Il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin - Imagoeconomica
Sempre al lavoro per favorire la pace e uno sguardo etico sulle questioni al centro del dibattito, che siano l’intelligenza artificiale, la pace o il preteso “diritto” di aborto. Il Papa e la Santa Sede, assicura il cardinale Pietro Parolin, non si stancheranno mai di impegnarsi su questi fronti. A partire dal G7 di giugno, senza perdere di vista gli scenari di guerra, per i quali c’è sempre la disponibilità a offrire la propria mediazione, mentre qualcosa si muove tra Russia e Ucraina per lo scambio di prigionieri. Il segretario di Stato vaticano, ieri a Rimini per partecipare alla 46ª Convocazione nazionale di Rinnovamento nello Spirito, in una pausa dell’incontro, accetta di rispondere alle domande di Avvenire. Sottolineando il valore della presenza del Pontefice nel vertice dei grandi della terra.
Eminenza, che significato ha questa presenza dal punto di vista della Santa Sede?
È il riconoscimento che il tema dell’intelligenza artificiale ha dei risvolti fondamentalmente etici. La richiesta di una parola della Chiesa, e in particolare del Papa, va proprio nel senso di dare un orientamento su questa tematica che oggi è di grandissima attualità e nello stesso tempo di grandissima preoccupazione. Vedo in questo invito la richiesta di criteri etici per affrontare la questione.
Nel Messaggio della Giornata mondiale per la pace di quest’anno, Francesco ha collegato il tema dell’intelligenza artificiale proprio con quello della pace. La sua presenza al G7 avrà anche questo risvolto?
Credo di sì. Il Papa è estremamente preoccupato per la situazione che stiamo vivendo e continua a rinnovare i suoi appelli perché si cerchino vie, cammini e percorsi di pace. Egli è dunque pronto a utilizzare tutti i mezzi e gli spazi che gli sono offerti, per tentare di ricostruire il tessuto della comunità internazionale che si è ultimamente lacerato e che purtroppo ha difficoltà a essere ricomposto.
In relazione a uno degli scenari di guerra, quello tra Ucraina e Russia, il Papa ha auspicato recentemente uno scambio di prigionieri. È stato raccolto il suo appello?
Penso proprio di sì. Non saprei dare degli elementi precisi, ma da quanto ho sentito c’è già stato un movimento in questa direzione. E quindi l’appello del Papa è stato raccolto e gli è stato dato seguito. Lo accogliamo come un segno positivo, perché noi crediamo che anche tutto l’impegno profuso lo scorso anno dal cardinale Matteo Zuppi nel corso della missione affidatagli dal Papa abbia avuto un grande valore. E naturalmente riteniamo che proprio questo concentrarsi sugli aspetti umanitari - per quanto riguarda sia i prigionieri, sia i bambini - possa creare le condizioni per arrivare a dei negoziati e, speriamo, alla conclusione della guerra.
La missione del cardinale Zuppi è conclusa o potrà avere degli sviluppi ulteriori?
Non credo che sia conclusa, nel senso che lui ha aiutato a mettere in moto questo meccanismo dello scambio dei bambini. E la missione si era concentrata fondamentalmente su questo aspetto. Ma rimane aperta a qualsiasi sviluppo che possa darsi.
Passiamo all’incandescente scenario del Medio Oriente. La Santa Sede come si sta adoperando per la pace in quell’area?
La Santa Sede ha dei contatti a vari livelli. Ci stiamo muovendo a livello diplomatico per cercare di trovare una via di uscita. Certo che la situazione è estremamente complicata anche lì. Ma a me sembra che ci potrebbero essere, anzi che ci sono delle soluzioni. Quando pensiamo alla formula dei due Stati, c’è una proposta concreta verso la quale ci si dovrebbe incamminare. Forse questo aiuterebbe a trovare una soluzione definitiva. Certo, la prima cosa è terminare le ostilità e assicurare almeno una tregua.
La Santa Sede è sempre disponibile a offrire la sua mediazione?
Noi abbiamo sempre detto, in tutte le situazioni possibili, che ove le parti ritengano che la Santa Sede possa essere utile, che la sua presenza possa essere di giovamento, noi siamo e restiamo disponibili. Vorrei ricordare, ad esempio, quanto ha detto il Papa allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, più di due anni fa, offrendo esplicitamente la mediazione della Santa Sede anche in quell’altro scenario. Ma la disponibilità è valida in tutti i contesti di guerra.
L’Unione Europea si avvia alle elezioni per il proprio Parlamento. Ma tra gli altri temi di dibattito, si è affacciata di recente anche la richiesta di inserire il cosiddetto “diritto di aborto” tra i principi fondamentali. Non è un controsenso in un tempo segnato da un inverno demografico senza precedenti?
Quando si attacca in maniera così radicale la vita, c’è veramente da chiedersi che futuro vogliamo costruire. Sento nel profondo del cuore una grande tristezza, non ho neanche le parole per esprimerla adeguatamente. Ma, lo ripeto, mi sento estremamente triste di fronte a questo modo di approcciare la situazione. Come possiamo pensare che l’aborto sia un diritto? Che assicuri un futuro alla nostra società? Non capisco. Davvero non capisco.
Lei ha partecipato alla Convocazione nazionale di Rinnovamento nello Spirito. Qual è la preghiera del segretario di Stato allo Spirito Santo per questo nostro tempo così difficile?
Prego affinché noi cristiani, sulla base della fedeltà al Vangelo, possiamo diventare sempre più una risposta ai problemi di oggi, dando speranza al mondo che sembra averla smarrita, riuscendo a ricostruire la fiducia in ogni ambiente e portando gioia a chi vive momenti di buio e di tristezza.