Immagine d'archivio - Siciliani
La scuola cattolica è a tutti gli effetti inserita nella dinamica della comunità ecclesiale. C’è pertanto «la necessità di una più chiara consapevolezza e consistenza della sua identità» e di prevenire «conflitti e divisioni nel settore essenziale dell’educazione».
Parte da questi presupposti l’istruzione della Congregazione per l’Educazione cattolica dal titolo "L’identità della scuola cattolica per una cultura del dialogo", che è stata diffusa ieri. Un’ampia disamina dei principi e delle situazioni concrete che arriva a trattare anche aspetti pratici molto importanti come il ruolo e la qualità dei docenti e i compiti dei dirigenti scolastici e dei vescovi diocesani.
Il documento stabilisce, ad esempio che nell’assunzione di insegnanti e altro personale nelle scuole cattoliche si deve tenere conto dell’«identità peculiare di questi istituti. «In una scuola cattolica, infatti, il servizio dell’insegnante è munus e ufficio ecclesiale», si legge nel testo. Dunque, «qualora la persona assunta non si attenga alle condizioni della scuola cattolica e della sua appartenenza alla comunità ecclesiale, la scuola prenda le misure appropriate. Può essere disposta anche la dimissione, tenendo conto di tutte le circostanze del singolo caso».
Più in generale, il conflitto può determinarsi con la legislazione civile. Si prenda ad esempio il caso in cui lo Stato imponga a istituzioni cattoliche pubbliche «comportamenti non consoni» alla credibilità dottrinale e disciplinare della Chiesa, oppure scelte in contrasto con la libertà religiosa e la stessa identità cattolica di una scuola. In tal caso, si raccomanda «una ragionevole azione di difesa dei diritti dei cattolici e delle loro scuole, sia attraverso il dialogo con le autorità statali, sia mediante il ricorso ai tribunali competenti».
In quei Paesi in cui la legge civile esclude una «discriminazione» a causa della religione, dell’orientamento sessuale - nota la Congregazione - nonché di altri aspetti della vita privata», viene tuttavia riconosciuta alle istituzioni educative la possibilità di munirsi di «un profilo di valori e di un codice di comportamenti da rispettare».
Ne consegue che all’interno di una comunità scolastica «tutti hanno l’obbligo di riconoscere, rispettare e testimoniare l’identità cattolica della scuola, esposta ufficialmente nel progetto formativo. Questo vale per il corpo docente, il personale tecnico-amministrativo e per gli alunni con le loro famiglie».
Detto, poi, che i docenti devono distinguersi «per retta dottrina e per probità di vita», l’Istruzione sottolinea: «I docenti e il personale amministrativo che appartengono ad altre Chiese, comunità ecclesiali o religioni, nonché quelli che non professano alcun credo religioso, dal momento dell’assunzione hanno l’obbligo di riconoscere e di rispettare il carattere cattolico della scuola». E naturalmente si fa presente che «la prevalente presenza di un gruppo di docenti cattolici può assicurare una proficua attuazione del progetto educativo corrispondente all’identità cattolica delle scuole».
Quanto ai dirigenti scolastici, essi hanno una missione ecclesiale e pastorale basata sulla collaborazione con l’intera comunità scolastica, sul dialogo con i pastori della Chiesa e sulla promozione e la tutela del legame con la comunità cattolica. Mentre al vescovo diocesano spetta «il necessario discernimento e riconoscimento delle istituzioni scolastiche fondate dai fedeli», nonché l’esplicito consenso scritto per la fondazione di scuole cattoliche.
Suo diritto-dovere, inoltre, è quello di vigilare sull’applicazione delle norme del diritto universale nei centri educativi cattolici e provvedere nel caso in cui si verifichino fatti contrari alla dottrina, alla morale o alla disciplina ecclesiale. Il vescovo potrà avvertire i responsabili delle scuole, affinché intervengano, agire in prima persona nei casi più gravi o urgenti o ricorrere alla Congregazione per l’Educazione cattolica.
Viene anche presa in considerazione l’ipotesi di chiusura di una scuola cattolica per difficoltà di gestione. La vendita o il trasferimento a enti distanti dai principi dell’educazione cattolica per creare utili economici non sono una soluzione, si fa notare. Piuttosto, sarà responsabilità del vescovo valutare ogni possibile alternativa per «salvaguardare la continuità del servizio educativo».
Infine, per favorire la risoluzione dei conflitti all’interno della comunità educativa, si raccomanda la costruzione dell’unità, basata su una comunicazione inclusiva e permanente che non sia sostituita da mass-media estranei o dall’opinione pubblica; sulla generazione di processi di sviluppo in grado di avviare una dinamica positiva; e sul discernimento che coniughi «la dimensione umana, spirituale, giuridica, soggettiva e pragmatica».