sabato 22 luglio 2023
Ad Assisi da domani la 59ª sessione di formazione del Segretariato attività ecumeniche. Parla la presidente dell'associazione
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Il Sae - aps (Segretariato attività ecumeniche), associazione interconfessionale di laiche e laici per l’ecumenismo e il dialogo a partire dal dialogo con l’ebraismo, ha scelto per la 59ª sessione di formazione 2023, in programma ad Assisi da domani al 29 luglio, il tema “Chiese inclusive per donne nuove e uomini nuovi. Edificati insieme per diventare abitazione di Dio (Ef. 2,22)”. Il tema, molto attuale nell’odierno dibattito ecclesiale, chiama a raccolta esponenti, studiose e studiosi di diverse chiese attorno a una questione non più eludibile: il rapporto tra i generi all’interno delle comunità ecclesiali e delle religioni.

Abbiamo approfondito l’argomento con la presidente, la predicatrice valdese Erica Sfredda.

Qual è la genesi del tema: “Chiese inclusive per donne nuove e uomini nuovi”?

Ogni anno riceviamo dai soci proposte per le sessioni; per il 2023 il tema emerso è stato quello delle donne. Con il comitato esperti ci siamo interrogati su come affrontarlo ed è uscita questa articolazione che invita anche gli uomini a cogliere le novità legate alla presenza femminile nelle Chiese. Negli ultimi sessant’anni sono emerse nella società nuove istanze, anche in ambito ecclesiale. Per esempio, nelle chiese valdesi negli anni ‘60 è stato inaugurato il pastorato femminile; ma anche nella Chiesa cattolica è stato sviluppato il discorso sui generi. In Italia è nato il Coordinamento teologhe italiane, di carattere ecumenico. Grazie anche a loro abbiamo un florilegio di studi esegetici e teologici che hanno indagato la presenza delle donne nella Bibbia e nelle chiese e il linguaggio che utilizziamo per parlare di Dio.

Qual è la valenza ecumenica del tema?

È un tema intrinsecamente ecumenico perché riguarda tutte le donne e tutti gli uomini di tutte le Chiese e religioni. Il patriarcato ha condizionato pesantemente anche la vita spirituale. Il discorso sulla discriminazione di genere e la valorizzazione dei generi attraversa trasversalmente tutte le istituzioni religiose. Le singole confessioni cristiane lo hanno affrontato in modi diversi. La bellezza dell’ecumenismo è confrontarsi, camminare insieme verso il Signore con le nostre differenze e lavorarci insieme.

Quanto siamo ancora lontani da Chiese inclusive?

Purtroppo siamo lontanissimi da questo sogno. All’interno delle tre grandi confessioni cristiane il panorama è molto variegato. In Italia nella chiesa cattolica c’è un vivissimo dibattito, nell’ortodossia forse meno, ma all’est le teologhe ortodosse si sono poste con grande ricchezza la questione. Nel protestantesimo ci sono sia chiese molto conservatrici, sia chiese come quelle valdese e metodista che sono molto vicine alla parità di genere: abbiamo una moderatrice donna, il pastorato è per metà femminile, le comunità non hanno difficoltà ad accogliere le pastore.

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Quale contributo offre il Sae in merito alla giustizia di genere?

Il Sae fino a oggi non ha affrontato il tema come battaglia, ma avendo la metodologia del dialogo si è posto la questione. Chi ha fondato il Sae era una donna, Maria Vingiani, che non ha mai fatto proclami femministi però ha sempre valorizzato le donne. Compresa l’attuale, l’associazione ha avuto altre tre donne come presidenti, e il Comitato esecutivo ha una composizione in prevalenza femminile. Negli anni ‘80 il gruppo teologico misto aveva redatto l’opuscolo “La donna, le chiese e la teologia”. Questa è la prima sessione che focalizza il tema, peraltro sempre presente. Recentemente, nel rinnovare lo statuto, il Sae ha adottato il linguaggio inclusivo, ma certamente il percorso non è mai finito.

Quali obiettivi si pone la sessione?

Il Sae vorrebbe che i partecipanti tornassero a casa con delle domande. Siamo una società che sta camminando, ma il percorso è ancora da costruire. Penso all’enorme quantità di femminicidi che denotano un disagio profondo negli uomini e l’incapacità di accogliere novità e dialogo. Ci sono ancora discriminazioni al lavoro. Riteniamo che i partecipanti avranno un cammino da percorrere. Speriamo che possano interrogarsi in profondità su alcune questioni e cercare poi di affrontarle nella quotidianità.

Siamo alla 59ª sessione estiva: quanto la formula è ancora attuale e appetibile?

Potrei dare una risposta depressa: forse per il calo numerico delle nostre chiese e i costi dovremmo ideare qualcosa di diverso. Ma credo che proprio in un contesto di crisi c’è la sfida più importante: aiutare uomini e donne a ritornare al Signore. La sessione è un’occasione importante perché offre moltissima spiritualità. Si crea una comunità che prega, canta e cerca insieme il Signore. C’è poi il momento dello studio che ci aiuta a crescere nella formazione. Non da ultima c’è la dimensione umana, non sostituibile da nessun social o piattaforma.

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