Ora non ci sono più alibi. La riforma dei processi di nullità matrimoniale, decisa dal
Motu proprio del Papa lo scorso settembre, può decollare in modo definitivo. La svolta di Francesco, decisa per tradurre in indicazioni coerenti la volontà da parte della Chiesa di abbracciare le famiglie ferite in una prospettiva di verità nella misericordia, dispone da ieri di un nuovo strumento tecnico per chiarire i dubbi residui. Una sorta di vademecum che mette nero su bianco tutto quello che c’è da sapere sulla riforma. È stato infatti pubblicato dal Tribunale apostolico della Rota Romana, il “Sussidio applicativo del Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus”. Una settantina di pagine suddivise in tre capitoli – oltre a corpose appendici – che hanno lo scopo di rispondere a tutte le possibili difficoltà «concernenti i modi, i tipi, le persone, le figure» riguardante i due processi, quello breve e quello ordinario. Il testo si rivolge agli addetti ai lavori con un linguaggio tecnico-giuridico, e rimanda per quanto non esplicitato all’articolato del
Motu proprioe al “Rescritto” sulla stessa riforma diffuso, sempre a firma di papa Francesco, lo scorso 11 dicembre. Il primo capitolo affronta i capisaldi della riforma, a cominciare dalla centralità del vescovo. Si ribadisce che l’ordinario è figura insostituibile nell’amministrazione della giustizia canonica, che ha facoltà di erigere un tribunale diocesano, oppure di aderire a un tribunale interdiocesano. Ma si parla anche della «sinodalità del servizio pastorale della giustizia». Vuol dire che il vescovo esercita la sua funzione in rete con altre figure – per esempio i vescovi della metropolia o della regione ecclesiastica – utilizzando il supporto dei vicari giudiziali. Per quanto riguarda i processi brevi, il vescovo è giudice ma per istruire il processo si serve degli esperti a sua disposizione. Il vademecum approfondisce le modalità delle altre procedure, sottolinea ancora una volta la gratuità dei processi per i fedeli e mette in luce l’urgenza di costituire in ogni diocesi un Servizio giuridicopastorale per le persone separate o divorziate in nuova unione. L’ufficio, che deve nascere nell’ambito della pastorale familiare diocesana, ha come obiettivo quello di accompagnare i fedeli che, alla luce di un fallimento, vogliono verificare la nullità del proprio matrimonio. L’approccio, si ribadisce, deve essere pastorale in una prospettiva di accoglienza e di misericordia. Ma chi svolgerà questo servizio? Naturalmente persone che sono in grado di offrire competenze giuridiche, pastorali e teologiche in modo armonico. Quindi parroci con preparazione specifica, laici formati per questo scopo, ma anche strutture più complesse. Nell’incontro organizzato una decina di giorni fa dall’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia alla presenza dei delegati regionali, è stato proposto a questo riguardo di verificare la possibilità di coinvolgere la rete dei Consultori familiari che oggi già in parte assicurano le competenze richieste dal testo applicativo del
Motu proprio. Di grande rilevanza il capitolo del Sussidio che offre indicazioni pratiche sul modo di interpretare gli «indizi di nullità». Si spiega che questi “indizi” non sono di per sé capi di nullità, ma devono sempre essere sostenuti da testimonianze e documenti probanti. Anche gli “indizi” all’apparenza più clamorosi, come l’aborto procurato o la mancanza di fede, rimangono «elementi sintomatici di invalidità» se non sono suffragati da altre circostanze. Nel discorso rivolto alla Rota Romana il 22 gennaio scorso, il Papa aveva ricordato il caso della mancanza di fede che, come attesta la giurisprudenza classica, non costituisce di per sé elemento di nullità. Anche il vademecum specifica che l’invalidità del matrimonio si concretizza quando la fede debole determina un difetto nella volontà. Se chi si sposa rifiuta, per esempio, il principio dell’indissolubilità o manifesta la volontà di non avere figli, contraddice la natura del matrimonio cristiano e quindi pone le premesse per l’invalidità delle nozze. Altro «indizi di nullità» esaminato dal nuovo Sussidio è per esempio «l’ostinata permanenza di una relazione extraconiugale al tempo delle nozze».