Poco più di vent’anni fa fu una rivoluzione, o meglio «un profondo choc». Oggi è «una scommessa vinta, che guarda al futuro». Così, in estrema sintesi, monsignor Dario Viganò ripercorre l’epopea degli spot 8xmille, nel suo libro
Chiesa e pubblicità, pubblicato da Rubettino e presentato ieri all’Università Lateranense. Viganò, che è professore ordinario di teologia della comunicazione e presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, non è nuovo a simili analisi. Ma il merito del suo libro sta nell’aver tentato – per la prima volta, da quando la Chiesa in Italia ha imboccato la strada della comunicazione anche attraverso la pubblicità – un approccio complessivo alla questione, non limitandosi tra l’altro a ripercorrere ciò che è stato, ma indicando anche alcune linee di prospettiva.Un pregio, questo, messo in evidenza da tutti gli intervenuti alla presentazione. «Si tratta di un libro interessante e originale», ha sottolineato il rettore dell’Università Lateranense, monsignor Enrico Dal Covolo. Un libro che fa riflettere anche sui moderni sviluppi della comunicazione, in relazione a quelli che il rettore ha chiamato «non luoghi», in pratica internet e i social network, che vanno a configurare «la città digitale senza confini, accanto a quella reale».Proprio in questo scenario si colloca, dunque, il rinnovato impegno di chi è chiamato a pensare le campagne 8xmille del futuro, a partire da quella che esordirà il prossimo 17 aprile. Matteo Calabresi, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, ha da un lato richiamato il rischio “classico” di tutti gli spot che finora hanno visto la luce: «L’essere associati a quelli che pubblicizzano prodotti di largo consumo, contribuendo a creare nello spettatore poco attento una nebulosa incolore». Dall’altro ha anticipato che «certamente la campagna del futuro non potrà ignorare la multimedialità, prevedendo maggiori gradi di trasparenza da presentare con un’offerta integrata tra tivu, internet, filmati e articoli scritti, soprattutto al fine di raccontare come i soldi ricevuti dalla Chiesa sono stati impiegati».Su questa strada, in realtà, la Chiesa italiana si è incamminata fin dall’inizio, il famoso "spot dei pani e dei pesci", che segnò, appunto, la rivoluzione iniziale nel modo di comunicare. Via via poi, come Viganò racconta nel libro e il critico televisivo Aldo Grasso ha messo in evidenza nel suo intervento di ieri, gli stili comunicativi si sono evoluti, passando dal linguaggio simbolico a quello informativo (periodo 1990-1994) e del realismo (1995-1998), per approdare, infine, alla fase delle storie di vita (dal 1999 ad oggi), curate da Stefano Palombi, anch’egli presente ieri (si veda l’intervista qui sotto).«È stata – ha commentato Grasso – una progressiva ascesa verso forme di comunicazione sempre più evolute. Nel mondo della pubblicità, infatti, se si ha la presunzione di possedere valori forti, senza fare attenzione al modo in cui li si comunica, ci si espone al rischio del fallimento. Meglio, come è stato fatto nell’ultimo decennio, far emergere questi valori dalle storie raccontate».«Il bilancio delle campagne in favore dell’8xmill è ampiamente positivo – ha aggiunto il sottosegretario della Cei, monsignor Mauro Rivella, intervenendo al dibattito moderato dal vaticanista di Sky Tg 24, Stefano Maria Paci –. Lo dimostra non solo l’alto numero di quanti, anno dopo anno, hanno confermato la scelta di firmare per la Chiesa cattolica, ma anche il fatto che le perplessità iniziali sono progressivamente smorzate». Ora però bisogna guardare al futuro. Anche Rivella si è detto fiducioso: «La sfida di parlare a tutti integrando tivù e web può apparire titanica. Ma anche vent’anni fa lo era. Si può quindi essere ottimisti».