Non c’è ambito nella convivenza sociale che non sia minacciato dal «flagello» della pedofilia. Essa infatti «colpisce ogni livello della società», e «così come la Chiesa è giustamente tenuta a esigere norme di comportamento a questo riguardo, tutte le altre istituzioni, senza eccezioni, dovrebbero essere tenute alle stesse regole». È quanto ha affermato ieri da Benedetto XVI, nel discorso rivolto al primo gruppo di vescovi degli Stati Uniti (I, II e III Regione), ricevuti in udienza in occasione della loro quinquennale visita ad limina. Un discorso partito dal ricordo della sua visita apostolica negli Usa del 2008, compiuta con l’intento di «incoraggiare» i cattolici americani «dopo lo scandalo e il disorientamento causato dalla crisi degli abusi sessuali». «Ho voluto rendermi conto personalmente – ha detto il Papa, che ha parlato dopo aver ricevuto l’indirizzo di saluto rivoltogli dal presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, l’arcivescovo Timothy Dolan – delle sofferenze inflitte alle vittime e degli sforzi sinceri compiuti sia per assicurare la sicurezza dei nostri bambini sia per affrontare in modo trasparente e adeguato» le accuse di abusi. «È mia speranza – ha aggiunto – che gli sforzi coscienziosi della Chiesa nell’affrontare questa realtà aiutino» tutti «a riconoscere le cause e le conseguenze devastanti degli abusi sessuali e a rispondere efficacemente a questo flagello che colpisce ogni livello della società». Allo stesso modo, ha quindi osservato papa Ratzinger, «così come dalla Chiesa si pretende giustamente che vengano rispettate delle norme di comportamento» al riguardo, «tutte le altre istituzioni, senza alcuna eccezione, dovrebbero essere tenute a rispettare le stesse misure».Il discorso di Benedetto XVI si è quindi focalizzato sull’altro tema della sua visita del 2008, la sfida della nuova evangelizzazione, «alla luce di un cambiamento radicale dello scenario sociale e religioso». Sfida radicale, in quanto se da un lato «considero significativo che ci sia un’accresciuta attenzione, sul futuro delle nostre società democratiche, da parte di tanti uomini e donne, a prescindere dalle loro visioni politiche e religiose», d’altra parte va riconosciuta «una preoccupante rottura nelle fondamenta intellettuali, culturali e morali della vita sociale», specialmente tra i giovani alle prese con «vasti cambiamenti sociali». In tale situazione, «nonostante i tentavi di far tacere la voce della Chiesa nello spazio pubblico – ha sottolineato il Pontefice – molte persone di buona volontà continuano a guardare alla sua saggezza, al suo discernimento e alla sua valida guida nel confrontarsi con questa crisi di ampia portata».
Per questo allora, il momento presente può essere visto «in termini positivi», come occasione per «esercitare la dimensione profetica» del ministero episcopale. Di qui l’incoraggiamento ai presuli a parlare, «con umiltà ma anche con perseveranza, in difesa della verità morale», offrendo «una parola di speranza capace di aprire i cuori e le menti alla verità che ci rende liberi». Gli ostacoli alla fede e alla pratica cristiana «posti da una cultura secolarizzata», ha ancora osservato, incidono anche «sulla vita dei credenti, portando a volte ad un velato attrito nei confronti della Chiesa». Immersi nella cultura secolarizzata i credenti sono «assediati quotidianamente dalle obiezioni, dalle questioni problematiche e dal cinismo di una società che pare aver perso le sue radici»; di un mondo, insomma, «nel quale – ha constatato papa Ratzinger – l’amore verso Dio si è raffreddato in molti cuori». Per questo, dunque, l’evangelizzazione non è «solo un compito da portare all’esterno», perché «noi stessi... siamo i primi ad aver bisogno» di essere rievangelizzati.