L'annuncio della liquefazione (foto Ansa)
Pronuncia venti volte la parola violenza, l’arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe, nella sua omelia in occasione del prodigio della liquefazione del sangue del martire Gennaro, avvenuta oggi pomeriggio, alle ore 18.37, nella Basilica di Santa Chiara.
Il cardinale annuncia il prodigio (che avviene anche il 19 settembre ed il 16 dicembre) sottolineando che «occorre ringraziare Dio perché attraverso il patrono ci sta vicino, cammina con noi e ci accompagna»; poi si rivolge a san Gennaro per invocare il «dono della pace per un popolo che vive nel disagio economico, per le privazioni a cui sono costretti in molti, per il dolore di chi ha perduto il lavoro».
Il corteo processionale che si è snodato nei vicoli affollati del centro storico cittadino - in memoria della traslazione delle reliquie del santo dal cimitero nell’agro marciano a Fuorigrotta alle catacombe di Capodimonte, avvenuta nel 305 d.C. - è presieduto da Sepe, con il vescovo ausiliare Gennaro Acampa, insieme al vicesindaco Raffaele Del Giudice, i rappresentanti della Regione, la Deputazione di san Gennaro, il Comitato delle Guardie d’Onore alla Cripta del patrono e numerose autorità, tra cui il principe Emanuele Filiberto. In testa le reliquie e il busto del santo, unitamente alle statue dei compatroni. Da loro Sepe invoca protezione per una città e una terra che definisce «sfigurata dalle sue cicatrici». A san Gennaro «che ha attraversato le strade del nostro vivere» chiede protezione per la gente «che ha sofferto tanto per il sangue che troppo spesso bagna queste nostre strade». Parla di una «violenza che non è mai espressione di coraggio, tutt'altro; è piuttosto un atto di viltà compiuto da chi ricorre alla forza per far valere una propria ragione o pretesa».
Sepe parla anche di una violenza diffusa «nelle relazioni interpersonali, nell'esercizio del proprio ruolo; nella pratica di attività sportive; nella fruizione del tempo libero; nelle famiglie, nella scuola, manifestata da alunni e da genitori nei confronti di docenti, oltre alla violenza delle espressioni e delle parole; alla violenza della diffamazione, della calunnia e dell'odio». Da cui, come pastore e come cittadino, il forte richiamo «alla responsabilità di tutti e ciascuno di noi, perché la società non è una entità astratta ma è fatta da tutte le persone, dalle categorie sociali, dagli enti, dalle associazioni, dalle istituzioni».
Dal prodigio di oggi Napoli aspetta «soluzioni, chiede che tutti, ciascuno per la propria parte, si sporchino le mani, per trovare strade e sinergie, per valorizzare le eccellenze che abbiamo, le risorse immense che ci sono, la ricchezza culturale di questa terra, puntando sulle due grandi potenzialità rappresentate dai giovani e dal territorio».