Nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, Benedetto XVI e i vescovi italiani rinnoveranno l’affidamento a Maria. A dare l’annuncio è stato ieri un comunicato della Prefettura della Casa Pontificia, che spiega come «accogliendo l’invito del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, Benedetto XVI si recherà nella Basilica di Santa Maria Maggiore, giovedì 26 maggio alle ore 17,30 per presiedere la recita del Rosario, insieme con i vescovi italiani, riuniti in Assemblea generale». Lo stesso comunicato aggiunge che «con tale preghiera i vescovi italiani intendono ribadire il vincolo particolare con l’Italia, rinnovandone l’affidamento alla Vergine Madre nel 150° dell’unità politica del Paese», a conclusione della loro Assemblea annuale in programma in Vaticano dal 23 al 26 maggio prossimi.Un gesto, quello della preghiera comune del Papa e dei vescovi, che si pone in continuità da una parte con la lettera indirizzata da papa Ratzinger al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla vigilia del 17 marzo scorso e dall’altro con la Messa celebrata in quello stesso giorno a Roma da Bagnasco nella chiesa di Santa Maria degli Angeli. La prima a ricordare che «l’identità nazionale degli italiani, così fortemente radicata nelle tradizioni cattoliche, costituì in verità la base più solida della conquistata unità politica», presenza sempre ribadita nei tanti, e spesso difficili, momenti della storia nazionale e repubblicana. La seconda, come sottolineato dallo stesso Bagnasco nella sua prolusione all’ultima riunione del Consiglio permanente della Cei, con l’intenzione di «raccogliere le intenzioni dei credenti e, in un certo senso, dell’intero Paese, portando all’Altare il pentimento per i nostri peccati, i nostri ritardi, le nostre omissioni».In particolare, nella stessa occasione, il presidente della Cei volle ribadire come «la nostra Conferenza abbia voluto per tempo esprimere la convinta e responsabile partecipazione della comunità ecclesiale all’evento del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, e ciò in spirito di leale collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese tutto». E ciò perché «come vescovi sentivamo il dovere di dare pubblica attestazione del sentimento genuino e forte che lega la Chiesa, da duemila anni pellegrina su questo territorio, alla collettività italiana e alla forma statuale e nazionale che essa ha voluto darsi a un certo punto della sua storia».Se dunque la Messa del 17 marzo non è stata «un gesto di concordismo vago e sfuocato», bensì «la nostra offerta di grazie per la vocazione singolare che il Signore Iddio, nella sua provvidenza, ha inteso assegnare a questa terra benedetta e per i talenti elargiti alla Nazione nell’intero arco della storia», il prossimo appuntamento di fine maggio sarà un’ulteriore occasione per ribadire una volta di più l’impegno già espresso «servire l’Italia, e a amarla nel disinteresse di parte e secondo l’esclusiva ottica del vero bene comune».