario arcivescovile di Monreale

Don Gaetano Millunzi (1859-1920) nel ritratto di Salvatore Profeta conservato nel Seminario arcivescovile di Monreale - .

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Non ammetteva prepotenze, né nella vita pubblica né in quella privata, impegnato com’era a realizzare opere che fossero di concreto aiuto per i poveri. Forse proprio per questo don Gaetano Millunzi dava fastidio, lui sacerdote, poeta e latinista, storico e letterato, impegnato nella sua missione nel territorio di Monreale e assassinato esattamente cento anni fa con tre colpi di lupara. L’ennesimo omicidio rimasto impunito, senza mandanti né esecutori. Un alone di mistero avvolge ancora, dopo un secolo, la fine violenta di un vero uomo di Dio a giudicare dalle testimonianze dell’epoca, colto e poliedrico, intollerante a qualsiasi tipo di ingiustizia e sopruso. Non esiste alcuna sentenza che possa dichiarare con certezza che si trattò di delitto mafioso. La Chiesa di Monreale ha deciso di dedicare un intero anno per fare memoria di questo «suo illustre sacerdote », «che si è distinto in campo religioso, culturale e sociale» come ricorda monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale.

Don Millunzi, parroco della Cattedrale della diocesi normanna, viene annoverato nell’elenco delle vittime presumibilmente della mafia nel primo ventennio del secolo scorso, assieme a parecchi preti sociali assassinati: don Filippo Forti di Caltanissetta nel 1910, don Giorgio Gennaro di Palermo nel 1916, don Costantino Stella di Resuttano nel 1919, don Stefano Caronia di Gibellina nel 1920. A cento anni dalla tragica scomparsa, avvenuta la sera del 13 settembre 1920, monsignor Pennisi ha ricordato questa figura di prete integerrimo durante una celebrazione proprio all’ombra del Cristo Pantocratore. Ma la diocesi vuole recuperare la memoria di questa figura, soffermandosi sulla sua cultura poliedrica, sui suoi interessi, sul suo operato, con approfondimenti e iniziative che vedranno la collaborazione della Chiesa, dell’amministrazione comunale, delle realtà culturali e sociali del territorio.

Don Millunzi nasce nel 1859, proprio a Monreale, e viene ordinato sacerdote a 23 anni. Letterato, amante delle lingue antiche e dell’arte, compose un carme latino, il «De Materia et Forma», che viene elogiato da filosofi e poeti, ma soprattutto da papa Leone XIII, che lo inviterà a Roma, intrattenendo nel tempo uno scambio epistolare. Nel 1882 è nominato dall’arcivescovo Giuseppe Papardi vice-rettore del Convitto dei Chierici rossi e nel 1891 rettore. Ricopre il ruolo di direttore delle scuole arcivescovili, insegnando Storia dell’arte, Archeologia, Teologia morale.

Effettua degli studi demologici sulla scia di Giuseppe Pitrè, scrive monografie nel campo della storia, della filosofia, dell’arte e delle lettere, arricchite di documenti archivistici inediti. Nel 1890 viene eletto canonico e parroco della Cattedrale di Monreale. Nel 1900 fonda la Cassa Rurale a Monreale. La sera del 13 settembre 1920 viene ucciso a colpi di lupara nella sua casa di villeggiatura a Realcelsi, vicino a Monreale. La mattina del 20 settembre vengono celebrate le esequie nella Cattedrale di Monreale, presiedute dal pro-vicario generale Francesco Paolo Evola, alle quali assiste in abiti pontificali l’arcivescovo Antonio Augusto Intreccialagli. Sulla sua uccisione non si è fatta mai chiarezza.

Don Giuseppe Ruggirello, attuale rettore del Seminario di Monreale, ricostruisce alcune ipotesi: «La sua attività sociale e gli ultimi studi intorno alla mensa arcivescovile e alla gestione delle acque ebbero senz’altro un impatto sulla società monrealese del primo ventennio del Novecento. La Cassa rurale di Prestiti di Monreale, da lui promossa e fondata il 2 settembre 1900 con altri canonici-parroci della città, ebbe lo scopo di contrastare apertamente l’usura e aiutare il popolo, in modo particolare gli artigiani e i contadini. Il Millunzi raccolse così la spinta della Rerum Novarum di Leone XIII, già seguita da altri preti dal Nord al Sud Italia, e portata avanti in campo sociale e politico dal Toniolo, dal Cerutti e da don Luigi Sturzo».

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