La misericordia? «Ci deve spronare all’audacia della fede. E deve indurre la Chiesa a tentare azioni capaci di incidere concretamente nella vita degli uomini». L’auspicio arriva da Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, docente di Storia contemporanea, già ministro per la cooperazione internazionale nel governo Monti.
Professor Riccardi, ora, qualcuno dice: “C’era da aspettarselo”. Come se a 40 giorni dalla conclusione del Sinodo sulla famiglia, il Papa sentisse il bisogno di tradurre subito in pratica quella misericordia che dovrebbe caratterizzare anche la grande assemblea dei vescovi. Ma era davvero tutto scritto?Direi di no. È una sorpresa positiva e importante. Una sorpresa sui temi antichi e sempre attuali del Vangelo. Durante tutto il pontificato, la sorpresa di Francesco è quello di un Vangelo che diventa il senso del nostro futuro.
Come questo Giubileo potrà contribuirà ad alleviare quella situazione di fragilità della Chiesa nel mondo contemporaneo di cui il Papa si è detto perfettamente consapevole?Credo che questo Giubileo ci porti al cuore della Chiesa. Perché la Chiesa è misericordia. E, come dice la Scrittura, Dio è amore. Si potrà dire che non c’era bisogno di un Giubileo. Ma in realtà lo abbiamo dimenticato. L’abbiamo messo da parte con le preoccupazioni ideologiche, con le riduzioni moralistiche, ma anche con i protagonismi personali, con una mentalità troppo orientata all’organizzazione e alle strutture. In realtà il Papa, attraverso il Giubileo, vuole immergere il vissuto del popolo cristiano nella misericordia. Questo Giubileo sarà una festa di popolo, ma anche il passaggio del popolo attraverso la porta della misericordia.
Lei ha già ricordato la lettera scritta da Francesco alla «sua» facoltà teologica di Buenos Aires in cui allude al concilio come «irreversibile movimento di rinnovamento che viene dal Vangelo». Anche questo Giubileo si inserisce in questa logica?Credo che questo Giubileo, come dimostra la data di inizio, si leghi direttamente ai 50 anni della fine del Vaticano II. Anzi è una ripresa del grande programma del Concilio. Forse noi abbiamo un po’ sprecato il Concilio, perché abbiamo un po’ sprecato gli anni post conciliari sia nella polemica tra conservatori e progressisti, sia in quella, direi, tra ideologisti e tradizionalisti. E poi anche in una riduzione del Concilio ad una trasformazione di strutture. Paolo VI, a 10 anni dal termine del Vaticano II, diceva che il senso del Concilio era rendere la Chiesa del ventesimo secolo adatta ad annunciare il Vangelo all’umanità del ventesimo secolo. In questa intuizione c’è molto del Concilio. Ed è questo che papa Francesco vuole riprendere. Quanto da lui detto è rivelatore del suo obiettivo: leggere il Vangelo nella cultura contemporanea. E su questa via vuole andare avanti.
Nel Giubileo straordinario rientreranno anche le tante situazioni concrete di sofferenza e di bisogno, dalla famiglia alle vecchie e nuove povertà, dalle migrazioni alla situazione dei cristiani del Medio Oriente e in Asia?Penso che nella Chiesa si dovrebbero avere presenti, come in un rosario ideale, tutte le situazioni di dolore dell’uomo, della donna e dei popoli, perché ci sono dolori personali, ma anche immensi dolori collettivi, situazioni che umanamente ci sembrano irresolubili, e di fronte ai quali troppo spesso guardiamo altrove, come con la guerra in Medio Oriente, o con i morti nel Mediterraneo. Mi sembra che la misericordia ci indichi poi la necessità della preghiera insistente perché venga la pace e l’ora della giustizia. La misericordia ci induce ad allungare la nostra limitata visione del possibile, ricordandoci che tutto è possibile a chi crede. E infine la misericordia ci sprona all’audacia della fede e dell’azione.
In cosa questo Giubileo si differenzierà dai precedenti?Ogni Giubileo è stato diverso dagli altri. Credo che questo sarà un giubileo di popolo, che non avrà paura dei numeri e non sarà elitario. Riguarderà le persone, il rinnovamento del loro cuore. Sarà un Giubileo che inciderà sulla vita interna della Chiesa, con una vera riforma nella carità. Ma anche un Giubileo che offrirà l’opportunità di guardare fuori dalla finestra della Chiesa. Perché la Chiesa non vive fuori dalla storia, e quindi invocherà la misericordia sul mondo e tenterà azioni di misericordia. Non dimentichiamo che la misericordia non vive solo dei nostri sforzi, ma è dono che dobbiamo chiedere a Dio
Oggi parlare di indulgenza plenaria, in una società che sembra sempre più lontana dalla tradizione della fede, non rischia di provocare reazioni negative, quasi che la Chiesa tornasse ad evocare simbologie medievali?La società sembra lontana, è vero. Ma spesso noi non vediamo la realtà con gli occhi giusti. Ho la sensazione che intorno a noi ci sia tanta sete di parole di vita, di messaggi positivi. Forse ci sono più credenti di quanti noi immaginiamo, più gente che prega di quanto noi possiamo pensare. In questo senso il Giubileo avrà anche una valenza missionaria, quella cioè di una Chiesa che abbraccia misericordiosa tutta l’umanità. Mi sembra che l’abbraccio tra il Padre misericordioso e il figlio che ha sperperato la sua vita, sia l’icona più efficace per sintetizzare e per prepararci a questo grande evento.