sabato 26 gennaio 2019
La comunità ebraica spalanca le porte ai pellegrini, e lo stesso fanno i musulmani
Parla il rabbino Kraselnik: «L’idea di alloggiare i giovani è frutto del lavoro congiunto con la vicina parrocchia. La nostra offerta è venuta spontanea quando ci è stato chiesto un aiuto. Il nostro è un Paese aperto al dialogo»

Parla il rabbino Kraselnik: «L’idea di alloggiare i giovani è frutto del lavoro congiunto con la vicina parrocchia. La nostra offerta è venuta spontanea quando ci è stato chiesto un aiuto. Il nostro è un Paese aperto al dialogo»

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«Benvenuti pellegrini». La scritta si ripete in spagnolo, ebraico e polacco. La lingua, quest’ultima, dei cinquanta pellegrini arrivati da Varsavia, Cracovia e dintorni per la Giornata mondiale della gioventù. Non ci sarebbe niente di strano se fossimo in una delle migliaia di parrocchie e scuole di Panama che hanno aperto le porte ai fedeli da ogni parte de mondo.

Questa è, però, la sinagoga Kol Shearith Israel (la voce di ciò che resta di Israele), la più piccola e antica delle tre presenti nel Paese, con 142 anni di storia alle spalle. Anche lei ha voluto dare il proprio contributo per la riuscita della Giornata. E così vari gruppi di polacchi hanno trovato ospitalità nell’edificio di Costa del Este, a pochi passi dal Pacifico. Un fatto inedito.
«Come ci è venuto in mente? Beh, questa è Panama – dice il rabbino Gustavo Kraselnik –. Ciò che qui è la normalità, fuori diventa una notizia». Nella nazione in bilico fra Atlantico e Pacifico, le varie ondate migratorie dovute ai lavori prima per la ferrovia transoceanica, poi al Canale hanno fatto trovare fianco a fianco persone d’ogni appartenenza religiosa. Anche se oltre l’80 per cento della popolazione si professa cattolica, a Panama risiedono almeno 15mila ebrei – la più grande comunità del Centroamerica – e 7mila islamici, oltre a decine di migliaia di cristiani riformati di varie Chiese e i Bahai. Numeri, forse, piccoli per il continente ma grandi per uno Stato di quattro milioni di abitanti.

A colpire, però, non è solo la pluralità di fedi. Bensì la capacità di queste di convivere in armonia e lavorare insieme. Come dimostra il carattere “interreligioso” assunto dall’attuale Gmg. «Ripeto: questa è Panama, la cui Costituzione, all’articolo 35, ha garantito la libertà di culto fin dalle origini della Repubblica», ribadisce Kraselnik che pure panamense non è. Argentino di nascita – come dimostra il thermos per il mate poggiato sulla scrivania – il responsabile della comunità Kol Shearith Israel vive nel Paese da diciassette anni, in cui si è speso in prima persona per incentivare e approfondire il dialogo interreligioso. «Di certo, in questo ha aiutato l’atteggiamento della Chiesa cattolica che, pur essendo maggioritaria, si è sempre relazionata da pari a pari. L’idea di alloggiare i pellegrini della Gmg è nata nell'ambito del lavoro congiunto che facciamo con la parrocchia di San Lucas di Costa del Este. Il sacerdote e alcuni fedeli ci avevano parlato della necessità di trovare spazi per i pellegrini. La nostra offerta è venuta in modo spontaneo», racconta il rabbino.

«Non è strano stare qui. Siamo tutti fratelli, figli di un unico Padre. Sono molto grata alla comunità Kol Shearith Israel. Per ringraziarli, pregherò per tutti loro», afferma Grazyna, 24 ann, di Rzeszón. «All’inizio ero un po’ sorpresa. Non conoscevo molto sulla religione ebraica. È stata una bellissima esperienza: mi hanno fatto sentire a casa», sottolinea Maya, 21 anni, di Olsztyn.
«Benvenuti pellegrini». Stavolta, la scritta è tradotta in arabo. Poi, sotto, in spagnolo, si legge: «Allah aiuta chi fa il bene». Anche la moschea Jummah Masjid, la prima della regione, situata in una traversa del lungomare, s’è unita allo sforzo congiunto del popolo panamense per la Gmg. Appostati a un angolo dell’edificio dalla cupola verde, decine di volontari islamici distribuiscono bottigliette d’acqua fredda ai pellegrini accaldati. Ne hanno già ripartito 12mila e oggi continueranno per tutto il giorno.
A questa "Gmg interreligiosa", infine, non poteva mancare il contributo delle altre Chiese cristiane e dei Bahai che hanno offerto i propri templi per le catechesi dei giorni scorsi.

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